Il paninaro sconsolato, gli abbonati sconfitti e desolati, il silenzio, la rabbia, l’illusione e la rassegnazione: la surreale notte del Meazza
Avete presente quei cartoni animati in cui il protagonista ha un angelo su una spalla e un diavoletto sull’altra? I tifosi del Milan devono essersi sentiti così domenica. “Vai e contesta!”. “No, resta a casa, non ne vale la pena!”. La passione vince sempre. “Eravamo in sessantamila in B” è il refrain che si ascolta sempre dal popolo rossonero. Ci vuole ben altro per staccarlo da San Siro. E infatti sono 65.969 anche per Milan-Lazio. “Solo per la maglia” come è scritto nello striscione esposto in Curva Sud, accanto a una sola bandiera, quella che ritrae Herbert Kilpin, il padre fondatore, il papà del Diavolo.
brividi
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Avvicinarsi a San Siro, anche per chi lo ha fatto centinaia di volte, provoca sempre emozioni forti. Lo butteranno anche giù un giorno, ma i brividi continueranno a correre lungo la schiena quando chi ci ha vissuto – sì, perché è una seconda casa per il malato di tifo – racconterà agli eredi le notti di Champions e i pomeriggi di passione, le gioie e i dolori. Ma stavolta c’è qualcosa di diverso nell’aria. Giovanni, interista doc, sempre pronto a spillare birre in uno dei tanti food truck (definizione che piacerà molto agli americani, una volta li chiamavamo i “baracchini dei panini”) all’esterno dello stadio, si lamenta: “Pare un’amichevole estiva, guarda che deserto”. Dopotutto sono le 19, manca un’ora e tre quarti al fischio d’inizio. La Curva Sud ha invitato tutti a entrare al 15′, come faranno loro. Ma solitamente si respira un’altra aria, d’attesa, di voglia di varcare quei cancelli che ci separano da “un prato verde sotto un cielo blu” come una strofa del vecchio inno del Milan.
la prima volta del bimbo
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E’ tutto ovattato. Ci si guarda in giro quasi smarriti. Ma siamo sicuri che si gioca stasera? Via, si entra al Meazza. E vengono quasi le lacrime agli occhi vedendo lo sguardo incantato di un piccolo diavoletto, avrà 8-9 anni, che evidentemente mette piede per la prima volta nella Scala del calcio. Sale i gradini per arrivare al primo anello verde, quando inizia l’ultima rampa esclama: “Papà! Si vede San Siro! E’ bellissimo!”. Povero, non sa cosa lo aspetta. Non la sera ideale per una prima volta. Ma forse non importa, non in quel momento che gli resterà scolpito per sempre nella mente, un’istantanea che dura una vita. Diciannove e quindici. Gli spalti non sono deserti. C’è chi scherza: “Hanno chiesto di entrare 15′ dopo, quindi invece delle sette sono entrato alle sette e quarto!”.
jannacci
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Si conoscono “tutti, quasi tutti, tutti” per dirla con un milanista doc, Enzo Jannacci. Sono abbonati da una vita. Sempre lì, al loro posto, lo stesso. Al freddo o al caldo, nella gioia e nel dolore, sposati col Milan. Di solito si scambiano quattro chiacchiere anche non calcistiche. “Ma tu dove vai in ferie quest’estate?”. Ma soprattutto parlano del loro Milan. Stasera arrivano anche più presto del solito, come sentissero l’esigenza di starsi vicino. Parlano di Theo, Maignan, Leao, Conceiçao, Ibra, della proprietà. I capannelli si fanno sempre più stretti perché bisogna anche riuscire a sentirsi con quella musica stordente che arriva dagli altoparlanti. E c’è sempre meno voglia di seguire il buon Germano Lanzoni con la mascotte Milanello che lancia t-shirt sugli spalti. Anzi, la maggioranza vorrebbe prenderne una non per portarsela a casa ma ributtarla in campo, come si faceva una volta coi cuscinetti a fine partita dopo una brutta sconfitta. Nessuno – tranne gli stranieri, sempre più numerosi in quel business che è diventato il turismo sportivo – ha voglia di giocare a “fare i cuoricini” sugli schermi. Parte più di un invito non esattamente amichevole.
