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Proteste a Belgrado, febbraio 2025 (foto F. Baccini)

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Mentre gli studenti continuano occupare le università e le strade per chiedere il rispetto dello stato di diritto e l’aumento dei fondi alla pubblica istruzione, si sta facendo spazio la necessità di dimostrare all’Unione europea che esiste un’alternativa a Vučić. Intervista a Jelica Minić, vicepresidente del Movimento europeo in Serbia

È sempre l’ora delle proteste degli studenti in Serbia. Per la trasparenza, il rispetto dello stato di diritto, la lotta alla corruzione, il finanziamento dell’istruzione pubblica. Valori che coincidono con le basi del progetto dell’Unione europea.

Eppure c’è un grande assente in questo discorso, ed è proprio l’Unione europea e le sue istituzioni. Pur difendendo in modo vago e generale la libertà di espressione e di manifestazione in Serbia, per questioni politiche ed economiche soprattutto dalla Commissione non sta arrivando alcun supporto esplicito ai cittadini che esigono dal regime di Aleksandar Vučić l’assunzione della piena responsabilità per le 15 morti della stazione di Novi Sad e per le cause profonde che hanno causato la tragedia del 1° novembre 2024.

Ecco perché ora in Serbia è arrivato il momento di interrogarsi anche su come superare questo stallo, per convincere l’UE che l’unica via democratica è quella che la porta a schierarsi dalla parte dei ragazzi e delle ragazze che stanno occupando da mesi università e strade.

“Credo che sarebbe molto più facile per l’Unione europea sostenere un cambiamento di regime se ci fossero chiari segnali che stiamo definendo un progetto di programma per il futuro della Serbia, che sia in linea con gli obiettivi dell’UE”, ha spiegato in questa intervista a OBCT Jelica Minić, vicepresidente del Movimento europeo in Serbia.

Jelica Minić - foto Medija Centar Beograd

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Qual è la posizione del Movimento europeo in Serbia rispetto alle richieste degli studenti?

In qualità di ONG tra le più longeve e attive nell’integrazione europea nel Paese, il Movimento europeo in Serbia sostiene con forza le proteste degli studenti e le occupazioni.

Siamo ben consapevoli delle preoccupazioni dei giovani e possiamo offrire loro un sostegno concreto. Le nostre quattro priorità – integrazione europea, cooperazione regionale, sviluppo locale e sostegno concreto agli imprenditori nazionali – sono integrate da iniziative trasversali, come il forum per i giovani.

Allo stesso tempo, però, rispettiamo la decisione degli studenti di prendere le distanze dai partiti di opposizione e dalle ONG, e cerchiamo modi alternativi per assisterli.

Qual è la sfida maggiore in questo supporto?

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La politica estera rimane una delle questioni più complesse. Molti studenti e cittadini che si oppongono a questo regime populista hanno opinioni filo-russe. Un atteggiamento alimentato, in parte, proprio dal partito del presidente Vučić. Dobbiamo affrontare questa realtà con attenzione, promuovendo il futuro europeo della Serbia in condizioni spesso sfavorevoli.

La nostra sfida è trovare modi creativi per coinvolgere le persone, comprese quelle che protestano contro la corruzione ma che potrebbero non condividere le nostre opinioni.

Eppure tutti gli studenti chiedono il rispetto dello stato di diritto, che è il cuore del progetto europeo.

Che ne siano consapevoli o meno, tutti gli studenti vogliono che siano rispettati i valori fondamentali dell’UE. Quello che stanno facendo, in modo plebiscitario, è promuovere questi valori e il futuro europeo della Serbia.

Tuttavia, non possiamo ignorare la profonda delusione nei confronti dell’Occidente, e dell’Unione europea in particolare. Il processo di integrazione europea è stato molto lento e l’UE sembra aver perso interesse nei nostri confronti dopo il primo forte slancio iniziale.

