Hua Bin su media, Trump e l’imminente guerra con la Cina

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1- Come spiega i continui pregiudizi anticinesi dei media occidentali?

Hua Bin – Per 20 anni ho letto quasi quotidianamente il New York Times, il Wall Street Journal, il Financial Times e l’Economist. La loro copertura della Cina era sempre fuori tema, se non addirittura fuorviante, per chi vive e lavora nel Paese.

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Ma, a partire dalla prima presidenza Trump, il pregiudizio anti-cinese è diventato epidemico e i loro resoconti e analisi palesemente disonesti, spesso del tutto risibili nella rappresentazione fumettistica di un Paese che, senza dubbio, è quello che ha migliorato di più nell’ultimo mezzo secolo. Per ottenere notizie e informazioni sono dovuto passare ai social media e ai cosiddetti media alternativi.

A mio avviso, il pregiudizio anti-cinese è sfaccettato ed è un misto di malizia e incompetenza. La malizia supera di gran lunga l’incompetenza. Dopo tutto, i giornalisti e gli analisti sono generalmente intelligenti. Il loro resoconto può solo essere inteso come una distorsione intenzionale e un’interpretazione errata.

Ci sono probabilmente moltissime ragioni per questo pregiudizio, ma mi limiterò a sottolinearne alcune –

Innanzitutto, i media occidentali sono molto ignoranti sulla Cina. Pochi giornalisti mainstream che si occupano di Cina sanno parlare o leggere il cinese. Molti non hanno nemmeno una sede in Cina, compresi quelli di WSJ, NYT, BBC e Fox.

La conoscenza generale dei reporter occidentali della storia cinese, del suo sistema politico ed economico e delle sue politiche tecnologiche ed economiche è ridicolmente scarsa, anche tra coloro che hanno una lunga esperienza e un pedigree impeccabile. Questo è un giudizio che mi ero già fatto anche prima che i media occidentali diventassero apertamente ostili, a metà degli anni 2010.

In secondo luogo, oggi i media occidentali sono affetti da una profonda pigrizia intellettuale. Questo non è specifico solo nel caso della Cina. Lo si può vedere nei loro ridicoli resoconti del bene conto il male su Russia, Iran, Corea del Nord, Venezuela, Hamas, Hezbollah, Yemen ecc. Gli slogan e la strutturazione della narrazione superano di gran lunga i resoconti fattuali. Etichette come autoritario e revisionista vengono date con disinvoltura. Concetti semplici per menti semplici. Un tempo la propaganda dei media occidentali era più sottile ed efficace. Ora bisogna essere ciechi per non vederla.

La situazione è ancora peggiore quando si parla di reportage sulla Cina. La Cina ha un sistema politico ed economico complesso, difficile trovare un parallelo altrove. Invece di studiare e analizzare ciò che accade nel Paese, i media occidentali tendono a cercare le risposte più facili, con analisi superficiali e pensieri velleitari. Il risultato è il tipico lavoro dei media, fatto in fretta e male, adatto ad un reportage televisivo di 30 secondi senza alcuna somiglianza con la realtà.

Ho scritto alcuni articoli sul PIL cinese, sui progressi tecnologici della Cina, sui successi di Xi Jinping, sul piano Made in China 2025, ecc. Tutti si basano su dati open-source, in gran parte provenienti da fonti occidentali. Utilizzando il buon senso e il pensiero critico di base, ho tratto una serie di conclusioni completamente diverse da quelle dei principali media occidentali. Questo dimostra la loro pigrizia intellettuale e la loro malafede.

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In terzo luogo, oggi i media occidentali sono più un apparato di propaganda governativa che un quarto stato indipendente. I loro resoconti sulla Cina sono modellati dai proprietari dei media e dai loro governi per conformarsi a una narrazione predeterminata. La disonestà dei media è stata a lungo una caratteristica della stampa occidentale, fin dall’Operazione Mockingbird, la campagna della CIA alla fine degli anni ’40 per infiltrarsi nella stampa, rivelata durante le audizioni del Comitato Church degli anni ’70.

La relazione simbiotica tra i media e lo Stato profondo non è mai cambiata. La macchina delle false narrazioni viene costantemente adattata per produrre consenso e servire gli scopi politici della classe dirigente.

Quando si parla di Cina, tutte le narrazioni occidentali seguono sempre lo stesso schema di disinformazione e tattiche diffamatorie, che si tratti delle proteste studentesche del 4 giugno 1989 a Pechino, del “genocidio” degli uiguri dello Xinjiang (di cui parleremo più dettagliatamente in seguito), delle rivolte di Hong Kong del 2019, di Taiwan, del Tibet, del Mar Cinese Meridionale, della trappola del debito africano (come l’Occidente descrive l’Iniziativa Belt and Road) e altro ancora. Si possono vedere copioni identici su diversi media “indipendenti”, illustrati dal ritornello comune dell’”invasione russa non provocata”.

L’obiettivo non è riportare i fatti, né fornire un’analisi equilibrata, ma mettere gli avversari dell’Occidente in una luce negativa e far dubitare della loro legittimità.

I media occidentali sono molto abili in questo tipo di manipolazioni. Non è possibile tenere il passo con la velocità e il volume delle bugie che escono da un sistema sincronizzato di disinformazione. La maggior parte dei lettori è sopraffatta e non ha il tempo e le risorse per trovare punti di vista alternativi. Una volta che si è indottrinato qualcuno, è abbastanza facile continuare ad alimentarlo con bugie.

