La gestione degli aiuti umanitari a Gaza e il ruolo del Cogat

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Allo scadere della prima fase dell’accordo tra Israele e Hamas e nello stallo nelle trattative si è inserito il blocco, da parte del governo di Netanyahu, degli aiuti umanitari che da oggi non possono più entrare nella Striscia di Gaza. Uno strumento di pressione (di “ricatto” è stato definito da Riad) per portare il gruppo terroristico ad accettare il proseguimento della prima fase per altre 6 settimane.

Intanto trapela la notizia, attraverso i media israeliani e l’Associazione delle ONG presenti in Palestina, che il Ministro dell’Energia Eli Cohen vorrebbe proporre un “taglio” dell’energia elettrica e una riduzione dell’acqua.

A questo si aggiunge la notizia riportata da The Guardian e Haaretz e cioè la proposta di gestione degli aiuti a Gaza tramite il COGAT (Coordinator of Government Activities in the Territories) con l’utilizzo esclusivo di hub controllati da Israele. Secondo i due giornali l’esercito israeliano, attraverso il COGAT, ha presentato alle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni umanitarie un piano che prevede una gestione centralizzata degli aiuti umanitari attraverso “hub logistici” sottoposti a stretto controllo militare israeliano. Questo piano è stato discusso in incontri tenuti mercoledì e giovedì scorsi, evidenziando un approccio che potrebbe consolidare il controllo di Israele su Gaza anche in un eventuale scenario post-bellico.

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“Il piano Cogat vuole essere un guastafeste, un’alternativa al piano arabo”, ha dichiarato un operatore umanitario a Gerusalemme.

Nel gennaio 2024, l’IDF ha effettuato prove di “bolle umanitarie” in tre aree della Gaza settentrionale. Palestinesi selezionati, come gli anziani delle comunità, avrebbero dovuto amministrare la distribuzione di cibo e altre forniture di base, ma il piano non è mai decollato. È stato difficile trovare volontari locali disposti a lavorare con gli israeliani e Hamas ha ucciso alcune delle persone del posto che sono state cooptate nell’esperimento.

“L’approccio a bolle, che è stato respinto fin dall’inizio della guerra, ha tutta una serie di gravi implicazioni, poiché gli israeliani controlleranno ogni singolo rifornimento in arrivo”, ha dichiarato Amjad Shawa, direttore della Rete delle ONG palestinesi.“Vogliono controllare l’ABC della vita dei palestinesi”, ha detto.

Funzionari degli aiuti che hanno avuto familiarità con il briefing del Cogat hanno detto che il piano è stato presentato come un fatto acquisito, con i funzionari israeliani che hanno affermato che aveva già il pieno sostegno degli Stati Uniti e che quindi sarebbe stato difficile per le Nazioni Unite opporsi.

La proposta sarà presentata martedì al Cairo a un vertice d’emergenza della Lega Araba.

Un camion di aiuti umanitari per Gaza ( © ANSA/AFP)

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Cosa prevede il piano presentato da Israele 

I cardini principali della proposta sono:
controllo esclusivo degli accessi: l’unico punto di ingresso per gli aiuti sarebbe il valico di Kerem Shalom, controllato da Israele, con la chiusura permanente del valico di Rafah al confine con l’Egitto. Questo eliminerebbe un canale chiave per gli aiuti gestiti indipendentemente da attori internazionali o egiziani.

hub umanitari sotto controllo IDF: gli aiuti verrebbero distribuiti queste strutture situate in aree sotto il pieno controllo delle Forze di Difesa Israeliane (IDF). Questi hub potrebbero essere gestiti con il supporto di contractor di sicurezza privati, ma sempre in zone militarmente sicure per Israele.

sorveglianza rigorosa: le ONG e il personale delle Nazioni Unite operanti a Gaza dovrebbero essere registrati in Israele e sottoposti a un processo di verifica da parte delle autorità israeliane. Solo destinatari palestinesi previamente approvati riceverebbero gli aiuti.

espansione graduale: Il modello si basa su un concetto già testato nel 2024, noto come “bolle umanitarie” (humanitarian bubbles), che prevedeva aree ristrette di distribuzione controllata, da espandere progressivamente.

