(aggiornato alle ore 17,40)
Il tragicomico epilogo della visita alla Casa Bianca del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha riaperto il dibattito in Europa e in Italia circa il posizionamento del governo italiano nel contesto del conflitto in Ucraina.
Da un lato gli USA di Donald Trump intenzionati a concludere il conflitto, ormai perduto sul campo dagli ucraini, per riprendere strette relazioni economiche e politiche con la Russia necessarie a gestire con successo altri scenari di crisi falla Cina all’Iran alla Crea del Nord, come abbiamo illustrato in un editoriale precedente.
Dall’altro un’Europa decisamente schierata a favore di una “page giusta” in cui l’Ucraina non perda territori che vuol dire in concreto una guerra ad oltranza che nessuno in Europa è disposto a combattere, che nessuna forza armata in Europa sarebbe in grado di sostenere, che nessuna nazione europea è in grado di sostenere con adeguate forniture militari all’Ucraina e che vede l’opinione pubblica in tutta Europa nettamente contraria.
A queste valutazioni aggiungiamo che sono ben poche le nazioni europee disposte a schierare proprie truppe i Ucraina (ipotesi su cui Mosca ha già posto il suo veto) senza il supporto di un’America determinata a sganciarsi da questo conflitto e dal confronto militare con Mosca.
La rissa
In questo contesto di alta tensione il dibattito nello Studio Ovale, cominciato in modo garbato e diplomatico ma poi degenerato, ha acceso le polveri, almeno a parole, anche in Europa.
“Abbiamo capito molte cose che non avremmo mai potuto capire senza una conversazione così tesa: ho stabilito che il presidente Zelensky non è pronto alla pace con il coinvolgimento statunitense”, ha scritto Trump su Truth Social, aggiungendo che Zelensky ha mancato di rispetto agli Usa e che “può tornare qui una volta che sarà pronto alla pace”.
Durante l’incontro tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump nello Studio Ovale alla Casa Bianca, anche il vicepresidente americano J.D. Vance ha usato toni accesi nei confronti del presidente ucraino, accusandolo di “litigare di fronte ai media americani” e di fare commenti “irrispettosi“. “Ha detto grazie una volta?”, gli ha chiesto.
Una provocazione tesa forse a far saltare i nervi a Zelensky, già impegnato a discutere con il “suo parigrado” Trump e costretto a rispondere con irritazione al vice Vamce.
“Sei stato in Ucraina?” ha detto provocatoriamente Zelensky a Vance avvertendo gli Stati Uniti che alla fine “sentiranno le conseguenze” della guerra. Un monito che Trump non ha apprezzato. “Il tuo Paese è nei guai fino al collo, stiamo cercando di salvarvi, non avete la forza per imporre condizioni” ha detto accusando Zelensky di “giocare d’azzardo con la Terza guerra mondiale” aggiungendo “non ci dica cosa proveremo. Non siete nella posizione di dettare quello che proveremo”.
Il duro scontro davanti ai giornalisti ha determinato l’annullamento della conferenza stampa congiunta (peraltro ormai superflua) e la fine della visita della delegazione ucraina alla Casa Bianca. Non è chiaro se i previsti accordi minerari siano stati firmati né se dopo il duro confronto Washington interromperà o meno gli aiuti militari a Kiev come ha riferito un funzionario dell’amministrazione al Washington Post rivelando che Trump sta valutando la possibilità di interrompere tutte le spedizioni di aiuti militari in corso verso l’Ucraina.
Il New York Times, citando un rappresentante dell’amministrazione Trump, scrive che tutti gli aiuti degli Stati Uniti all’Ucraina, comprese le recenti forniture di munizioni e attrezzature autorizzate e finanziate durante l’amministrazione di Joe Biden, potrebbero essere cancellati nel prossimo futuro come pure il sostegno indiretto, cioè la condivisione di informazioni di intelligence, l’addestramento di truppe e piloti ucraini e l’istituzione di un centro di coordinamento degli aiuti internazionali presso una base statunitense in Germania.
Al di là dei toni, esacerbati dall’intervento di Vance, è evidente che il punto centrale della discussione è l’assenza di reali garanzie statunitensi per la sicurezza dell’Ucraina. Garanzie che Zelensky ritiene indispensabili per accettare un negoziato in cui, ottimisticamente, l’Ucraina perderà almeno 4 regioni più la Crimea.
Zelensky sembra essersi reso conto di aver compromesso la propria posizione e quella dell’Ucraina. Poche ore dopo in un’intervista a Fox News ha cercato toni più conciliatori ma senza porgere scuse come vorrebbe invece il Segretario di Stato Marco Rubio.
Dilettantismo inaspettato
“Certe conversazioni non andrebbero fatte davanti ai media, con tutto il rispetto per la democrazia” ha detto Zelensky. “Nessuno vuole la pace più di noi ma una tregua senza garanzie di sicurezza dagli Stati Uniti è un tema molto delicato per la mia gente”.