Come ho detto, oggi le pratiche dei media sono uniformate in tutto l’Occidente e non riguardano solo la Cina. I media fanno lo stesso sulle questioni interne, rafforzando costantemente i pregiudizi e amplificando la disinformazione.

Anche l’attuale sistema educativo occidentale è orientato in modo simile a istupidire la popolazione, con l’obiettivo di ridurre al minimo il pensiero critico e le capacità di analisi. Il concetto illuministico di “mercato delle idee” non esiste più.

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Il bersaglio di questo malcostume mediatico è il pubblico domestico poco informato dell’Occidente, visto che la maggior parte della maggioranza globale dà poco credito ai media occidentali dopo decenni di bugie e falsità.

Una popolazione ignorante e male informata è più facile da governare. Inoltre, in un’economia deindustrializzata, non è necessaria una forza lavoro altamente istruita per i lavori nel settore dei servizi. La funzione del sistema educativo e mediatico è quella di produrre una piccola élite e un’ampia classe di ignoranti, che vengono intrattenuti e non informati.

In quarto luogo, una parte fondamentale dela propaganda mediatica anti-Cina è quella di emarginare le voci favorevoli e razionali. Ho detto che la maggior parte dei giornalisti occidentali è ignorante sulla Cina, ma ci sono molti giornalisti e studiosi che sono competenti, con opinioni molto equilibrate e obiettive.

Tra questi John Pilger, Chalmers Johnson, Martin Jacques, Chaz Freeman, John Ross, Rebecca Fannin, Kerry Brown, Ezra Vogel, Michael Hudson e il nostro Ron Unz. Tra i magnati dell’economia, Charlie Munger e Ray Dalio sono straordinariamente perspicaci sulla Cina. Anche Henry Kissinger, il più importante stratega imperiale, era stato molto obiettivo e saggio sulla Cina. Era stato molto perspicace nel suo libro “On China“, del 2011.

Il problema è che queste voci non vengono ascoltate dal grande pubblico. Non vengono invitati a partecipare ai panel degli “esperti sulla Cina” della TV via cavo; non vengono citati, né tantomeno pubblicati, nei “rapporti sulla Cina” dei think tank e non si presentano alle udienze del Congresso.

La peculiare forma di censura “democratica” occidentale consiste nel deplorare le prospettive alternative e non allineate con la narrazione ufficiale. Si può gridare quanto si vuole in una stanza vuota, ma non si cambiano le opinioni del mainstream. Ecco perché ora leggo su Substack i miei giornalisti preferiti, come Sy Hersh e Matt Taibbi.

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Infine, il razzismo gioca un ruolo poco evidente e molto reale. Anche l’ascesa del Giappone negli anni ’80 aveva scatenato una valanga di stampa negativa. L’Occidente non ha mai amato i concorrenti, ma la concorrenza di una razza aliena è un boccone troppo amaro da mandar giù.

Questo non è certo esaustivo e ci sono molte altre ragioni per il fatto che i media sono anti-Cina, come la necessità di creare uno spauracchio per la macchina della guerra perpetua, la camera dell’eco dei media, la reazione istintiva ai “comunisti rossi”, ecc. Ma non abbiamo spazio per analizzarli tutti.

2- Gli Stati Uniti hanno ancora un “vantaggio” tecnologico sulla Cina?

Hua Bin – Il governo cinese e la comunità scientifica e tecnologica cinese continuano a definire il progresso tecnologico della Cina come un “recupero dell’Occidente”. Il mio punto di vista personale è più ottimista e si basa sull’analisi degli indicatori principali, come i brevetti, il pool di talenti, gli investimenti in R&S, l’efficienza, ecc.

Quando parlo di tecnologia, non mi limito solo al software o all’intelligenza artificiale, come molti pensano oggi. Parlo di tecnologia nella sua totalità: software e hardware, tecnologia emergente e tecnologia tradizionale, tecnologie civili e militari.

Ad alto livello, credo che 1) gli Stati Uniti siano ancora in vantaggio in diverse aree tecnologiche tradizionali in cui la Cina sta cercando di recuperare; 2) la Cina e gli Stati Uniti sono in vantaggio rispetto al resto del mondo nelle tecnologie critiche per il futuro. In alcuni campi sono testa a testa, ma la Cina è più avanti degli Stati Uniti; 3) la Cina sta progredendo a un ritmo più veloce degli Stati Uniti.

Mi spiego meglio. Organizzerò i miei commenti sulla tecnologia civile e su quella militare separatamente. Affronterò in questo modo anche il tema dell’IA.

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Le mie analisi si basano sulla mia ventennale esperienza personale di dirigente e investitore nel settore tecnologico, nonché sulle mie letture e ricerche sull’argomento; per definizione, quindi, sono limitate alla portata delle mie conoscenze e capacità cognitive.

Seguo lo sviluppo tecnologico da oltre 20 anni attraverso Wired, Nature, Tech Crunch, MIT Technology Review, Interesting Engineering, le sezioni tecnologiche dei principali quotidiani (in particolare il South China Morning Post, che ha un’ottima copertura tecnologica sulla Cina). Seguo anche i rapporti tecnologici di McKinsey, Rand, CSIS, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, ecc. Salterò le pubblicazioni cinesi perché sono meno familiari al vostro pubblico.

Naturalmente, ci sono molte tecnologie militari e civili sensibili classificate da entrambe le parti, quindi fare un confronto completo è difficile, se non impossibile. Queste includono la tecnologia quantistica, le armi nucleari, la fusione nucleare, le armi a energia diretta, le armi spaziali, la guerra informatica, l’esplorazione dello spazio profondo, ecc.

