di Carlo Fusaro
1. Gli Stati Uniti – con l’eccezione della seconda guerra mondiale scatenata dalla Germania nazista assecondata dall’Italia di Benito Mussolini – sono sempre stati un paese amico ed alleato. Certo, ciò non ha mancato di condizionare l’Europa e a volte di interferire sulle scelte dei singoli paesi. Ma la coincidenza di interessi americani ed europei è stata genuina, la condivisione di valori (a partire dall’internazionalismo e dal multilateralismo) ampia e soprattutto il rispetto per le scelte interne e il modello di vita europeo (per tanti aspetti diverso da quello americano) pressoché assoluto.
2. Purtroppo mi pare si debba registrare ogni giorno (ogni giorno!) con più lampante evidenza che l’amministrazione USA guidata dal rieletto presidente Trump ha invece dichiarato guerra all’Europa. Trump vezzeggia i nemici e attacca gli alleati: lo fa lui, lo fanno i suoi ministri e i suoi segretari di stato con brutalità che fino a ieri era inusuale perfino fra storici avversari. Non credo di dover perdere tempo per snocciolare l’elenco che prescinde del tutto da alcune specifiche questioni sulle quali, se non ci fosse intollerabile (ripeto: intollerabile) arroganza, si potrebbe (e prima o poi si dovrà) anche discutere: a partire dalla questione delle spese per la difesa o da misure per favorire un qualche riequilibrio della bilancia commerciale (anche se, non facciamoci prendere in giro: quest’ultima va a vantaggio dell’Europa non – come per la Cina – perché lo Stato sostiene certe aziende, ma semplicemente per conseguenza del libero mercato, fino a ieri uno dei capisaldi anche ideali degli Stati Uniti). Se Trump è Trump, e il segretario alla difesa Hegseth brutale nei suoi diktat ma salvando alcune forme, il discorso del vicepresidente J. D. Vance nel giorno di San Valentino a Monaco va considerato un esempio impareggiabile di prepotenza imperialista.
3. Gli europei, a partire dai loro leader, devono smettere di far finta di non capire e di non vedere, sia pure a fin di bene. Questa amministrazione americana per sua scelta proclamata conosce solo il linguaggio della forza. Ogni esitazione e ogni incertezza nel rispondere e nel reagire è scambiata per manifestazione di debolezza. Rifacendoci al potente discorso di Sergio Mattarella a Marsiglia del 5 febbraio 2025 dobbiamo rispondere con serena fermezza: del resto sono in gioco niente di meno che la nostra autonomia, la nostra sicurezza e il nostro modello di società. E’ il momento in cui la parola “sovranità” deve essere usata in modo appropriato e al livello adeguato. Non la sovranità in miniatura dei sovranisti da strapazzo (la sovranità delle concessioni balneari in barba alle direttive UE), ma la sovranità dell’Unione Europea a difesa degli standard di vita dei suoi cittadini e della pace nel Continente (quella pace che la Russia di Putin, l’interlocutore privilegiato di Trump, da tre anni ha infranto a freddo nella conclamata e certificata violazione di tutte le norme del diritto internazionale).
4. Non è dunque tempo di Monaco (1938): né verso la Russia di Vladimir Putin né verso gli USA di Donald Trump. L’Unione Europea e i singoli stati membri, all’unisono insieme al Regno Unito (che si è già portato avanti, memore del suo Churchill e delle esperienze che portarono in poco mesi alla seconda guerra mondiale), e certamente anche insieme alla Norvegia, all’Islanda e persino alla neutrale Svizzera devono dire con chiarezza: primo, ci riarmiamo e ci impegniamo a far crescere progressivamente la fetta di PIL destinata alla difesa, ma lo facciamo nei tempi che scegliamo noi, compatibili con la non distruzione dello Stato sociale; secondo, sulle questioni di politica interna (dell’Unione e dei singoli Stati membri) non accettiamo interferenze (a partire dalla regolazione dei social media, dalla gestione delle elezioni e dalla regolazione del fenomeno migratorio); terzo, sosterremo fino in fondo l’Ucraina perché l’Ucraina è parte dell’Europa e perché se l’Ucraina viene sacrificata seguiranno inevitabilmente i Paesi Baltici, la Polonia e poi tutti gli altri noi; quarto, proprio per questo acceleriamo il processo di adesione dell’Ucraina all’UE e se possibile completiamolo a condizioni particolari; quinto, sappiano gli Stati Uniti che non riconosceremo alcun accordo sulla pace in Europa alla cui stesura non avremo sin dall’inizio partecipato e concorso (e con noi l’Ucraina); sesto, siamo pronti alla guerra delle tariffe se questo è quello che gli Stati Uniti vogliono. E’ un gravissimo errore che pagheremo tutti caro, ma nessuno pensi che non reagiremo con pari durezza.
5. Naturalmente una simile strategia non potrà trovare tutti d’accordo. Ci sono, in Europa e nei singoli paesi, partiti e leader che giocano a fare i rappresentanti degli USA di Trump o peggio della Russia di Putin (magari nella speranza di piccoli favori commerciali). Vorrà dire che si farà una coalizione di quelli che ci stanno. Per quanto carente di leadership il nostro continente possa apparire, ci sono molti che, come Mattarella, respingono la prospettiva di una sorta di “vassallaggio felice”: il nostro presidente non è solo, ci sono gli Starmer, i Merz, i Macron, i Tusk, gli Stubb, le Von der Leyen, le Kallas e così via.
6. Intanto, qui in Italia, attendiamo che si decida anche Meloni, il cui imbarazzo diventerà di giorno in giorno più evidente. Perché una cosa Meloni farà sempre più fatica a spiegare: come si possa rivendicare la sovranità nazionale e rendersi succubi delle imposizioni a freddo di una banda di bulli extracomunitari (né italiani né europei), arroganti e, da quel che sembra, anche parecchio ignoranti. Sarà dura, ma siamo con le spalle al muro: non c’è altra strada se non quella di finire come Don Abbondio.
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