La “rissa” nello Studio Ovale è stata una brutta figura per tutti i protagonisti: Zelensky non era disposto ad accettare il ruolo di comparsa ed è stato sopra le righe mentre Trump e Vance continuano ad avere un approccio aggressivo e da “bulli” nei confronti di chiunque non sia appiattito sulle loro posizioni. Un atteggiamento che rischia di favorire più il MAHA del MAGA.
La dinamica del battibecco denota inoltre gravi carenze tecniche che fanno emergere un dilettantismo inaspettato in incontri ad alto livello tra capi di stato, dove le diatribe sono spesso molto accese ma vengono tenute lontano dai riflettori mediatici.
I summit prevedono una iniziale “photo opportunity” della durata di pochi minuti in cui i giornalisti scambiano qualche parola con i leader, scattano foto e fanno riprese video. Successivamente, a porte chiuse, si tengono i colloqui tra i leader, che possono essere anche molto accesi come quelli che abbiamo visto ma in cui nessuno “perde la faccia” perché si svolgono lontano dai media e dal pubblico.
Al termine dei colloqui, con gli staff della comunicazione si stabilisce cosa dichiarare congiuntamente e quali note di linguaggio utilizzare per definire i temi all’ordine del giorno, specie se vi sono visioni divergenti. Solo dopo aver definito questi aspetti i due leader si presentano alla conferenza stampa congiunta con tutti gli strumenti necessari a evitare aspre contrapposizioni e a smussare gli angoli.
Ieri invece la “photo opportunity” è stata trasformata in dibattito davanti ai media e in conferenza stampa, grossolano errore tecnico che ha portato al disastro, francamente sorprendente in un contesto come quello della Casa Bianca, a meno che non si voglia credere maliziosamente che sia stato orchestrato per mettere in difficoltà il presidente ucraino e creare l’incidente.
Nell’intervista Zelensky ha toccato il tema delle sue dimissioni, chieste persino dal senatore repubblicano Lindsey Graham, fino a ieri suo grande sostenitore. “Solo gli ucraini possono decidere se io debba fare un passo indietro o no, gli americani votino il loro presidente”. Affermazione un po’ ridicola considerato che Zelensky ha vietato le elezioni perché “c’è la guerra”.
Le reazioni
A Mosca, dove ieri sera in molti avranno stappato champagne assistendo alla rissa alla Casa Bianca, la visita di Zelensky a Washington è stata definita “un completo fallimento politico e diplomatico del regime di Kiev” dal portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.
“L’inadeguatezza, la corruzione e la mancanza di credibilità di Zelensky sono state ripetutamente dichiarate da parte della Russia a tutti i livelli“, ha aggiunto Zakharova, “con il suo comportamento oltraggiosamente becero a Washington, Zelensky ha confermato di essere la minaccia più pericolosa per la comunità mondiale in quanto guerrafondaio irresponsabile. Tutti dovrebbero rendersi conto di quanto siano inequivocabili queste esternazioni del leader terrorista. Gli obiettivi della Russia restano gli stessi e sono la smilitarizzazione e denazificazione dell’Ucraina e il riconoscimento delle realtà esistenti sul terreno”.
Zelensky si è detto “certo” che il rapporto con Trump si possa ricucire. “La nostra è una relazione storica tra due popoli”. Dura la risposta della Casa Bianca. “Zelensky si rifiuta di riconoscere la realtà pratica di questa guerra. Va avanti da anni, i suoi connazionali stanno morendo e le persone che hanno finanziato questo sforzo – il popolo americano – sono stufi di pagare il conto”, ha dichiarato ai giornalisti il portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt.
Secondo Leavitt “le carte non sono a suo favore. Sono a favore del Presidente Trump”, ha affermato, aggiungendo che il presidente americano ha priorità diverse rispetto all’ultima amministrazione statunitense e vuole la fine della guerra, a differenza di Zelensky che “non sembra la voglia ancora”.
Alla CNN Rubio ha detto che Zelensky deve “scusarsi per aver trasformato questa cosa nel fiasco che è diventato per lui”. Il segretario di Stato americano ha detto che non c’era bisogno che Zelensky andasse alla Casa Bianca e diventasse antagonista, e ha anche dato per scontato che il presidente ucraino in realtà non volesse la pace, quasi a sottintendere che la guerra consente a Zelensky di restare presidente evitando le elezioni dopo che il suo mandato è scaduto nel maggio 2024.
L’impressione è che Washington potrebbe liberarsi presto di Zelensky, il quale gode invece del supporto di molte nazioni europee si sono schierate con Zelensky. Kaja Kallas, Alto commissario Ue per la politica estera e di sicurezza, ha scritto su X che “è diventato chiaro che il mondo libero ha bisogno di un nuovo leader” e ha proposto l’Unione europea per il ruolo. Commento anti-americano comprensibile considerato che Marco Rubio le aveva cancellato l’incontro dopo che la Kallas era già arrivata a Washington per incontrarlo.