Per questo motivo, baso le mie osservazioni generali su informazioni open-source. Eccole:

1) Gli Stati Uniti sono ancora in vantaggio rispetto alla Cina in diverse tecnologie tradizionali. Tra queste figurano i motori a reazione, i grandi aerei passeggeri, il fracking, i biofarmaci, la progettazione e la produzione di chip per semiconduttori (qui includo gli alleati degli Stati Uniti, poiché molte tecnologie chiave per i semiconduttori sono disperse in un piccolo numero di nazioni). La Cina è leader in diverse categorie tecnologiche tradizionali, come ad esempio la lavorazione e la produzione di terre rare, le tecnologie legate alle infrastrutture (come lo scavo di tunnel, la costruzione di ponti, i terminali portuali intelligenti), le tecnologie per la produzione di acciaio, la cantieristica, ecc. Si noti che sto parlando di leadership tecnologica, non solo di leadership produttiva.

In generale, gli Stati Uniti hanno un vantaggio tecnologico in termini di software e proprietà intellettuale, mentre la Cina è più forte nell’hardware e nella produzione.

2) Cina e Stati Uniti sono leader in alcuni settori chiave della tecnologia del futuro. Per tecnologia futura critica intendo le tecnologie che sono ancora in fase di ricerca e sviluppo o di prima adozione e per le quali si attendono ulteriori progressi prima che maturino e si diffondano maggiormente. La Cina è in netto vantaggio rispetto agli Stati Uniti nelle telecomunicazioni (5G, comunicazioni quantistiche, Internet ad alta velocità, comunicazioni ottiche), nei nuovi materiali (materiali compositi, nanomateriali), nella mobilità futura (veicoli elettrici, treni ad alta velocità) e nell’energia verde (nucleare, solare, eolica, idroelettrica, batterie, trasmissione di energia). La Cina è anche leader nella tecnologia spaziale – stazione spaziale, navigazione satellitare (Beidou), satelliti per la comunicazione quantistica, esplorazione lunare, energia solare spaziale e tecnologia dei razzi pesanti.

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In molti settori, la Cina ha un vantaggio significativo sugli Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono più forti nei prodotti biofarmaceutici e nei vaccini, nell’informatica quantistica e nel supercalcolo (anche se questo potrebbe essere dovuto al fatto che la Cina non divulga più i dati relativi ai supercomputer). Gli Stati Uniti sono in testa anche nei lanci di piccoli satelliti e nell’Internet via satellite. Questo primato deriva principalmente da Space X e la sua costellazione Starlink. Il settore biofarmaceutico cinese ha colmato il divario a un ritmo sostenuto, arrivando a rappresentare un terzo dei nuovi sviluppi biofarmaceutici a livello mondiale, sebbene sia ancora indietro rispetto agli Stati Uniti. Per quanto riguarda le costellazioni satellitari, la Cina sta recuperando terreno ma ha ancora molta strada da fare.

3) Nel campo dell’IA, Cina e Stati Uniti sono per lo più testa a testa. Gli Stati Uniti sono in vantaggio nei modelli fondazionali LLM (anche se il vantaggio si sta riducendo) e nella produzione di chip AI (GPU). La Cina eccelle nell’IA incarnata (ad esempio, robot, droni, umanoidi), nel riconoscimento facciale e vocale e nella BCI (brain computer interface). Entrambi sono in testa nell’elaborazione del linguaggio naturale e nell’IA generativa.

4) Nel campo della tecnologia militare, gli Stati Uniti sono in testa per quanto riguarda le portaerei nucleari, i sottomarini e i bombardieri stealth a lungo raggio (B2, B21). La Cina è in testa nei missili ipersonici, nel rilevamento radar/anti-stealth, nella robotica militare e nei veicoli aerei e subacquei senza equipaggio (droni, sottomarini, battelli senza equipaggio, ecc.) La Cina è anche in testa nello sviluppo di caccia di sesta generazione con prototipi già in grado di volare, mentre gli Stati Uniti ancora in fase di approvazione concettuale. La Cina è in vantaggio nel dominio dello spazio vicino con dirigibili stratosferici, palloni aerostatici e droni da alta quota. Entrambi stanno sviluppando tecnologie di guerra spaziale difensiva e offensiva, ma la maggior parte dei dettagli rimane riservata.

Per quanto riguarda le armi nucleari, personalmente ritengo che la Cina abbia un vantaggio tecnologico nei sistemi terrestri, con i suoi moderni ICBM D41 e D31AG rispetto al Minuteman III statunitense, entrato in servizio più di 50 anni fa. Per quanto riguarda le armi nucleari sottomarine, gli Stati Uniti sono in vantaggio rispetto alla Cina, ma probabilmente alla pari o dietro ai russi. Non credo che i sistemi di lancio nucleari aerei, nel medio-lungo termine, saranno una parte critica della triade nucleare come i sistemi terrestri e d’alto mare, poiché la sopravvivenza dei mezzi aerei sarà discutibile con il miglioramento delle tecnologie di rilevamento stealth, rendendo meno probabile una loro penetrazione in profondità.

5) La Cina sta progredendo tecnologicamente a un ritmo più veloce degli Stati Uniti. Ho discusso diversi articoli di Nature e ASPI nei miei pezzi su Substack e, chiaramente, la Cina sta prendendo il comando in un numero sempre maggiore di aree scientifiche.

