Gas dalla Russia, ecco come la fine della guerra in Ucraina può cambiare gli scenari per l’Italia

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Dal primo gennaio il tubo con la Russia è chiuso, né da Tarvisio né da Gorizia arriva più un metro cubo di gas dal momento che col nuovo anno è ufficialmente cessato il contratto di transito del gas russo attraverso l’Ucraina, annullando così tutti i flussi in arrivo da Est.

Nel giro di 4 anni siamo infatti passati da una forte dipendenza da Mosca, ancora nel 2020 la Russia garantiva il 35% del nostro fabbisogno, a zero.

In mezzo ci sono stati quattro anni difficili per tutti con imprese e famiglie che a causa della guerra e della grande speculazione del mercato hanno dovuto sopportare costi notevoli per luce e gas. Tema delicato nel momento in cui i prezzi dell’energia tornano a correre obbligando il governo ad adottare nuove onerose contromisure, così come è delicato il tema dei possibili rapporti futuri con la Russia.

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Ieri in una intervista a la Stampa il ministro della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha sostenuto che nel caso si raggiungesse la pace, verrebbe certamente riaperto il gasdotto South stream e a quel punto non è da escludere la possibilità di tornare a rifornirci anche da Mosca.

«Dal punto di vista economico – ha argomentato il ministro – un accordo determinerebbe sicuramente un effetto positivo».

Frasi incaute? Dall’opposizione sono arrivate diverse bordate contro il ministro. «Pichetto Fratin non vede l’ora di tornare al gas russo? Un rompete le righe più sgangherato sull’Ucraina questo governo non lo poteva fare. Come è umano, Putin» ha scritto su X il senatore del Pd Filippo Sensi.

«Il governo dei patrioti ha già svenduto l’Italia a Putin» rincara la dose il presidente di +Europa e Radicali Italiani Matteo Hallissey, per arrivare poi Carlo Calenda (Azione) che suggerisce a Pichetto «di andare a fare il servo sciocco di Putin».

Le forniture di gas da anni ormai rappresentano un fattore critico per l’Italia dal momento che il nostro Paese è un grande importatori di questa materia prima (oltre 61,6 miliardi di metri cubi l’anno passato) che utilizza non solo per scaldarsi e a far funzionare tante attività ma anche per generare una quota rilevante (44%, contro una media Ue del 16%) della produzione elettrica, innescando tra l’altro in questo modo un meccanismo perverso per cui ad ogni impennata del prezzo del gas si ripercuote poi anche sulla bolletta della luce.

Fino al 2020 la Russia era il nostro primo fornitore, poi è arrivata la guerra in Ucraina, sono scattate le sanzioni ed è iniziato il processo di sganciamento.

Come abbiamo rimediato a questa scelta non certo facile? Acquistamdo molto più gas dall’Algeria, aumentando l’importazione dall’Azerbaigian, installando nuovi rigassificatori e spingendo al massimo gli stoccaggi.

E così se nel 2020 il gas russo in arrivo a Tarvisio copriva ben il 35% del nostro fabbisogno nel 2022 eravamo già scesi al 13% e l’anno dopo addirittura al 2%. Nel 2024 la quota di Tarvisio è risalita all’8%, ma solo perché nel frattempo attraverso quel tubo transitavano forniture in arrivo dalla Germania o dagli stoccaggi austriaci.

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Quanto al resto delle forniture dall’Algeria a Mazara il 32% (più del doppio della quota del 2020), mentre il gasdotto di Melendugno ci poi assicurato un altro 16% grazie al metano azero, dalla Libia via Gela è arrivato un altro 3%. Mentre gli stoccaggi, che quest’anno grazie a Snam hanno toccato il livello record del 98,5% di riempimento, hanno coperto un altro 18%.

Oltre all’aumento delle forniture da Sud, decisivo anche il ruolo dei rigassificatori, nel complesso oggi seconda fonte di approvvigionamento nazionale col 23% del totale col gas naturale liquido (Gnl) che di fatto, come segnalano da Snam, ha rappresentato il vero elemento strategico di stabilizzazione del sistema e di sicurezza nazionale.

II nuovo rigassificatore di Piombino, entrato in esercizio nel luglio 2023, finora ha registrato l’arrivo di 50 navi gasiere e immesso in rete circa 4,3 miliardi di metri cubi di gas, 76 carichi sono poi arrivati a Cavarzere, 23 a Panigaglia e 13 a Livorno.

Lo scorso dicembre è poi arrivata in Italia una nuova nave che a breve sarà collocata a Ravenna e che una volta in esercizio consentirà di portare la capacità di rigassificazione del Paese a 28 miliardi di metri cubi di gas, valore corrispondente al gas importato attraverso Tarvisio nel 2021.

Nello scenario italiano, dunque, il Gnl ha fornito un contributo fondamentale per sganciare in sicurezza l’Italia dal gas russo. Nel 2024 i 150 carichi sono infatti arrivati principalmente da Qatar (36%); Stati Uniti (34%), Algeria (20%), ma anche da Egitto, Spagna, Congo, Angola, Guinea Equatoriale e altri paesi ancora. Un ampliamento del ventaglio dei nostri fornitori che si è rivelato decisivo.



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