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“La partecipazione, presumibilmente pagata, a uno spot pubblicitario è a mio avviso contraria alla deontologia professionale giornalistica”.
“… giornalisti, medici e anche altre categorie, non possono essere testimonial di campagne pubblicitarie. E finché esistono regole e si accettano quando si accede in una specifica categoria professionale, queste vanno rispettate”.
(Daniele Cernilli, commenti su Intravino del novembre 2019)
Nei giorni scorsi, Jacopo Cossater ha fatto notare l’attività a pagamento dietro alcuni video girati da Daniele Cernilli.
Si tratta di video in cui Cernilli, seduto a tavolino, presenta aziende vinicole, degusta i loro vini e, compostamente, ne parla bene. Il ritmo dei video non è certo quello dei social e anche la postproduzione pare un po’ fatta con Windows Movie Maker del ’95. In generale, tutto il video ha un sapore estremamente anni ’90. Ma al netto di queste considerazioni tecniche – che pure già ci danno molti indizi – la questione è un’altra.
Tra gli hashtag (sorta di etichette di sintesi per inquadrare e catalogare i contenuti online) che accompagnano il video, figura #adv che sta per advertising; in italiano, banalmente: pubblicità.
Questo hashtag è l’unico indizio che segnala come il contenuto presentato nel video sia realizzato dietro il pagamento di denaro.
1.500 € a video (+IVA), segnala sempre Jacopo Cossater, è quanto occorre saldare per ottenere un video come quello testé descritto.
Questi video vengono pubblicati sul canale YouTube di Cernilli @TheDoctorwine e collezionano invero non un numero particolarmente elevato di visualizzazioni. Alcuni di essi sono inoltre accompagnati dai loghi tipici delle attività finanziate dai fondi OCM (Organizzazione Comune dei Mercati agricoli) europei. Fondi finalizzati alla promozione sui paesi terzi, ovvero sui paesi extraeuropei.
In altre parole una parte del costo di quel video, correttamente fatturato e correttamente rendicontato, sarà pagato dai soldi dei contribuenti europei destinati alla promozione dei prodotti agricoli comunitari su mercati extraUE.
Il bando OCM vino Paesi Terzi permette infatti di finanziare con un contributo a fondo perduto che va dal 50% all’80%, a seconda delle regioni di appartenenza, tutti i costi da sostenere per promuovere i propri prodotti fuori dall’Unione Europea.
Nei video succitati, tuttavia, Daniele Cernilli parla in italiano. Viene difficile pensare che un video in italiano possa essere un valido strumento di promozione su mercati extraeuropei. Tuttavia ai video sono stati aggiunti sottotitoli in inglese e questo basta, evidentemente, per giustificare una spesa come quella e farla inserire nei programmi OCM.
La cosa lascia francamente perplessi.
Ma se sulla rigidità dei criteri con cui si elargiscono i fondi OCM e le modalità di controllo è lecito avere dubbi (chi scrive in passato ha lavorato anche nel settore, quindi se qualcuno ha voglia di replicare in merito io rimango a disposizione), c’è un altro punto che vale la pena rilevare.
Daniele Cernilli è Direttore responsabile di DoctorWine nonché il direttore-curatore della Guida Essenziale ai Vini d’Italia by DoctorWine. Ed è giornalista professionista iscritto all’albo.
Esattamente 5 anni fa (giorno più, giorno meno), uscì su Fanpage e relativi canali social, un video promozionale di Tavernello a cui partecipavano il sommelier Luca Gardini, il ristoratore Alessandro Pipero e il “sommelier, oste, critico e giornalista di vini” Andrea Gori.
Il video vedeva questi 3 professionisti recitare la parte di giudici di una degustazione alla cieca in cui degli aspiranti sommelier dovevano indovinare quale vino fosse Tavernello. Spoiler: alla fine erano tutti Tavernello.
“Il video è senza dubbio efficace. Spigliato, pur senza un ritmo particolarmente incalzante, semplice, ben fatto per un formato social. Ma, sia detto senza supponenza, niente per cui mi parrebbe sensato strapparsi i capelli (ammesso poi abbia senso, specie a una certa età, strapparsi i capelli in assoluto). Il format della giuria che deve svelare il proprio giudizio, è visto e rivisto, ed è un escamotage per creare tensione narrativa anche laddove da narrare non c’è poi molto”.