secondo blu
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Di fronte il secondo blu, vuoto, tranne appunto per quello striscione e quella bandiera riposta. Vuota è anche una fetta del primo blu, quella centrale. Come un cuore strappato dal petto del tifo. Une ferita che richiederà molto tempo (e vittorie) per rimarginarsi. E’ profonda, ha fatto male, molto male. E dire che due anni fa la San Siro rossonera, era diventato lo stadio con la più bella atmosfera d’Europa. Altro che muro giallo di Dortmund. Perché era tutto lo stadio a tifare, a colorarsi, a saltare. Il 30 settembre 2023, non un secolo fa, si giocava Milan-Lazio. Zero a zero all’intervallo. Nella ripresa i rossoneri spingono, trascinati da un tifo incessante degli oltre settantamila sugli spalti. Segna Pulisic, raddoppia Okafor. Finisce 2-0. A Pioli in conferenza stampa dicono che il primo gol è arrivato grazie alla spinta dello stadio: “Il pubblico è fantastico, ci trasmette un’energia che i ragazzi poi sono bravi a portare sul campo. Mi auguro che questo continui il più a lungo possibile: vedere i giocatori così contenti di giocare a San Siro mi fa stare bene”. Sono passati 520 giorni, sembrano 520 anni…
l’ingresso
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Si abbassano le luci, entra il Milan per il riscaldamento. Niente boato, niente risposta al coro lanciato dallo speaker “Noi. Siamo. Il…” nessuno urla “Milaaaan”. Solo fischi. E poi il silenzio all’annuncio delle formazioni. Qualcuno accenna qualche strofa (rivisitata) di “Sarà perché ti amo” (che diventa “tifiamo”), sulle note dei Ricchi e Poveri. Ma sono quattro gatti. Niente cognomi scanditi dalla folla. E poi le maglie… “Camerun, Camerun!” grida qualcuno. “Ma no sembra il Ghana o il Portogallo”. “I nostri colori saranno il rosso come il fuoco e il nero come la paura che incuteremo agli avversari” era il motto di Kilpin. Che probabilmente si rivolterà nella tomba a vedere quel “quarto kit”. E’ tutto surreale. L’unico aggettivo che viene alla mente. Poi al primo passaggio all’indietro, il primo colpo di tacco superfluo, il primo errore, esplode subito la rabbia, quasi non si aspettasse altro. Al 15′ entra la Curva e qualche abbonato del primo verde, che non apprezza il fatto di trovare il settore praticamente pieno. “Si vede che a tutti questi non frega niente, ma state a casa e guardatevela su Dazn”. Segna la Lazio. Applausi ironici. All’intervallo solo fischi. E gli abbonati si guardano, scuotono il capo, non hanno più nulla da aggiungere. Solo silenzio e rassegnazione. Persino peggio della contestazione.
il gol di chuku
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Arriva il rosso a Pavlovic, ma c’è anche la reazione del Milan, che pareggia con Chukwueze. E la gente esulta, quasi tutti. Perché il tifoso del Milan è fatto così. L’angelo sulla spalla alla fine ha sempre la meglio sul diavoletto, alla faccia del soprannome dei rossoneri. L’illusione dura poco, il rigore di Pedro riporta alla realtà. C’è chi se n’era già andato, a testa bassa. Qualcuno dice che quest’anno non verrà più. Non credetegli. Alla fine saranno tutti lì, quasi tutti, tutti. Lasciando lo stadio viene un dubbio: siamo stati veramente a una partita del Milan? Perché l’impressione, anche per chi ne ha viste centinaia e centinaia di partite in quel catino, è stata quella mai provata di aver vissuto un’esperienza extracorporea, fluttuando sopra San Siro, non il solito San Siro rossonero ma quello di un universo parallelo. Popolato da fantasmi. Che da mesi tormentano non solo i sogni ma anche la drammatica – sportivamente parlando – realtà quotidiana del popolo milanista.
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