Gioventù alterata – Panorama

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Usano le chat dei social per contattare i pusher. Con un «direct» di Instagram o un messaggio su TikTok prenotano il quantitativo. A Caivano o ai Parioli non fa differenza. Adolescenti con lo zaino sulle spalle e il cellulare in mano aspettano il loro turno per acquistare la dose. Dall’altra parte, spacciatori altrettanto giovani vendono cocaina, ketamina e pasticche. Per il fumo a prezzi da fast food, invece, c’è il nigeriano sotto casa.

Le piazze di spaccio, raccontano le inchieste giudiziarie, si avvicinano sempre di più al consumatore, passando dalle periferie suburbane ai parchi, alle fermate dell’autobus e anche davanti alle scuole. La roba costa sempre meno e la vita ha sempre meno valore. Come dimostra la storia di Nora Jlassi, la quindicenne trovata senza vita a San Bonifacio (Verona) il 27 gennaio scorso, in un appartamento abbandonato dell’Ater che era diventato un covo di tossici.

I suoi amici hanno raccontato che la facevano prostituire e in cambio le davano un po’ di cocaina. Ovvero la droga che l’avrebbe stroncata. Uno straniero senza fissa dimora e già noto alle forze dell’ordine è stato arrestato. Sarebbe stato lui nei giorni precedenti a cedere la coca alla ragazzina. Sprovveduta Nora, come lo si è a quell’età, noncurante del fatto che ogni dose rischia di trasformarsi in un passo verso il buio. Ed è stato così per tanti nell’ultimo anno.

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A Savignone, in Liguria, una sedicenne ha perso conoscenza durante la festa di Capodanno ed è finita al Pronto soccorso del Galliera. A Lecce, un ragazzino si è accasciato per strada prima di entrare a scuola (dopo le vacanze natalizie), accanto a lui c’erano blister vuoti di benzodiazepine e antidepressivi. A Terni, tra Natale e Capodanno, una minorenne è stata salvata in extremis dopo aver ingerito un mix di droghe. A Parma, lo scorso settembre, una quindicenne è morta per overdose da anfetamine psichedeliche. A Salerno, nei giorni scorsi, una discoteca è stata chiusa su disposizione del questore, Giancarlo Conticchio, dopo che un sedicenne è finito in codice rosso per un mix di droghe e alcool.

La lista si allunga ogni settimana. I casi di overdose tra i giovanissimi sono un’epidemia silenziosa e dilagante. Stando al report annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze, nel 2023 quasi un milione di studenti tra i 15 e i 19 anni ha fatto uso di sostanze illegali almeno una volta. Più di 680 mila lo hanno fatto nell’ultimo anno. Una intera generazione sembra scivolare verso la dipendenza sotto gli occhi di una società distratta. Il consumo di cannabis è il più diffuso: 550 mila studenti (22 per cento) ne hanno fatto uso nel 2023.

Ma i numeri più preoccupanti riguardano cocaina, nuove sostanze psicoattive, stimolanti e allucinogeni.

Il 2,2 per cento degli studenti ha dichiarato di aver fatto uso di coca, il 6,4 di sostanze psicoattive e 2,9 di stimolanti. Gli allucinogeni hanno fatto un balzo negli anni esaminati: dall’1,6 per cento del 2022 al 2 per cento del 2023.

Mentre l’età del primo contatto con le droghe si è abbassata: un terzo degli studenti ha provato la cannabis già a 14 anni e, a volte, anche prima. Crescono anche i ricoveri ospedalieri e le segnalazioni per detenzione di sostanze tra i minori.

Gli esperti parlano di situazione fuori controllo. Giampaolo Spinnato, direttore dei Servizi per le dipendenze patologiche dell’Asp di Palermo, segnala l’aumento di crack, eroina e ketamina. Ma anche che «le droghe sono sempre più accessibili e i giovani sempre più esposti al rischio di dipendenza».