Logicamente la presentazione ha provocato reazioni e critiche non solo da parte di Hamas. Infatti le organizzazioni umanitarie temono che questo approccio crei un sistema parallelo che aggiri le strutture esistenti dell’ONU, riducendo l’efficacia degli aiuti e aumentando la dipendenza da decisioni militari israeliane. Alcuni hanno descritto gli hub come un potenziale “elenco di obiettivi” piuttosto che una soluzione sicura.

I Paesi arabi vedono la proposta come un tentativo di contrastare un piano arabo guidato dall’Egitto per la riabilitazione di Gaza, adottato in un incontro saudita il 28 febbraio 2025. Questo piano alternativo prevedeva una gestione più autonoma e internazionale degli aiuti.

In senso stretto la proposta del COGAT riflette una strategia israeliana volta a mantenere un’influenza diretta sulla vita quotidiana a Gaza, anche a costo di rallentare o compromettere l’assistenza umanitaria passando da una facilitazione temporanea a un controllo strutturato a lungo termine. Tuttavia, la fattibilità rimane incerta, visti i precedenti fallimenti delle “bolle umanitarie” e la resistenza sia locale che internazionale e sarebbe in contrasto con le aspettative di ritiro previste dall’accordo di gennaio. 

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 COGAT

COGAT (Facebook)

Cosa è il COGAT

Il COGAT (Coordinator of Government Activities in the Territories) è un’agenzia del Ministero della Difesa israeliano responsabile della gestione delle questioni civili nei territori palestinesi occupati, inclusa la coordinazione degli aiuti umanitari verso Gaza e la Cisgiordania. In relazione agli aiuti umanitari, il ruolo del COGAT è spesso al centro di dibattiti e controversie, poiché è l’entità che facilita, regola o, in alcuni casi, limita l’ingresso di beni e assistenza nei territori palestinesi, in particolare a Gaza.
Negli ultimi mesi, il COGAT ha supervisionato l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza durante il cessate il fuoco tra Israele e Hamas, iniziato il 19 gennaio 2025. Durante la prima fase di questo accordo, che si è appena conclusa, migliaia di camion di aiuti contenenti cibo, medicinali e tende sono entrati a Gaza. Secondo dati delle Nazioni Unite, più di 10.000 camion sono arrivati nei primi 43 giorni del cessate il fuoco, un aumento significativo rispetto ai periodi precedenti, quando le consegne erano ostacolate da ispezioni rigorose, conflitti e difficoltà logistiche. Il COGAT ha sostenuto di aver ampliato le vie di accesso, come il valico di Kerem Shalom, e di non aver imposto limiti alla quantità di aiuti in entrata, attribuendo eventuali ritardi alle capacità distributive delle organizzazioni umanitarie, come l’UNRWA. Il COGAT afferma di aver facilitato un flusso costante di aiuti durante il cessate il fuoco, con oltre 12.600 camion entrati secondo le loro stime ufficiali (dati riportati fino al 7 febbraio 2025). 

Ma le Organizzazioni umanitarie e alcuni governi accusano il COGAT di aver ostacolato gli aiuti in passato, contribuendo alla crisi umanitaria a Gaza, specialmente prima del cessate il fuoco. La Fondazione Hind Rajab, ad esempio, ha chiesto l’arresto del capo del COGAT a gennaio 2025, accusandolo di aver avuto un ruolo nella limitazione dell’assistenza vitale.
Con il blocco degli aiuti in corso, la popolazione di Gaza si trova nuovamente in una situazione precaria. Più di un milione di persone avevano ricevuto assistenza alimentare nelle prime settimane del cessate il fuoco, ma ora si teme un ritorno a condizioni di fame diffusa. Il COGAT rimane al centro della gestione di questa crisi, ma le sue azioni riflettono le decisioni politiche del governo israeliano. In questo momento si può dire che il flusso di assistenza sia diventato un elemento di negoziazione più che una costante garantita.
 

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