“Caro Zelensky non sei mai solo”, hanno twittato insieme Ursula Von del Leyen e la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola.
“Caro Zelensky e cari amici ucraini, non siete soli”, ha scritto il premier polacco e presidente di turno dell’Ue, Donald Tusk. Macron ha bacchettato Trump: “C’è un aggressore russo, bisogna rispettare chi lo combatte dall’inizio”. E ha auspicato “un’Europa che sia una potenza, ne abbiamo più che mai bisogno”.
A Berlino il vincitore delle elezioni tedesche Friedrich Merz ha detto che “siamo al fianco dell’Ucraina nei momenti belli e in quelli difficili. Non dobbiamo mai confondere aggressore e vittima in questa terribile guerra”.
Per Annalena Baerbock, ministro degli Esteri (dimissionario) tedesco, “la Germania deve prendere la guida in questa congiuntura. Dobbiamo agire subito, a livello europeo e nazionale non possiamo aspettare che si formi il nuovo governo perché la situazione è grave. E’ iniziata una nuova era della mancanza di legalità. Per noi è chiaro che dobbiamo essere dalla parte di un’Ucraina sovrana e libera. Il nemico si trova solo al Cremlino, non a Kiev o a Bruxelles, non possiamo mai accettare che vengano invertiti i ruoli di responsabile e vittima”.
Il premier spagnolo Pedro Sanchez ribadisce su X in tre lingue: “Ucraina, la Spagna è con te”. “La Svezia sta con l’Ucraina. Non stai lottando solo per la tua libertà, ma anche per quella di tutta l’Europa. Slava Ukraina”, ha scritto il premier svedese Ulf Kristersson.
Un ruolo per l’Italia?
Dall’Italia Giorgia Meloni ha chiesto la convocazione “immediata” di un “vertice tra Stati Uniti, Stati europei e alleati per parlare in modo franco di come intendiamo affrontare le grandi sfide di oggi, a partire dall’Ucraina, che insieme abbiamo difeso in questi anni, e di quelle che saremo chiamati ad affrontare in futuro”.
Questa “è la proposta che l’Italia intende fare ai suoi partner nelle prossime ore”, ha reso noto la premier, sottolineando che “ogni divisione dell’Occidente ci rende tutti più deboli e favorisce chi vorrebbe vedere il declino della nostra civiltà”.
Un’iniziativa che risponde anche a parte dell’opposizione che chiede al governo di schierarsi nettamente o a favore di Trump o con l’Europa. La risposta di Palazzo Chigi sembra quindi puntare a mediare le differenze tra USA e UE ma la solidità del governo italiano rispetto ai principali partner europei lascerebbe ampio spazio a una posizione originale, netta e precisa dell’Italia che si basi su valutazioni pragmatiche e che riporti Roma al centro dell’iniziativa politica.
L’Europa non è in grado di offrire all’Ucraina aiuti militari in grado di rovesciare le sorti della guerra né i più “bellicosi” leader europei, tanto baldanzosi sui social, sembrano disposti a mandare a combattere i propri eserciti a Kursk o Donetsk. Per questo l’unica, inevitabile e auspicabile soluzione è la fine della guerra il prima possibile anche se questo significherà la sconfitta dell’Ucraina e anche dell’Europa.
La volontà degli Stati Uniti di sganciarsi al più presto dal conflitto lascia ampi spazi a un’iniziativa politica e diplomatica di cui l’Italia potrebbe farsi promotrice, cessando gli aiuti militari a Kiev rivelatisi ormai inutili ma mantenendo quelli economici e umanitari e annunciando la fine delle sanzioni alla Russia non appena sarà firmato un accordo per concludere il conflitto.
Oggi il primo ministro ungherese Viktor Orban ha invitato l’Unione Europea ad avviare colloqui diretti con la Russia su un cessate il fuoco in Ucraina con una lettera del capo del governo di Budapest al presidente del Consiglio europeo Antonio Costa.
Perché scegliere tra un’America tesa per l’ennesima volta a sganciarsi dalle guerre che ha contribuito a scatenare ma che non riesce a vincere lasciando agli altri i “cocci da raccogliere” e una UE guidata ancora da coloro che, maggiordomi della precedente amministrazione statunitense, hanno portato l’Europa al disastro compromettendo la nostra sicurezza economica, energetica e militare?
Molto meglio optare per una strada nazionale, una “Italian way” che potrebbe raccogliere adesioni in Europa e che guardi pragmaticamente al futuro e che veda Roma in prima fila per concludere la guerra, rimettere in sesto l’Ucraina, ridisegnare la cornice di sicurezza in Europa e ripristinare rapporti distesi con la Russia, necessari a scongiurare il nostro declino industriale ed economico.
Del resto, al di là delle chiacchiere e della propaganda, ci sono forse pragmaticamente alternative?
Foto: Ministero degli Esteri Russo, CNN, Anadolu, TASS e MAGA
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