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Martedì 25 Febbraio 2025
La direzione distrettuale Antimafia ha ricostruito l’attività di tre bande organizzate attive fra Milano, Monza, Como e Lecco. Dodici le ordinanze di custodia cautelare e diciassette i decreti di fermi, oltre a decine di perquisizioni. Al vertice di una di queste associazioni vi era Marco Malugani: 51 anni, nato a Lecco, oggi residente a Monza
Importavano droga dall’estero per poi rifornire le piazze di spaccio della Lombardia e del Sud Italia. La direzione distrettuale Antimafia ha ricostruito l’attività di tre bande organizzate attive fra Milano, Monza, Como e Lecco.
Nella mattinata di oggi Polizia e Carabinieri hanno infatti eseguito dodici ordinanze di custodia cautelare e diciassette decreti di fermi, oltre a decine di perquisizioni. Il volume di droga stimato è pari a una tonnellata al mese (Hashish, Marjuana e Cocaina), importata principalmente dalla Spagna.
Al vertice di una di queste associazioni vi era Marco Malugani: 51 anni, nato a Lecco, oggi residente a Monza, già condannato nell’ambito dell’inchiesta Oversize, riguardante un giro di droga gestito in Lombardia dal clan Trovato nei primi anni Duemila.
Malugani, arrestato ad aprile 2023 in flagranza di reato, in quanto trovato in possesso di diverse tipologie di sostanza stupefacente, e ora sottoposto a provvedimento di fermo, secondo gli investigatori «ricopriva il ruolo di promotore, organizzatore e coordinatore dei traffici di droga, senza tuttavia sottrarsi alle attività come il trasporto, la custodia, l’acquisto e la cessione delle sostanze stupefacenti».
Per la Dda, Malugani impartiva le disposizioni agli altri affiliati ed è stato sempre presente a tutti gli incontri in cui venivano presi gli accordi riguardanti I’arrivo, la gestione e la redistribuzione dei carichi di sostanze stupefacenti.
La base operativa del lecchese era il Centro Polifunzionale di Monza dove formalmente ricopriva il ruolo di custode, con la disponibilità di un alloggio, ma dove di fatto si trovava il magazzino utilizzato come deposito grossi quantitativi di stupefacente. La droga acquistata veniva poi rivenduta ad altre organizzazioni che si occupavano delle cessioni al dettaglio.
Le dinamiche criminali dell’organizzazione consistevano nel continuo spostamento da un luogo all’altro di scatole e involucri contenenti sostanza stupefacente-
Il provvedimento di fermo è stato motivato dalla Dda di Milano in quanto sussiste «un concreto e attuale pericolo di fuga a carico degli indagati essendo emersi numerosi elementi di collegamento con la Spagna».
Nel corso dell’attività investigativa condotta dalla squadra mobile di Lecco, inoltre, è stato sviluppato un autonomo filone investigativo, condotto dagli operatori della Polizia di Stato – Squadra Mobile di Como, incentrato specificamente sulla provincia lariana ove è stata certificata la presenza di un’ulteriore associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di marijuana e hashish. Il sodalizio, composto da soggetti italiani, acquistava le sostanze dall’organizzazione stanziata nel territorio milanese, per poi rifornire spacciatori e consumatori della provincia di Como e dell’alto Lario.
Condotta per un’ulteriore operazione su Milano che ha permesso di delineare un’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, capeggiata da un soggetto italiano, espressione del clan Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia).
Fra i reati contestati a vario titolo ai diversi gruppi criminali: associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, porto abusivo di armi da sparo, anche da guerra, usura, ricettazione, favoreggiamento personale, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, emissione di fatture per operazioni inesistenti, associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di natura fiscale quali intestazioni fittizie di beni immobili e quote societarie, riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego dei profitti dei predetti reati presupposto attraverso la costituzione e gestione di numerose società. La nuova indagine dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano mette in luce anche i legami ancora esistenti fra il clan Trovato e il clan Flachi.
Per la Dda infatti Malugani è da considerarsi «esponente di spicco della ‘ndrangheta lecchese, già condannato nell’inchiesta Oversize per associazione mafiosi».
A lui sono attribuiti contatti diretti con Davide Flachi, esponente di spicco dell’omonimo sodalizio ’ndranghetista: «Ciò non sorprende – spiega la Dda di Milano – considerata l’antica alleanza tra Franco Coco Trovato e Giuseppe Flachi detto Pepè, riconosciuta in sede giudiziaria nel procedimento “Wall Street”».
Secondo le sentenze intervenute nel corso degli anni, infatti, i due gruppi negli anni Ottanta avevano costituito una solida e importante struttura associativa nell’ambito della criminalità organizzata mafiosa.
Giuseppe Flachi controllava la zona settentrionale della città di Milano ed i centri immediatamente confinanti, mentre invece la famiglia Coco Trovato si era radicata nel Lecchese.
In quest’ultima indagine è risultato che Davide Flachi era in contatto anche con un altro esponente di rilievo della locale di ‘ndrangheta di Calolziocorte, Carmine Sirianni, anch’egli condannato per associazione mafiosa nel processo Oversize (non indagato in questo procedimento).
Infatti, nel corso di una conversazione ricostruita dalle forze dell’ordine, Flachi, con tono molto confidenziale, comunicava a Sirianni che prossimamente lo avrebbe raggiunto a Calolziocorte per fargli visita.
Gli inquirenti hanno anche ricostruito un’altra telefonata durante la quale si accordavano per di incontrarsi in un non meglio precisato cantiere di Monza. L’ipotesi investigativa è che quindi ci fosse un collegamento diretto con Malugani e il centro polifunzionale di San Fruttuoso.
Inoltre dagli incontri tra Sirianni e Malugani, sarebbe emersa l’intenzione da parte di entrambi di realizzare una piantagione di marijuana. Avevano poi ipotizzato di coinvolgere altre persone per la produzione di cocaina e hashish.
Malugani avrebbe manifestato anche l’intenzione di importare dal sud America grossi quantitativi di cocaina (imbevuta nel tessuto delle magliette), avvalendosi di un chimico esperto per la successiva trasformazione della sostanza in un prodotto commerciabile.
Aveva poi avviato il contatto con un farmacista che avrebbe fornito la lidocaina necessaria per il taglio della sostanza stupefacente. Tutto era pronto ma poi il progetto si era arenato, probabilmente a seguito delle restrizioni dovute al Covid.
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