Scrivevo così su Intravino (in Vi spiego cosa c’è dietro lo spot del Tavernello, ndr) per commentare quel video poco dopo la sua uscita. Inoltre, in quel vecchio articolo mi esprimevo con sorpresa rispetto alla decisione di Daniele Cernilli, comunicata via Facebook, di interrompere la collaborazione con Andrea Gori per la realizzazione della guida di Doctor Wine.
“Non posso accettare che i collaboratori della Guida diventino testimonial per aziende di vini che possano intaccare la credibilità della guida stessa. Per questo ho comunicato ad Andrea la mia scelta”.
Sotto all’articolo che scrissi allora per Intravino, Cernilli ebbe modo di chiarire, in modo molto civile e corretto, la sua posizione in materia, facendo riferimento in particolare al codice deontologico dei giornalisti, ordine al quale appartiene anche Andrea Gori in quanto pubblicista (per intenderci sono giornalisti professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista; sono giornalisti pubblicisti coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi).
A rileggere oggi il confronto emerso allora tra quei commenti devo riconoscere che Cernilli, riguardo al punto del rispetto del codice deontologico aveva senza dubbio ragione in via di principio.
In quello che oggi è diventato il Testo Unico dei Doveri del Giornalista (e che unifica quanto prima si trovava in fonti diverse), si chiarisce infatti all’Articolo 10, in materia di Doveri in tema di pubblicità e sondaggi, che:
Il giornalista:
b) non presta il nome, la voce, l’immagine per iniziative pubblicitarie. […]
Io mi sforzavo di fare presente un approccio più cauto al tema. “È una storia vecchia quanto l’editoria: ricevere soldi (o altra forma di compenso) da qualcuno dei cui prodotti potresti parlare (magari giudicandoli) è pressoché inevitabile, tutto sta a mantenere la propria professionalità e di conseguenza la propria reputazione. In questo caso poi, il fatto che fosse un video promozionale era ben chiaro (e magari fosse sempre così)“. Non solo, ma citavo alcuni precedenti (nello specifico quello del giornalista Mario Tozzi che per anni è stato testimonial dell’azienda di riparazioni edili Uretek).
Infine mi sembrava rischioso mettersi a fare i puri che epurano Gori per aver preso soldi da aziende di vino.
Cernilli, tuttavia, ribatteva con grande rigore: “finché esistono regole e si accettano quando si accede in una specifica categoria professionale, queste vanno rispettate”.
Ribadisco che in punta di principio aveva ragione Cernilli. Il quale – come detto – decise di interrompere la collaborazione con Gori ed annunciarlo via social. Proprio questo aspetto dell’annuncio via social mi lasciò molto perplesso, non solo perché Gori non aveva alcun contratto in essere con DoctorWine, ma vi prestava solo una collaborazione occasionale, ma anche perché bastava che Cernilli lo comunicasse a Gori senza bisogno di sbandierarlo troppo.
Perché annunciarlo urbi et orbi dunque? Era forse era un’occasione per rivendicare pubblicamente la propria professionalità? Il proprio rigore oltre ogni più insidiosa ombra? Può darsi, del resto ci furono molte polemiche intorno a quello spot e le polemiche offrono sempre occasioni di visibilità che magari viene voglia di sfruttare.
O forse no, forse era solo un modo per tutelare la propria impresa editoriale dal rischio che, un domani – se Gori fosse incorso in qualche sanzione dall’Ordine dei Giornalisti della Toscana – questo avrebbe rappresentato un danno d’immagine anche per DoctorWine?
Non so. Però quel che so è che:
. A distanza di 5 anni da allora Gori non ha mai ricevuto alcuna sanzione per la partecipazione a quello spot.
. A distanza di 5 anni chi sta prestando nome, voce e immagine per iniziative pubblicitarie è oggi lo stesso Daniele Cernilli che 5 anni fa riteneva fosse invece cosa da condannare senza appello e con pubblica nota.
E so anche che:
. Non sono cambiate le norme deontologiche del giornalismo italiano che vieterebbero quanto sopra
. Non è cambiata l’attenzione intermittente degli Ordini nell’applicare tali norme
. Forse è cambiata la sensibilità di Cernilli rispetto al tema?
Ad ogni modo anche io son sempre qua a scriverne per Intravino.
E voi potete commentare sotto e trarne l’insegnamento che volete.
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