Il candidato di Trump a capo dell’Ufficio per la politica scientifica e tecnologica della Casa Bianca, Michael Kratsios, ha avvertito in una testimonianza scritta al Congresso degli Stati Uniti che “la Cina è emersa come il nostro preminente rivale geopolitico e il nostro più formidabile concorrente tecnologico e scientifico. Il futuro ordine globale sarà definito da chi guiderà l’IA, la quantistica, il nucleare e altre tecnologie critiche ed emergenti. I progressi della Cina nella fusione nucleare, nelle tecnologie quantistiche e nei sistemi autonomi sono sempre più rapidi e sottolineano l’urgenza del lavoro che ci attende”. Kratsios era stato Chief Technology Officer degli Stati Uniti nella prima amministrazione Trump.

Su un tema correlato, vale la pena di notare che la Cina e gli Stati Uniti hanno intrapreso percorsi diversi in materia di innovazione e sviluppo tecnologico. Gli Stati Uniti si sono affidati prevalentemente alle iniziative delle imprese e delle università private. La Cina ha un approccio misto pubblico e privato, spesso chiamato approccio Whole-of-Nation. [È un approccio che fa riferimento alle attività congiunte svolte da diversi ministeri, amministrazioni pubbliche e agenzie pubbliche al fine di fornire una soluzione comune a particolari problemi, N.D.T.] Gli sforzi di innovazione degli Stati Uniti si concentrano sulla scienza profonda e sulle tecnologie fondamentali, che sono ad alta intensità di capitale e di talenti. Le innovazioni cinesi si concentrano maggiormente sulle applicazioni e sull’adozione commerciale. Le innovazioni cinesi si basano sull’ingegneria intelligente, sull’efficienza e su un ampio bacino di talenti.

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La Cina, investendo maggiormente in R&S, si sta concentrando maggiormente anche sulla scienza profonda di base. Prendiamo ad esempio l’IA: l’approccio degli Stati Uniti è guidato dal settore privato, è caratterizzato da un forte investimento di capitale, si concentra sul calcolo bruto e incentiva il profitto monopolistico attraverso una proprietà intellettuale e un sistema chiuso. È un approccio ad alto costo, ad alto margine e ad alta barriera all’ingresso. L’approccio cinese è un partenariato misto pubblico-privato con finanziamenti sia pubblici che privati, adozione su larga scala a basso costo (oltre 260 milioni di utenti di IA in Cina ad oggi) e condivisione di IP open source. Le innovazioni cinesi nel campo dell’IA sono focalizzate sulle applicazioni e guidate da velocità, scala e convenienza. L’ecosistema dell’innovazione statunitense è guidato da un piccolo numero di grandi aziende con grandi risorse finanziarie, mentre l’ecosistema cinese è molto più disperso e decentralizzato. È per questo che le migliori IA e robot umanoidi (che incarnano l’intelligenza) negli Stati Uniti provengono da Microsoft/OpenAI, Meta e Tesla, mentre in Cina provengono sia da startup come DeepSeek e Unitree sia da aziende storiche come Alibaba.

Infine, è necessario considerare la competizione per la supremazia tecnologica in un orizzonte temporale molto lungo. L’abilità nella ricerca e sviluppo è un indicatore di punta, ma non equivale alla potenza tecnologica effettivamente disponibile. Una nazione deve avere una base industriale e un mercato scalabile per tradurre i risultati della R&S in prodotti e servizi utili. La domanda più importante in questa guerra per la supremazia tecnologica è: chi sarà al comando tra 10 anni? E chi innoverà e progredirà più velocemente? Le fondamenta della supremazia tecnologica sono il talento, l’istruzione di base in scienza e tecnologia, i finanziamenti e l’impegno a lungo termine. Su questo fronte, dato che la Cina ha chiaramente preso l’iniziativa, ho pochi dubbi che nel, lungo periodo, supererà gli Stati Uniti. Per saperne di più sulla tecnologia cinese, consiglio di leggere Rebecca Fannin. Ha seguito la scena tecnologica cinese per anni e ha scritto diversi libri di approfondimento.

3- Se scoppiassero le ostilità tra Stati Uniti e Cina per Taiwan, chi vincerebbe?

Hua Bin– Ho scritto un articolo di Substack su una futura guerra tra Stati Uniti e Cina per Taiwan: Comparing War Readiness Between China and the US. Conclusione: non ho dubbi che la Cina vincerebbe una guerra per Taiwan. Questa è la conclusione di numerosi giochi di guerra pubblicati dalle stesse forze armate statunitensi nel corso degli anni.

Per confrontare la preparazione bellica dei due Paesi e prevederne l’esito, prendo in considerazione 5 aree chiave: 1) capacità di sostenere una guerra ad alta intensità; 2) geografia; 3) assetto militare, dottrine e capacità; 4) volontà di combattere; 5) precedenti.

