L’annuncio del governo degli Stati Uniti di porre fine definitivamente ai finanziamenti per l’HIV/AIDS in Africa ha scatenato preoccupazioni allarmanti in tutto il continente. Le organizzazioni che operano nella lotta contro l’AIDS, tra cui associazioni che si occupano di orfani, donne incinte e persone transgender, stanno già affrontando le gravi conseguenze di questa decisione. Esperti e operatori del settore avvertono che questa riduzione dei finanziamenti per l’HIV/AIDS in Africa potrebbe portare a un aumento devastante dei decessi, con stime che parlano di oltre 500.000 morti in Sudafrica nei prossimi dieci anni.
I rischi dei tagli ai finanziamenti per l’HIV/AIDS in Africa
Questa drastica decisione riguarda principalmente i fondi erogati tramite USAid e il Piano di Emergenza del Presidente per il Sollievo dall’AIDS (PEPFAR), che da anni supportano progetti nella lotta contro l’HIV/AIDS. Le riduzioni potrebbero avere un impatto catastrofico non solo sul trattamento di milioni di persone, ma anche sul sostegno a gruppi vulnerabili, come le donne incinte HIV-positive, che rischiano di trasmettere il virus ai propri figli senza i farmaci antiretrovirali necessari.
Le interruzioni dei finanziamenti per l’HIV/AIDS non si limitano al Sudafrica: anche altri Paesi del continente, tra cui Malawi, Zambia, Tanzania e Zimbabwe, sono stati colpiti. Organizzazioni come la Elizabeth Glaser Paediatric AIDS Foundation, che fornisce trattamenti a oltre 350.000 persone in Lesotho, Eswatini e Tanzania, hanno ricevuto notifiche di cessazione per tre dei suoi progetti. Questo potrebbe significare la fine di un’assistenza fondamentale per molte persone, tra cui 10.000 donne incinte sieropositive.
Nel Sudafrica, dove circa 8 milioni di persone vivono con HIV, il programma PEPFAR ha finanziato il 17% dell’intera risposta all’HIV, contribuendo in modo determinante alla riduzione delle morti e alla cura di migliaia di persone. La professoressa Linda-Gail Bekker, direttore del Desmond Tutu HIV Centre di Città del Capo, ha dichiarato che la completa perdita di questi finanziamenti potrebbe portare a un ulteriore aumento di oltre 500.000 morti entro dieci anni. Si tratta di una previsione devastante, che potrebbe annullare molti dei progressi fatti negli ultimi anni nella cura dell’HIV e nella prevenzione delle nuove infezioni.
L’interruzione dei finanziamenti per l’HIV/AIDS in Africa arriva in un momento in cui gli esperti avevano iniziato a nutrire speranze per una possibile fine della pandemia, grazie a progressi scientifici significativi, come l’introduzione di farmaci iniettabili a lunga durata per la prevenzione dell’HIV. Tuttavia, ora sembra che questi progressi potrebbero subire un’inversione, con un possibile ritorno alla situazione di crisi che il continente ha conosciuto negli anni precedenti.
Inoltre, la sospensione di questi fondi ha fermato molte ricerche in corso, inclusi gli studi su vaccini HIV e nuovi farmaci preventivi. Questo significa che non solo la cura e il trattamento delle persone sieropositive sono a rischio, ma anche che la ricerca per un possibile vaccino potrebbe subire un rallentamento pericoloso.
L’impatto economico della fine dei finanziamenti
Oltre a mettere a rischio la vita di milioni di persone, la fine dei finanziamenti per l’HIV in Africa comporta anche pesanti conseguenze economiche. Migliaia di lavoratori della sanità e operatori sociali, che fino a oggi hanno contribuito a fornire trattamenti vitali, perderanno il loro posto di lavoro. In Sudafrica, si prevede che oltre 2.800 persone vengano licenziate a causa della chiusura di progetti supportati dai fondi USA. La preoccupazione è che queste persone, molti dei quali hanno un’alta specializzazione, faticheranno a trovare nuove opportunità di lavoro in un settore già sotto pressione.
La situazione ha spinto molti esperti e attivisti a chiedere al governo sudafricano di intervenire per colmare il vuoto lasciato dalla cessazione dei finanziamenti internazionali. Alcuni programmi avevano già iniziato a pianificare un passaggio a finanziamenti pubblici, ma ora si trovano di fronte a una crisi molto più immediata. Le organizzazioni locali, come Sisonke, hanno sottolineato che questa interruzione dei finanziamenti riporta alla memoria i tempi in cui non esistevano cure per l’HIV. Kholi Buthelezi, coordinatrice nazionale di Sisonke, ha ammesso di non riuscire a dormire per la preoccupazione, sapendo che questa decisione potrebbe fare enormi danni alla salute pubblica.
L’incertezza riguardo al futuro dei programmi finanziati dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention) alimenta ulteriormente il timore che altre iniziative possano subire la stessa sorte. Anche se al momento questi programmi non sono stati sospesi, è ancora troppo presto per dire se saranno protetti a lungo termine.
Elena Caccioppoli
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