Inoltre, da quando Vučić è salito al potere, la propaganda contro l’UE si è intensificata notevolmente. Questa politica schizofrenica ora è più evidente che mai. A livello nazionale Vučić sostiene che l’Occidente ha investito miliardi di euro nelle ONG per rovesciarlo. Allo stesso tempo assicura ai diplomatici dell’UE e degli Stati Uniti a Belgrado che le proteste sono finanziate dalla Russia.

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Perché le istituzioni dell’UE non sono in grado di sostenere chiaramente gli studenti?

Perché fin dall’inizio Vučić e il suo regime hanno affrontato la politica estera come una questione di scambi commerciali con i partner. Non ha stretto accordi solo con Russia e Cina, ma a volte anche con l’UE e con Paesi membri specifici, come quello sul litio. La Serbia è anche ricca di altre risorse, come oro e rame.

Si tratta di accordi commerciali concreti, che molto spesso danno risultati politici. Al momento l’UE non sostiene le proteste principalmente a causa di ciò, e per il grande interesse che nutre per il litio serbo.

C’è poi anche un’altra motivazione. L’Unione europea oggi non vede all’orizzonte nessuna chiara alternativa a Vučić. Pur riconoscendo l’insoddisfazione della popolazione nei suoi confronti, non vede un altro partner valido con cui impegnarsi. Anche a Belgrado questa è una domanda cruciale: chi verrà dopo Vučić?

Esiste qualche possibilità che il sostegno di Bruxelles cambi?

Il sostegno dell’UE dipende in gran parte dagli sviluppi in Serbia. Le istituzioni di Bruxelles stanno cercando di capire cosa sta succedendo attraverso contatti con organizzazioni della società civile e con media indipendenti.

Ecco perché è sempre più urgente sviluppare programmi e organizzare alternative al regime di Vučić. Gli studenti sanno cosa non vogliono, ma non hanno ancora espresso chiaramente cosa vogliono.

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Al momento si concentrano su questioni relative allo stato di diritto e ai maggiori finanziamenti per l’istruzione, che sono fondamentali. Tuttavia è anche necessario iniziare a lavorare alla preparazione di pezzi concreti di una futura strategia per il prossimo governo.

Quali dovrebbero essere le priorità di questa strategia?

Chi è a favore dell’integrazione europea è già coinvolto nell’elaborazione di questi programmi con molte idee in diversi settori, ma mettere insieme tutti i pezzi in modo coerente non è un compito facile.

Come prima cosa è fondamentale concentrarsi su alcune aree chiave: sistema giudiziario, lotta alla corruzione, diritti umani, media, istruzione, agricoltura e agenda verde. Anche la politica estera è importante, ma è senza dubbio l’area che presenta più sfide. Dobbiamo lavorare rapidamente e presentare programmi forti, cercando di coinvolgere tutti.

Il futuro della Serbia è all’interno dell’Unione Europea?

Non c’è altra scelta, la situazione globale dimostra che non possiamo rimanere su più fronti contemporaneamente. Questo è un mondo multipolare, non multilaterale: dobbiamo scegliere da che parte stare e non possiamo dimenticare che siamo un Paese europeo.

È vero che abbiamo legami culturali con la Russia e un’identità talvolta un po’ divisa, ma il sistema di valori del popolo serbo è europeo, ed è profondamente radicato in noi. Basti ricordare che è quasi nulla l’emigrazione serba in Russia, chi deve emigrare per lavoro, studio o altri motivi sceglie sempre l’Occidente.

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Tutto ciò che stiamo facendo ora è legato al nostro essere europei, possiamo dire che implicitamente facciamo già parte dell’Unione europea. E se l’UE intraprendesse passi concreti e tangibili di supporto agli studenti e al popolo serbo, potrebbe rapidamente far cambiare idea a coloro che sono attualmente scettici o contrari all’adesione, persino a chi ora si definisce filo-russo.

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