Entrando brevemente nel merito di ciascuna area, ecco le mie argomentazioni:

1) Capacità bellica: le guerre in Ucraina e in Medio Oriente degli ultimi anni hanno dimostrato che le guerre moderne ad alta intensità tra belligeranti di pari livello saranno lunghe, costose e, soprattutto, altamente dipendenti dalla produzione bellica e dalla logistica. Queste guerre di logoramento si riducono a una battaglia di capacità industriali e di resilienza delle catene di approvvigionamento – proprio come nella Seconda Guerra Mondiale, quando gli Stati Uniti avevano vinto superando la [capacità produttiva] della Germania e del Giappone. Oggi la Cina ha un vantaggio di 3:1 sulla capacità industriale degli Stati Uniti. Di fatto, la Cina, da sola, ha una capacità industriale pari a quella dell’Occidente complessivo. La sua catena di approvvigionamento è di gran lunga la più solida al mondo. Per quanto riguarda la produzione bellica, la capacità di produzione cinese è di un ordine di grandezza superiore a quella degli Stati Uniti. Il complesso militare industriale cinese è di proprietà dello Stato e produce per un fine, mentre l’industria degli armamenti statunitense è di proprietà privata e lavora a scopo di lucro. Il differenziale di costo è persino superiore al differenziale quantitativo. Di fatto, la superiorità industriale e della catena di approvvigionamento cinese rispetto agli Stati Uniti è paragonabile alla superiorità degli Stati Uniti rispetto alle potenze dell’Asse durante la Seconda Guerra Mondiale. Sull’argomento esistono diverse buone analisi a cui si può fare riferimento, tra cui un rapporto, di origine europea, intitolato Military Alliance and Economic Capacity: Measuring NATO’s Economic Standing, scritto da Philip Pilkington, un macroeconomista molto perspicace.

2) Geografia. Una guerra nello Stretto di Taiwan verrebbe combattuta intorno alle coste cinesi o poco più in là, forse in Giappone e nelle Filippine. Gran parte dell’azione si svolgerebbe in un raggio coperto da missili cinesi a raggio intermedio e da bombardieri e caccia terrestri. Il territorio statunitense più vicino è Guam, a 4.800 chilometri di distanza. Gli Stati Uniti hanno basi militari in Giappone, Corea e Filippine. Ma non è chiaro se questi Paesi entrerebbero in guerra, esponendosi al rischio di una distruzione certa. Anche se si formasse un’alleanza, per gli Stati Uniti una guerra a Taiwan sarebbe una guerra di spedizione aerea e marittima, simile a una nave che attacca una fortezza. Nella storia militare, le navi perdono contro le fortezze a causa dei vantaggi naturali della parte difensiva, della logistica e dei rifornimenti.

3) Postura militare, dottrine e capacità. La postura militare cinese è sempre stata orientata alla difesa della patria e alla riunificazione con Taiwan. La missione esplicita del PLA è garantire il successo di una guerra nello Stretto di Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale. La sua dottrina di guerra si chiama “Anti Access Area Denial” (A2AD), la cui essenza è negare al nemico l’accesso al teatro di guerra e infliggere perdite inaccettabili per qualsiasi intervento. Il sistema A2AD è ben affinato e si compone di 1) un vasto arsenale di missili da crociera e balistici, molti dei quali con capacità ipersoniche e che non possono essere intercettati con la tecnologia odierna; 2) mezzi di intelligence e di puntamento basati nello spazio; 3) mezzi aerei, navali e sottomarini con e senza equipaggio; 4) guerra in rete multidominio. In breve, un complesso di sistemi ad alta tecnologia con elevate capacità di combattimento. La Cina ha riunito tutti gli elementi e si è addestrata per anni a condurre una guerra di questo tipo. L’esercito statunitense, fino ad ora, non ha mai combattuto contro sistemi anche lontanamente paragonabili a questi. D’altra parte, la postura militare degli Stati Uniti negli ultimi trent’anni è sempre stata orientata all’offensiva off-shore. Questa dottrina militare enfatizza guerre brevi, che possono essere dominare con una potenza di fuoco schiacciante. Questa dottrina può funzionare contro avversari deboli e poco tecnologici, privi di basi industriali (anche se questa ipotesi è messa in discussione nello Yemen). Ma non può funzionare in un conflitto tra grandi potenze. In effetti, questa dottrina pervasiva danneggia la preparazione bellica degli Stati Uniti, in particolare per le ridotte scorte di munizioni costose, l’elevata avversione alle perdite umane e le lunghe catene di approvvigionamento logistiche.

Nessuno dei presupposti impliciti nella postura e nella dottrina militare statunitense sarebbe valido in un conflitto con la Cina: nemici deboli e tecnicamente inferiori; campo di battaglia incontestato e guerra a bassa intensità, dove è possibile evacuare i feriti e ritirarsi in sicurezza; santuari sicuri nelle retrovie, dove i rifornimenti non sono minacciati; immunità dai contrattacchi, in particolare nella patria statunitense; superiorità quantitativa e qualitativa negli armamenti e nell’addestramento; asimmetria informativa e di intelligence sul campo di battaglia, grazie alle piattaforme ISR, ai mezzi spaziali e all’intelligence dei segnali; avversari politicamente deboli, con morale basso e mancanza di sostegno generale da parte della popolazione.

Alcuni sostengono che, dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, le forze armate statunitensi sono state ininterrottamente impegnate, mentre la Cina non combatte una guerra dal 1979, quindi gli Stati Uniti avrebbero il vantaggio dell’esperienza. Credo che questa sia un’altra fallacia mortale: la memoria muscolare sviluppata dalle forze armate statunitensi in decenni di guerre a bassa intensità è dannosa per un conflitto tra pari, mentre le forze armate cinesi, anche se non sono ancora state messe alla prova, non hanno cattive abitudini e falsi presupposti da disimparare. In un tipo di guerra in cui nessuna delle due parti ha esperienza, chi ha capacità di adattamento e flessibilità avrà probabilmente la meglio.