Roberto Poli, dell’Asst di Cremona, conferma l’abbassamento dell’età di iniziazione alle droghe, con consumatori sempre più giovani: «Si comincia anche a 13-14 anni, soprattutto con la cannabis. Questo rapporto precoce con le sostanze psicoattive ormai è un fatto conclamato». Stefano Scuotto, tossicologo del Serd di Empoli, conferma il consumo diffuso di cocaina ed eroina tra i giovanissimi: «Si sta verificando l’accesso di fasce d’età che prima non c’erano, come quelle tra i 15 e 18 anni di età che hanno un approccio precoce alle sostanze più pesanti». Complici anche le narrazioni di molti trapper che, su YouTube, una condivisione dietro l’altra, si raccontano con storie di violenza, droga e morte. Le loro canzoni finiscono per normalizzare la droga, trasformandola in un simbolo di successo o di ribellione. Di recente, per esempio, la Questura di Piacenza ha chiesto a Google di oscurare i video di Musta Rè, trapper emergente di origini egiziane, per istigazione a delinquere. Nelle immagini è ritratto con «ingenti quantitativi di stupefacenti» e gli investigatori hanno dedotto che «inneggiava al commercio e al consumo degli stessi». Riccardo Gatti, psichiatria e psicoterapeuta, per esempio, ritiene che il pericolo si annidi proprio nei social: «Ho la netta sensazione che il mercato delle droghe giochi con la comunicazione. È una questione di marketing». Ma è una propaganda che si può contrastare. «Colpisce la vulnerabilità e la fragilità dei giovani», spiega a Panorama la criminologa Mary Petrillo, che aggiunge: «È importante investire su prevenzione ed educazione scolastica e sociale. Bisogna trovare un modo efficace, usando il loro linguaggio, una forma di comunicazione che riesca a raggiungerli, affinché le sostanze anche apparentemente invitanti, come per esempio la cocaina rosa, molto in voga in questo momento, possano essere non uno stimolo alla prova, ma un deterrente a farne uso».

Chi la assume, per esempio, non sa che la cocaina rosa, di coca non ne contiene affatto: è un mix di ketamina, metanfetamina, ecstasy e crack, colorato in modo artificiale. Ed è un intruglio molto pericoloso: provoca allucinazioni. L’uso prolungato rischia di mettere il cuore Ko. Più sono giovani gli assuntori, più è alto il rischio di effetti collaterali.

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E anche i bambini sono a rischio. Lo scorso settembre a Palermo un bambino di tre anni è stato ricoverato dopo aver ingerito ketamina trovata probabilmente in spiaggia. Il capo della Procura per i minorenni di Palermo, Claudia Caramanna, è stata subito interessata con una segnalazione partita direttamente dall’ospedale.

Pochi giorni dopo, a Cosenza, una bambina di due anni è finita in rianimazione dopo aver ingerito marijuana. Mentre l’8 gennaio un bambino di un anno è stato ricoverato in gravi condizioni a Napoli per aver mangiato dell’hashish trovato in cucina a casa dei nonni, a Boscoreale. Se per i bambini si parla di circa una decina di casi l’anno, tra gli adolescenti i numeri sono drammatici. Nel 2023 gli accessi al Pronto soccorso per patologie droga-correlate sono stati 8.596, in aumento del 5 per cento. Ben il 10 per cento di questi ha riguardato minorenni.

Tra Pordenone e Udine, in un solo anno quasi cento ragazzini sono stati ricoverati per problemi (anche seri) legati all’abuso di stupefacenti.

«In buona parte dei ragazzi che assumono i cannabinoidi sintetici o sostanze psicotrope ci sono conseguenze sul cervello e sulla salute» ammonisce Massi mo Clerici, vicepresidente della Società italiana di psichiatria. E, così, sempre più spesso gli adolescenti finiscono in terapia. «L’approccio psicologico con un teenager tossicodipendente è sostenere per aiutare a sorreggere e a incanalare diversamente quel “peso del mondo” che lo ha indotto all’uso di sostanze» chiarisce Federica Nastri, psicologa clinica, criminologa e pedagogista. «Lo psicologo costruisce un rapporto di fiducia, favorendo la consapevolezza del problema e motivando il ragazzo al cambiamento». Esistono delle tecniche: «Il colloquio motivazionale e il rinforzo positivo, lo sviluppo di abilità di regolazione emotiva, il lavoro sui fattori scatenanti e i pensieri disfunzionali». E quando si arriva alla terapia si è già a buon punto.

Il percorso, spiega Nastri, si conclude con «il sostegno alla socializzazione e alle relazioni familiari e la prevenzione delle ricadute per un recupero duraturo». L’unico modo per uscirne.





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