È come se un gigantesco meteorite fosse piombato sulla foresta immobile della finanza italiana. Da alcuni mesi quattro Offerte pubbliche di acquisto dominano Piazza Affari, dove quattro banche vogliono conquistarne altrettante (Unicredit punta su Banco Bpm, Montepaschi su Mediobanca, Banca Ifis su Illimity e Bper sulla Popolare di Sondrio). Nel cuore del risiko, una delle prede (Banco Bpm) ha a sua volta nel mirino un’importante fabbrica-prodotto nel settore dei fondi (Anima). E c’è un protagonista assoluto, ovvero l’amministratore delegato di Unicredit Andrea Orcel (in foto a sinistra), che fra l’altro sta cercando di scalare Commerzbank, la seconda banca tedesca. A parte quest’ultima variante, al centro del terremoto bancario c’è un oggetto del desiderio sopra tutti che è causa diretta o indiretta della maggior parte delle operazioni in atto: ovvero il controllo delle Generali, la più grande compagnia assicurativa italiana che rinnoverà i suoi vertici il prossimo maggio.
L’interesse verso il gruppo triestino è ancora più forte perché il suo attuale numero uno, il manager francese con passaporto italiano Philippe Donnet, vuole portare a compimento un controverso accordo con la transalpina Natixis, avente lo scopo di trasferire in un veicolo con sede ad Amsterdam 630 miliardi di risparmi degli italiani. Prima di essere approfondita con le Generali, l’alleanza con Natixis era stata abbozzata e archiviata da Intesa Sanpaolo oltre che da due soggetti europei: un motivo ci sarà, non a caso col passare delle settimane, invece che raccogliere nuovi estimatori l’idea di Donnet ha visto gonfiarsi le voci contrarie, anche tra l’establishment milanese. A opporsi in modo esplicito, oltre al governo Meloni, ci sono due figure dell’imprenditoria italiana: Francesco Milleri, a capo di Delfin, e Francesco Gaetano Caltagirone (insieme hanno il 16,85% della compagnia triestina). Da tempo questi azionisti vorrebbero sostituire Donnet, da più mandati imposto da Mediobanca che vanta il 13,1% delle Generali: non ci sono riusciti nel 2022, ma contano di centrare l’affondo quest’anno. Per prudenza, però, Caltagirone sembra orientato a presentare una lista di minoranza per il Leone di Trieste. Il che significa cedere ora il passo a Mediobanca, per poi dare la spallata su Trieste più avanti, dopo aver conquistato Piazzetta Cuccia attraverso l’Ops lanciata da Montepaschi. Opzione, quest’ultima, forse preferita dall’alleato Milleri, perchè controllare la merchant bank milanese significa assicurarsi il controllo delle Generali senza scontri diretti dall’esito sempre incerto. Del resto, l’istituto senese ha tra i suoi azionisti forti proprio Caltagirone (5,02%), Delfin (9,78%), Banco Bpm (5%), il ministero dell’Economia (11,7%) e intende completare la conquista di Mediobanca entro il terzo trimestre di quest’anno. Sicchè, conquistato l’istituto guidato da Alberto Nagel, sarebbe gioco partita e incontro anche sulle Generali. Ammesso però che che dal mercato internazionale non si levi una contro-Opa in appoggio all’attuale management. E qui Unicredit, che ha dichiarato di possedere il 5,2% della compagnia (e che pare proiettato verso il 10%, nella foto Il Giornale del 12 febbraio che ne annunciava la volontà) potrebbe giocare una doppia partita: appoggiare la causa di Caltagirone, chiudendo definitivamente le partita oppure schierarsi con Mediobanca alzando ancor più la tensione tra i fronti opposti. Si vedrà.
In tutto ciò, chi si gioca molta della sua credibilità è proprio Orcel. Prima ha mandato su tutte le furie il governo tedesco con l’assalto a Commerz, poi ha fatto lo stesso con quello italiano intervenendo a gamba tesa sul progetto del terzo polo bancario, che intendeva unire sotto lo stesso tetto Montepaschi, Bpm e Anima. L’Offerta pubblica di scambio su Bpm arrivata da Unicredit il 25 novembre, dopo che l’istituto lombardo aveva lanciato l’Opa su Anima e messo il primo mattoncino in Mps, non ha certo fatto piacere al governo, che non ha esitato a parlare di golden power per difendere l’interesse nazionale. Come abbiamo spiegato, ora Unicredit può essere l’ago della bilancia in Generali e questa potrebbe essere la via per assicurarsi il via libera del governo su Bpm, qualora Orcel si schierasse con gli avversari storici di Mediobanca. Il numero uno di Piazza Gae Aulenti è perciò al tutto o nulla: se dovesse perdere in Germania e su Bpm, ne uscirebbe assai ridimensionato. Ma se dovesse portare a casa almeno un’operazione schierandosi con la parte vincente nello scacchiere Generali, consoliderebbe notevolmente il suo brand.
Va detto che i fuochi d’artificio dei Titani della finanza hanno spinto altre banche a fare il grande passo. In molti, che coltivavano obiettivi da anni, hanno ritenuto di muoversi per evitare che qualcuno soffiasse loro la preda: ed è così che vanno lette la mosse di Banca Ifis su Illimity e quella di Unipol-Bper sulla Popolare di Sondrio. Per quel che si sa al momento, entrambe dovrebbero andare in porto, sebbene a condizioni più onerose della proposta iniziale. Sta di fatto che fra dodici mesi, completate tutte le manovre in corso, la geografia del sistema bancario italiano avrà cambiato volto.
Sempre che Intesa Sanpaolo, la principale banca italiana, che al momento ha deciso di assumere il ruolo di semplice osservatore quasi infastidita, non scorga una crepa nel sistema che la convinca a scendere a sua volta nell’arena. E allora i giochi potrebbero diventare definitivi.
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