4) La volontà di combattere. Un aspetto della guerra spesso trascurato nelle discussioni militari odierne è la volontà di combattere. Si tratta del motivo per cui i soldati mettono in gioco la propria vita. In una situazione di parità, prevarrà la parte che riuscirà a sopportare il dolore più a lungo.

La Cina sta combattendo per la sua integrità territoriale e il suo orgoglio nazionale. Ha la volontà collettiva della popolazione saldamente a suo favore. La Cina mobiliterà facilmente l’intero Paese dietro il governo e le forze armate e ci sarà lo sforzo di tutta la nazione per vincere la guerra. Gli Stati Uniti stanno combattendo per mantenere il loro dominio egemonico in un’avventura imperialista. La soglia del dolore della sua società è molto più bassa. Ecco perché, ogni anno che passa, l’esercito statunitense non riesce a raggiungere gli obiettivi di reclutamento. In parole povere, la Cina è molto più tollerante alle perdite di quanto non lo saranno mai gli Stati Uniti in una guerra alle porte della Cina.

Anche il calcolo del costo del fallimento è completamente diverso. Proprio come in Ucraina, dove i russi hanno una posta in gioco completamente diversa da quella degli americani, per la Cina perdere una guerra sulla propria costa sarebbe una minaccia esistenziale. Nessun governo potrebbe sperare di mantenere la propria legittimità se si tirasse indietro da una guerra con i barbari alle porte. Per gli Stati Uniti sarebbe solo una mossa nella scacchiera nel “grande gioco”. Per loro, perdere una guerra a Taiwan sarebbe una battuta d’arresto, di certo non un problema esistenziale. Il defunto primo ministro singaporiano Lee Kuan Yew aveva così riassunto la posta in gioco: “Quando si tratterà di Taiwan, la Cina combatterà una seconda volta, una terza volta, fino a vincere e non si arrenderà mai”. Gli Stati Uniti possono dire lo stesso del loro impegno?

5) Bilancio. Gli Stati Uniti hanno un bilancio assai negativo nei conflitti del secondo dopoguerra, nonostante abbiano un budget militare pari a quello del resto del mondo. Hanno praticamente perso tutte le guerre, tranne la Prima Guerra del Golfo del 1991 contro l’Iraq. La Cina era stato il primo Paese ad aver interrotto la serie di successi militari degli Stati Uniti, quando l’esercito cinese aveva respinto gli Stati Uniti dal fiume Yalu, al 38° parallelo, combattendo contro gli Stati Uniti e i loro alleati fino allo stallo nella penisola coreana, nei primi anni Cinquanta. La Cina lo aveva fatto inviando un esercito di contadini scarsamente equipaggiati dopo 4 anni di sanguinosa guerra civile. Il PIL della Cina in quel periodo era meno del 5% di quello degli Stati Uniti, all’apice della loro potenza militare ed economica dopo la Seconda Guerra Mondiale. Gli americani faranno bene a ricordare che, nella prossima guerra, non sarà la prima volta che Cina e Stati Uniti si affrontano sul campo di battaglia. Anche i punti di forza comparati di ciascuna parte sono cambiati drasticamente rispetto a 70 anni fa.

In fin dei conti, il passato dominio militare degli Stati Uniti è semplicemente esagerato, e questo a causa della debolezza degli avversari contro cui avevano combattuto – l’equivalente militare di un pugile di peso massimo che combatte contro un peso leggero. Le forze armate statunitensi, come la maggior parte degli altri eserciti, non hanno esperienza di guerre moderne ad alta intensità e alta tecnologia. Persino la guerra tra Russia e Ucraina non può essere definita una vera e propria guerra ad alta intensità tecnologica del tipo di quella che si combatterebbe a Taiwan o sul Mar Cinese Meridionale. Dopotutto, le battaglie con i droni in Ucraina vengono combattute con tecnologia di consumo e componenti cinesi reperibili in qualsiasi negozio di elettronica di Shenzhen.

La Cina si sta preparando a una resa dei conti militare con gli Stati Uniti sin dalla crisi dello Stretto di Taiwan del 1996 e dal bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado nel 1999. La Cina si è rifiutata di farsi intimidire o di farsi costringere dagli Stati Uniti. Una guerra a Taiwan sarebbe molto probabilmente analoga a ciò che è accaduto nell’industria automobilistica: la Cina, con la sua moderna kill chain, travolgerebbei sistemi tradizionali degli Stati Uniti, proprio come la BYD fa con la Ford nel mercato delle auto elettriche.

4- (Leggermente fuori tema) Secondo lei, c’è qualche motivo per sperare che Trump adotti un approccio più ragionevole nei confronti della Cina e cerchi di lavorare in modo collaborativo su questioni di reciproco interesse, invece di continuare a trattare Pechino come un avversario che deve essere contenuto, accerchiato e sconfitto?

Hua Bin – No, non credo.

Ho studiato Trump fin dal suo primo mandato e ho letto molti libri su di lui – Fear and Rage di Bob Woodward, Confidence Man di Maggie Haberman, Fire and Fury di Michael Wolff, e anche il favorevolissimo The Case for Trump di Victor Hanson. Penso che, a questo punto, ci siano abbastanza fatti e prove per prendere una decisione su Trump.

La mia lettura di Trump è semplice:

Trump è un prepotente. Il suo modus operandi predefinito con le parti più deboli è la prepotenza. Quello che ha fatto con l’Ucraina, il Canada, la Groenlandia, Panama è il suo modus operandi. Usa l’adulazione insincera con gli avversari forti ma non crede nelle soluzioni di mutuo vantaggio. Per lui, tutto è un gioco a somma zero. Perché gli Stati Uniti vincano, la Cina (e tutti gli altri Paesi) devono perdere. Bisogna tener testa a un bullo.

