Siamo tutti un po’ Cosimo, l’ostinato personaggio del romanzo ‘Il barone rampante’ che si ammutina contro l’ennesima pietanza a base di lumache e monta su un albero, determinato a non scendere.
Il padre urla: “Quando sarai stanco di star lì cambierai idea!” ma invano, il dodicenne resta saldo tra i rami del grande leccio. A miscelare inchiostro, inventiva e clorofilla per dar forma alla vicenda, ambientandola in una Liguria della seconda metà del Settecento, è un Italo Calvino poco più che trentenne.
Cavalchiamone lo spirito fantastico e rampante-rampicante che in quegli anni ’50 coltiva per la trilogia ‘I nostri antenati’, pronti a un tour tra soluzioni di ospitalità sospesa. Nella Tuscia viterbese La Piantata ha da tempo integrato agli alloggi ordinari due sistemazioni rustiche (è un agriturismo) però non spartane: Black Cabin e Suite Bleu.
Su una collina alle porte di Firenze, Casa Barthel propone una superpalafitta glam tra i pini, vetrate e patio con vista su prato e olivi: verde su verde, dall’alto e da dentro.
Scalando latitudine e altitudini, tra le quasi-Langhe cuneesi le gemelle diverse Quercia e Toulipier, eco-cabine del Giardino dei Semplici, consentono di entrare in contatto diretto con quelle specie arboree.
Rimanendo in Piemonte si potrebbe proseguire per Damanhur – con le dimore in cui i residenti della bizzarra (e controversa) comunità vivono – ma optiamo per il Monferrato, verso il tiglio dell’Aroma(n)tica treehouse (sic) nella tenuta Montegrande, prima di cambiare versante montano.
Al Sexten di Sesto – Alto Adige, l’Austria a cinque chilometri e le Tre Cime dall’altra (questa) parte – l’etichetta Tree House va interpretata: una soluzione moderna, hi-tech e ipercomfort, con un tronco all’interno a ricordare il contatto tra terra e cieli.
Restando in zona, si replica a soggetto ma con variazioni: il tree loft tra gli chalet del San Luis, la suite sull’albero di Irma (Merano), le casette-pigna di Malga Priu (Malborghetto), questi ultimi gusci di larice a sette metri da terra, altrettante capsule dentro cui Cosimo si sarebbe volentieri barricato.
Per chiudere in grandeur il My Arbor di Bressanone, miniastronave in foggia di hotel su tronchi: l’oversize di un soggiorno fuori scala ma a suo modo accogliente e down to – anzi, no – earth.
Ambientazioni simili ma dopo un balzo in Scandinavia, è lì che queste soluzioni – nel Dna di molti, prima dei trend impersonali e oltre le proposte standard – hanno fatto da linfa e apripista ad un profondo senso del vivere la natura: sostenibilità, esclusività, immersione.
Iniziamo con la Svezia del complesso forse più famoso di tutt’Europa: il Tree Hotel di Harads, quasi a cavallo del Circolo polare artico. Le otto cabine – eufemismo (le chiamano però così) – sono opere d’ingegno artistico-architettonico, installazioni abitabili da contemplare anche solo girandoci intorno o da sotto, tra i pini della contea di Norrbotten. E dentro: sospesi nello spazio e con poco sforzo anche nel tempo.
In Norvegia la parola d’ordine è hytta: un po’ chalet, un po’ bungalow, un po’ molto altro. Ma molto koselig, l’intraducibile termine norreno che si avvicina al cosy inglese: intimo e raccolto, soprattutto se alla giusta altezza dal suolo. Due posti speciali da appuntarsi, non lontani dalla capitale: le Tretopphytta del Vestre Kjærnes Gård di Grensen e quella con piattaforma-con-cupola di Rekkestad.
E la levigatissima Danimarca? Løvtag, nello Jutland. Design d’avanguardia, innovazione e natura in dialogo (con la firma di Sigurd Larsen) nei boschi Als Odde, a due passi dal mare tra Aalborg e Randers.
Il Regno Unito è costellato di strutture che potrebbero andar bene per questa rassegna, tuttavia più sovente tra gli alberi che sugli alberi e declinate nella vasta offerta di glamping & co. Difficile scegliere, quattro su tutte: Ravendere (Devon), Mallinson’s (Dorset), The Treehouse (Herefordshire), Caerlaverock in Scozia.
Nel Belgio fiammingo del Limburgo le tranendreef (lacrime), tende a forma di goccia appese ai platani lungo il viale che conduce al castello di Hex.
Il Robins Nest, tra Kassel e Göttingen, vanta un buon campionario di tree house – le più fedeli all’idea originaria di rifugi tra frasche e foglie – nella Germania da scoprire e riscoprire in modo diverso.
In Slovenia si è quasi sempre e ovunque dentro alla cartolina, l’oleografia verde – tenacemente più mild che wild – s’impone con naturalezza e non richiederebbe punti di vista dall’alto e ad hoc. Ovviamente non mancano, due tra i tanti: l’alpine village Slovenska vas del Ribno e il Garden village, entrambi a Bled.
In Spagna di alloggi sollevati ne sono spuntati parecchi negli ultimi anni, dalla Sierra de Madrid ai Paesi Baschi. Una delle opzioni migliori è dalle parti di Cáceres, in Extremadura: il nome della struttura è poco originale – Cabañas en los Árboles – ma promette quanto mantiene, con una discreta varietà di alloggi frondosi.
Nel Portogallo continentale del Trás-os-Montes la tree house di Pedras Salgadas: non sarà semplice decidere se rintanarsi lì dentro o esplorare una delle aree meno attraversate (ma più dense di culture e interessanti) del Paese. In quello oceanico invece una soluzione meno d’impatto (si tratta di chalet sopraelevati) ma da segnare: Quinta das Eiras, in un eco-park vicino alla capitale Funchal.
Nessuna panoramica è esaustiva, né completa e bisogna dunque tornare coi piedi per terra. Cosimo è invece ancora lassù, un motivo in più per condividerne prospettiva e slanci. Verso l’alto e verso sé, sorpresi e sospesi.
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