C’è stato dolo nel redigere i bilanci. E proprio le false comunicazioni sociali hanno portato al dissesto. Facendo guadagnare la fiducia di istituti di credito e fornitori, che hanno finanziato la società. Soldi che, però, hanno solo portato nel tempo a un imponente indebitamento.
Sono i motivi della sentenza, pronunciata lo scorso novembre, nel processo ai vertici della Bio-on, l’azienda di bioplastiche bolognese. Otto condanne e un’assoluzione, mentre un altro imputato aveva precedentemente patteggiato. Le pene più pesanti al presidente Marco Astorri e al suo vice Guido Cognani: 5 anni e 2 mesi per manipolazione del mercato, falso in bilancio e bancarotta impropria.
Una falsificazione sistematica dei bilanci, si legge nelle motivazioni , operata dal Cda per ingannare soci e investitori. Mentre l’indebitamento, contenuto nel 2015 e 2016, è aumentato nel 2017 per poi impennarsi nel biennio successivo, anche con il ricorso a finanziamenti a breve termine, arrivando a 60 milioni di euro al momento della nomina dell’amministratore giudiziario, il 31 ottobre 2019. Determinante – per i giudici – fu la scelta di investire nell’impianto di Castel San Pietro Terme, messo in funzione appena pochi mesi prima del crac, nel maggio 2019, e i cui costi, inizialmente stimati in 15 milioni di euro, lievitarono fino a 53,4 milioni.
Il servizio di Francesco Rossi
La replica di Astorri: “L’Italia non è un Paese ospitale per le start-up”
“Ho totale fiducia nel mio team legale e nella magistratura, e sono certo che in appello potremo dimostrare l’assoluta correttezza del nostro operato. La verità è che l’Italia non è un Paese ospitale per le start-up, ma sono certo che, anche grazie al nostro caso, la legislazione e la giurisprudenza italiane si allineeranno agli standard internazionali, contribuendo a rendere il nostro Paese competitivo e attrattivo per gli investimenti innovativi esteri”. Così Marco Astorri, ex presidente di Bio-On, replica alle motivazioni della sentenza, ribadendo la volontà, già espressa il giorno del giudizio di primo grado (qui il servizio), di voler ricorrere in appello.
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