– Trump è un opportunista e un impostore. È molto indicativo che il suo mentore più vicino sia stato Roy Cohn, il personaggio più sgradevole che si potesse trovare negli Stati Uniti, a partire dal suo incarico come consigliere di Joseph McCarthy. Cohn era moralmente ripugnante, eccezionalmente oscuro e senza scrupoli, e aveva esercitato su Trump un’influenza maggiore di quella di Fred Trump. Come “apprendista” di Cohn, Trump è un venditore di olio di serpente e non ci si può fidare di lui. Non manterrà quelle che sono solo promesse vuote. Non c’è possibilità di accordo con una persona disonesta.

– Si circonda di sicofanti falchi cinesi e vive in una camera d’eco. È molto significativo che la squadra che ha messo insieme in entrambi i mandati sia composta da falchi della Cina. La loro malizia e ostilità verso la Cina sono trasparenti. Trump, di tanto in tanto, può anche mugugnare qualcosa di dincero per migliorare le relazioni, ma non ne uscirà nulla di produttivo.

– Trump è un razzista. Lui e la sua base non accetteranno una nazione non bianca come pari e degna di rispetto reciproco.

– Inoltre, non c’è un terreno comune su cui cooperare. Un tempo erano aree come il cambiamento climatico, le questioni sanitarie globali o la non proliferazione nucleare a poter essere oggetto di cooperazione tra Stati Uniti e Cina. Ma Trump non crede che esista un bene pubblico globale. A meno che un asteroide non colpisca il pianeta o ci invadano gli alieni, non vedo come i due Paesi possano avere interessi comuni per creare fiducia.

5- Può chiarire la questione del presunto “genocidio” degli uiguri? Gli Stati Uniti sostengono che il governo cinese sta conducendo un genocidio contro gli uiguri, ma i dati demografici indicano che il numero di uiguri nello Xinjiang è aumentato costantemente negli ultimi due decenni. (Nota: secondo i dati dell’Ufficio nazionale di statistica cinese e dell’ufficio statistico regionale dello Xinjiang, la popolazione residente permanente è passata da 19,05 milioni nel 2002 a 25,87 milioni nel 2022. Si tratta di un aumento di circa 6,82 milioni di persone, pari a circa il 35,8%, in 20 anni). Quindi, l’accusa di genocidio è semplicemente in contrasto con le prove statistiche reali che dimostrano che NON è in corso un genocidio. Può fare un po’ di luce sulla questione e spiegare perché gli Stati Uniti continuano a ripetere la stessa, noiosa menzogna?

Hua BinIl “genocidio” degli uiguri è una delle bugie più disgustose e ipocrite raccontate dall’Occidente, disonesto anche per i suoi standard molto bassi. Nella maggior parte dei casi, non darei nemmeno una risposta a questa accusa, ma, dato che la domanda proviene da un giornalista amico, posso condividere alcuni fatti fondamentali per sfatare il mito.

Praticamente tutte le cosiddette prove provengono da un solo individuo, un fanatico tedesco anticomunista e fondamentalista cristiano di nome Adrian Zenz. Le sue affermazioni fittizie e le sue bugie costituiscono la base della maggior parte dei resoconti dei media occidentali. Vengono amplificate da media come il NYT, il Guardian e la BBC, da think tank e ONG finanziati dall’USAID come l’ASPI e il World Uyghur Congress e da malintenzionati politici anticinesi negli Stati Uniti come Mike Pompeo. Maggiori informazioni su Adrian Zenz in seguito.

Numerosi resoconti sui social media e video su YouTube di visitatori stranieri dello Xinjiang dimostrano l’esatto contrario delle affermazioni sul genocidio. Gli uiguri godono di pieni diritti linguistici, religiosi ed etnici. Godono di elevati finanziamenti governativi per l’assistenza sanitaria, sussidi di disoccupazione e assistenza sociale. Anche durante i 30 anni in cui la Cina aveva adottato una severa politica del figlio unico, gli uiguri, come tutte le minoranze etniche in Cina, erano stati esentati da questa politica, cosa che aveva portato a un tasso di natalità e di crescita della popolazione 3-4 volte superiore a quello dei cinesi Han. Questo spiega la realtà demografica da lei citata.

Nonostante questa infiammata accusa di “genocidio” culturale e religioso anti-Islam, non un solo Paese musulmano dell’Organizzazione delle cooperazioni islamiche, composta da 57 Paesi, ha sostenuto la tesi occidentale del genocidio cinese dei musulmani uiguri.

In modo del tutto ipocrita, gli Stati Uniti e i loro vassalli in Occidente, che hanno ucciso milioni di Musulmani, ferito e torturato decine di milioni di persone con la scusa dell’attacco terroristico false-flag USA/Israele dell’11 settembre, si sono presentati come sostenitori dei diritti umani dei Musulmani e hanno puntato il dito contro la Cina.

I rapporti di eroici giornalisti e informatori come Julian Assange, Sy Hersh, Chelsea Manning e numerosi altri hanno mostrato prove inconfutabili delle uccisioni di civili innocenti da parte degli Stati Uniti e delle azioni disgustose dei soldati statunitensi a Baghdad, Guantanamo e Abu Ghraib. I media occidentali hanno opportunamente ignorato e sbianchettato questi crimini.

