l’emergenza degli aiuti a Kiev

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IL FOCUS
Dall’altra parte dell’Atlantico ha trovato le urla di Trump che lo ha cacciato dalla Casa Bianca. A Londra, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ricevuto la calorosa stretta di mano del primo ministro Keir Starmer e l’accoglienza di Re Carlo. L’Ucraina è più lontana dagli Stati Uniti, più vicina all’Europa. Con diversi, enormi, problemi conseguenti. Trump ha già detto che taglierà anche i contributi indiretti a Kiev. E non sarà così semplice compensarli. Di più. Oggi a Londra si svolgerà il summit sul sostegno all’Ucraina: coinvolgerà paesi europei, ma anche Turchia e Canada (Trudeau è partito ieri, il Paese dopo le sparate di Trump sull’annessione è sempre più distante dalle posizioni Usa). Il Regno Unito, organizzatore dell’evento, è quello post-Brexit. E dunque, quando si parla di aiuti all’Ucraina e di difesa comune europea, bisogna considerare che i Paesi Ue più Regno Unito (più Norvegia in realtà) non sono un organismo unitario. E c’è anche altro: la stessa Unione europea non è compatta. Ungheria e Slovacchia, dunque Orban e Fico, chiedono di seguire Trump e trattare con Putin. Francia, Germania, ma anche il Regno Unito, puntano invece a rinnovare il sostegno all’Ucraina. Ieri il presidente francese Macron è stato brutale: «Se non sarà fermato, Putin, dopo l’invasione dell’Ucraina, andrà a colpire sicuramente la Moldavia e forse anche la Romania. Serve un finanziamento massiccio e comune per la difesa europea che ammonti a centinaia di miliardi di euro. Serve anche un dialogo strategico con i Paesi senza ombrello nucleare, noi possiamo offrirlo se non ci sarà più quello americano». In mezzo c’è la posizione italiana, con Giorgia Meloni che chiede di organizzare un vertice tra Usa, Paesi europei e alleati. Bisogna rinnovare in fretta gli aiuti militari agli ucraini, visto che Trump ha ribadito che ridurrà il sostegno a Kiev. Senza l’assistenza militare di Washington – ha scritto il Wall Street Journal – l’Ucraina può resistere al massimo fino all’estate (ma ci sono stime che parlano di aprile-maggio).
INCOGNITE
Gli ultimi dati, citati sempre dal Wsj, dicono che tra produzione e finanziamenti l’Ucraina si garantisce il 55 per cento delle forniture militari, il 25 per cento dipende dall’Europa. Kiev rischia di vedere scomparire quel 20 per cento che dipende dagli Usa, ma che è fondamentale (e insostituibile) per i «sistemi avanzati di difesa aerea, missili balistici, sistemi di navigazione, artiglieria missilistica a lungo raggio». Esempio: i Patriot possono essere forniti solo dagli americani. Nel vertice di oggi, che coinvolge solo alcuni dei leader europei (e non solo leader europei) si parlerà anche di difesa comune europea, perché se davvero Trump ridurrà l’impegno americano nel Vecchio continente, lo sforzo richiesto sarà immane. Di recente è stato pubblicato un report del prestigioso think tank tedesco Kiel Institute for the World Economy e del centro di ricerca Bruegel di Bruxelles che offre conclusioni significative: «L’Europa dovrebbe mobilitare 300.000 soldati per difendersi dalla Russia senza gli Usa. Dovrebbe schierare circa 50 brigate aggiuntive. Per questo, sarebbero necessari almeno 1.400 nuovi carri armati da combattimento e 2.000 veicoli da combattimento per la fanteria, che supererebbero le scorte attuali di tutte le forze terrestri tedesche, francesi, italiane e britanniche. Inoltre, l’Europa dovrebbe produrre circa 2.000 droni a lungo raggio ogni anno». Ancora: «L’Ue e i suoi stati membri dovrebbero raccogliere congiuntamente altri 250 miliardi di euro all’anno». A Londra tutto questo sarà sul tavolo, mentre il treno del piano per rafforzare il sistema di difesa europea è già partito. E dopo lo scontro di venerdì scorso nello Studio Ovale, tra Zelensky e Trump, c’è stata un’accelerazione. L’attenzione di Washington è sempre più orientata sull’Indo-pacifico e dunque gli europei devono farsi trovare pronti, anche solo con la formula della deterrenza, e tutelarsi dalla minaccia russa.
I PIANI
Sono due percorsi diversi: il primo, contingente, è garantire all’Ucraina il flusso di aiuti che Trump sembra bloccare. Il secondo, a medio termine, è prepararsi a difendere l’Europa al di là dello strumento della Nato. Un appuntamento chiave di questo percorso, successivo al vertice di oggi, è fissato per il 6 marzo, quando su iniziativa del presidente Costa, si riunirà il Consiglio europeo. Nella bozza delle possibili conclusioni del vertice, anticipata da Bloomberg, emerge che i leader dell’Ue puntano a una maggiore flessibilità nelle regole di finanziamento per aumentare la spesa destinata alla difesa, visto che il disimpegno di Trump e la minaccia di Putin «stanno costringendo a un rafforzamento militare che si verifica una volta ogni generazione». Nel testo che dovrà essere approvato il 6 marzo a Bruxelles, il Consiglio europeo inviterà la Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen a «proporre fonti di finanziamento aggiuntive per la difesa a livello Ue, anche mediante una maggiore flessibilità nell’uso dei fondi strutturali». Washington, Kiev, Parigi, Londra: la corsa verso i nuovi assetti geopolitici è cominciata.

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