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A margine della conferenza stampa di presentazione del rinnovo della partnership con Emilbanca, il giovane portiere granata Edoardo Motta è stato il protagonista di un’intervista in cui ha raccontato la sua carriera, la sua passione per il calcio e le sue esperienze fino ad arrivare alla Reggiana. Davanti ai microfoni, il secondo di Bardi ha sottolineato l’emozione del debutto provata in estate a Genova, parlando anche delle sue caratteristiche tecniche e delle aspettative che la società granata ha su di lui.
«Sono nato a Biella e ho iniziato a giocare nella squadra del paese un po’ come fanno tutti – ha raccontato il portiere classe 2005 davanti ai microfoni – A 12 anni ho avuto la fortuna di partecipare a un torneo importante nella mia zona, che mi ha fatto notare da alcuni osservatori della Juventus. Così ho avuto la possibilità di fare qualche provino, sono stato notato e ho passato poi sette anni con la casacca bianconera. Nel 2019/20 sono passato in prestito all’Alessandria per l’Under 17, e successivamente al Monza sempre in prestito, dove ho giocato sia nell’Under 18 che nella Primavera. Alla fine, sono stato ceduto in prestito alla Reggiana, che mi ha cercato con insistenza e mi ha mandato subito in ritiro a Toano. È stata la mia prima esperienza con la prima squadra, che ho vissuto con grande entusiasmo. Ho giocato il campionato Primavera e mi sono allenato quasi sempre con la prima squadra. Quest’anno, con la fine del prestito, la Reggiana ha deciso di acquistarmi».
Essere portiere è sempre stato il tuo sogno?
«Non mi piaceva giocare fuori, non mi piaceva correre, quindi ho scelto di fare il portiere. Mi ha sempre affascinato il ruolo, soprattutto da piccolo quando guardavo giocare Peter Cech con il suo caschetto. Mi impressionava non solo il suo modo di giocare e il suo portamento, ma anche il particolare che lo caratterizzava. Così ho deciso di diventare portiere anche io».
La famiglia ha avuto un ruolo importante nelle tue scelte?
«I miei genitori mi hanno sempre supportato. Sono stati molto comprensivi e mi hanno assecondato, sia dentro che fuori dal campo».
La data del 9 agosto 2024 ha un significato particolare per te?
«È un bel ricordo. Esordire con la Reggiana in Coppa Italia contro il Genoa in uno stadio così bello è stato emozionante, non potevo scegliere un ambiente migliore, forse solo San Siro. L’emozione è iniziata durante il riscaldamento, dal momento in cui sono uscito. Non mi aspettavo una così grande affluenza di pubblico in agosto, ma in partita non mi sono fatto condizionare e ho cercato di fare il meglio possibile».
Quali sono le tue caratteristiche?
«Io sono destro, ma cerco di migliorare anche il sinistro. Mi considero abbastanza agile tra i pali e cerco di migliorare sempre. Fuori dai pali, il calcio moderno è sempre più fisico e veloce, quindi sto cercando di lavorare su questo aspetto. La mia forza è l’agilità, ma devo migliorare nella gestione dei duelli fisici».
E nelle uscite?
«Il calcio è diventato molto veloce e molto fisico, uscire non è sempre possibile avendo davanti 16-17 giocatori. Bisogna prendersi il dovuto rischio ed essere consapevoli dell’azione che si sta portando a termine».
Fisicamente hai recuperato dall’infortunio alla mano?
«Sì, fisicamente sto bene. Dalla prossima settimana rientrerò in gruppo e sono completamente a disposizione della squadra».
Ti senti pronto a prendere il posto di Bardi se dovesse esserci bisogno, visto che è diffidato?
«Francesco è un grandissimo portiere e una grande persona, mi dà molti consigli. Cerco di imparare da lui ogni giorno, sia sul piano umano che calcistico, ma anche dagli altri compagni. Sono pronto nel caso ci fosse bisogno, senza però togliere spazio a nessuno. Se arriverà la mia occasione, mi farò trovare pronto. Ma sono già contento di avere già giocato una partita».
La Reggiana ha grandi aspettative su di te, ne sei consapevole?
«La società ha creduto in me fin dal primo giorno del ritiro di Toano, due anni fa. Devo molto alla società e soprattutto a mister Bizzarri, che mi ha dato fiducia. Ora cerco di ripagarla con il mio impegno e con il mio lavoro».
Quando guardi la porta e vedi un pallone in rete che non sei riuscito a prendere, come ti senti?
«Prendere gol non è mai bello. È una frustrazione, ma subito dopo cerco di concentrarmi sulla prossima occasione per non ripetere l’errore e cercare di fare meglio».
Ti sei mai chiesto perché la Juventus ti ha lasciato andare senza farti fare esperienza nell’Under 23?
«Non mi sono mai posto questa domanda. Ogni società fa le sue scelte, e a volte trovare spazio in un club non è sempre possibile. Ho valutato questapartenza come un’opportunità per dimostrare il mio valore e crescere come giocatore. Questo è stato il mio obiettivo fin dall’Under 17».
Fuori dal campo, che tipo di ragazzo sei?
«Sono un ragazzo tranquillo. Non studio quest’anno, ma ho intenzione di iniziare un percorso universitario. Mi sono diplomato l’anno scorso con 70, ora mi piace passare il tempo facendo shopping, guardando film e rilassandomi. Niente di troppo invasivo, insomma».
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