La furia occidentale in Medio Oriente, culminata nella distruzione dei Paesi islamici di Afghanistan, Iraq, Libia, Sudan, Somalia, Yemen e ora Siria, per qualche strana ragione, non viene mai bollata come genocidio, mentre la Cina viene accusata di questo crimine efferato senza alcuna prova. L’ipocrisia è talmente estrema che nessuno può prenderla sul serio. In qualche modo, dovremmo credere che l’Occidente, che uccide i Musulmani, si sia improvvisamente trasformato in un sostenitore dei diritti umani dei Musulmani e abbia opportunamente identificato il suo principale avversario geopolitico come il colpevole.

Inoltre, il vero e prorio genocidio ebraico israeliano dei Musulmani palestinesi, trasmesso in diretta su TikTok, è considerato giustificato e sostenuto con entusiasmo con bombe e denaro dagli Stati Uniti e dai loro lacchè in Occidente.

Tra gli uiguri dello Xinjiang esisteva un grave problema di fondamentalismo musulmano, alimentato soprattutto dalle madrasse wahhabite finanziate dai sauditi negli anni ’90 e 2000. C’erano stati diversi attacchi terroristici in Cina e un gran numero di uiguri si era unito ai gruppi terroristici in Medio Oriente. Ancora oggi, ci sono circa 20.000 combattenti uiguri dell’ISIS e di HTS, in Siria. Negli anni 2000 e 2010, nel sud dello Xinjiang il governo cinese aveva imposto l’obbligatorietà dell’educazione antiterroristica tra diverse comunità uigure molto infiltrate [da terroristi], ma il numero non aveva mai superato le poche migliaia.

Tornando ad Adrian Zenz, la fonte delle menzogne sull’oppressione cinese contro i musulmani uiguri. Chi è questo impostore e bugiardo?

Adrian Zenz è un “ricercatore” tedesco che lavora per la Victims of Communism Memorial Foundation, un’organizzazione anticomunista con sede negli Stati Uniti. Ha lavorato anche con think tank del complesso militare-industriale, come la Jamestown Foundation. Per dare un’idea della credibilità della sua “ricerca”, Zenz ha incluso i soldati della Wehrmacht uccisi sul fronte orientale durante l’invasione dell’URSS, nella Seconda Guerra Mondiale come, siete pronti? – “vittime del comunismo”.

Nel 2010 aveva iniziato a descriversi come un ricercatore indipendente focalizzato sulle politiche etniche della Cina, in particolare nello Xinjiang. Non conoscendo la lingua cinese e non avendo mai visitato la Cina, aveva basato la sua “ricerca” su interviste con “dissidenti uiguri” del World Uyghur Congress (WUC), un gruppo di esuli con sede a Berlino fondato da Rebiya Kadeer. Kadeer era un’imprenditrice dello Xinjiang, condannata e imprigionata per alcuni anni per corruzione e appropriazione indebita nello Xinjiang prima di emigrare in Germania. Il WUC è stato finanziato dall’USAID, dal Dipartimento di Stato americano, dal German Marshall Fund e dal NED, uno dei fronti della CIA.

Zenz aveva usato le accuse di tali “impeccabili” fonti per dare una base alle sue accuse. Secondo lui, i “documenti segreti del governo cinese” trapelati (totalmente non verificati e impressionanti per la sua capacità di raccolta di informazioni, superiore a quella della CIA e dell’MI6) e alcune immagini satellitari sgranate costituirebbero le prove per implicare il governo cinese nella creazione di “campi di rieducazione” e nell’uso di “lavoro forzato”.

Zenz è anche un autodefinito “fondamentalista cristiano”, che sostiene il Sionismo israeliano con la stessa psicologia che motiva la Germania di oggi a sostenere il genocidio ebraico dei palestinesi. È nauseante. Comunque sia, questo pazzo religioso fondamentalista e fanatico anticomunista è ampiamente ritenuto dai media e dai politici occidentali una fonte credibile di informazioni sulla situazione degli uiguri.

Posso dimostrare che l’11 settembre è stata un’operazione false flag degli Stati Uniti e di Israele per scatenare una guerra contro l’Islam a favore del piano sionista di Eretz Israel con un numero di prove concrete 100 volte superiore a quello con cui Zenz può dimostrare la menzogna del “genocidio” degli uiguri.

E posso farlo senza i finanziamenti di USAID e NED.

Proprio come le bugie sulle armi di distruzione di massa dell’Iraq o sui “bambini buttati fuori dalle incubatrici” o sull’attacco con gas chimici in Siria, questo episodio è un altro esempio dell’immoralità e della disonestà dei cosiddetti media occidentali “equilibrati e corretti”. Mi spiace essere schietto, ma molti dei cosiddetti giornalisti occidentali oggi sono spregevoli bugiardi e inconcepibili sociopatici.

Come abbiamo detto in precedenza, i media mainstream in Occidente non sono altro che il megafono della propaganda dei loro governi. In fin dei conti, il bersaglio principale di questa disinformazione e falsità sono le loro stesse popolazioni, dato che la maggior parte della maggioranza globale ne conosce i trucchi e si rifiuta di farsi turlupinare.

I media occidentali indottrinano i loro lettori e plasmano la loro visione del mondo attraverso le menzogne per servire la loro agenda. Non fanno altro che perpetuare l’ignoranza e i pregiudizi della gente in Occidente, e questo, alla fine, porterà al loro stesso declino.

Link: https://www.unz.com/mwhitney/hua-bin-on-media-trump-and-the-impending-war-with-china/
26.02.2025
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org



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