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Conto e carta

difficile da pignorare

 


Parma, 10 febbraio 2025 – Confcooperative di Parma ha organizzato un dibattito sulla situazione economica e strutturale del comparto del Parmigiano Reggiano sul territorio parmense.

A fare gli onori da casa è la Presidente di Confcooperative di Parma Elisa Cugini, fresca di nomina regionale al vertice della Fedagri Pesca. “Nonostante la situazione di mercato sia positivo  – sottolinea Elisa Cugini – alcuni punti di negatività vanno osservati” e così sintetizzabili:.

    Conto e carta

    difficile da pignorare

     

  • Diminuzione degli allevamenti;
  • Il mercato della trasformazione è alla continua ricerca di latte da trasformare;
  • Un mercato altamente attrattivo

Non possiamo pertanto esimerci dal pensare al futuro delle nostre imprese cooperative. Spero che da questo incontro si apra una nuova stagione di riflessioni.”

L’amministrazione Comunale di Parma, era rappresentata dall’assessore alla sostenibilità ambientale, energetica ed alla mobilità, Gianluca Borghi il quale, ai saluti ha fatto seguire l’illustrazione delle iniziative del Comune connesse alla ecosostenibilità, tra valorizzazione dei reflui e l’Agenda Verde 25-27 “discussa con le organizzazioni, e che presto verrà adottata.

Alla convention è intervenuto anche il presidente regionale dell’organizzazione delle cooperative, Francesco Milza, che ha inteso richiamare l’attenzione sulla notevole importanza del comparto del Parmigiano Reggiano nell’economia regionale. “Il Parmigiano Reggiano rappresenta l’eccellenza del territorio ed è proprio nei momenti positivi che occorre pensare e ragionare sul futuro.”

A condurre i tanti presenti convenuti all’Hotel San Marco, al cuore del problema ci ha pensato Prof. Gabriele Canali – Professore di Economia agroalimentare presso l’Università Cattolica del S. Cuore e Presidente di Vsafe S.r.l. esponendo la ricerca, svolta con la collaborazione di Uniservice,  dal titolo “Caseifici Cooperativi: Dai Bilanci Alle Strategie. I risultati di un’analisi dei bilanci di un campione di caseifici del parmense“.

“Partiamo ad analizzare dalla sostenibilità economica ma verificando la coerenza con la sostenibilità sociale considerando anche l’impatto ambientale”.

Così avvia l’esposizione il professor Canali illustrando dapprima le Finalità e la Metodologia adottata e in seguito facendo emergere i punti di forza e di debolezza frutto dell’elaborazione dei dati riscontrati dai bilanci dei 20 caseifici, equamente distribuiti tra montagna e pianura.

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Alcuni dati:

59 anni è l’età media dei soci delle cooperative e oltre il 50% non ha un ricambio generazionale in famiglia.

Non va meglio tra i casari la cui età media è di 54 anni e anche in questa classe professionale non si riscontrano “eredi”, in seno familiare e nemmeno stanno formando dei “sotcaldera”.

Non va meglio nella struttura sociale che vede una media di 4 soci in pianura, di 10 in montagna e di 7 del campione.

Un dato relativamente positivo deriva dal numero medio di vacche in lattazione che conta a 109 come media di campione, 154 in pianura e 64 in montagna.

Un differenziale sensibile tra pianura e montagna si riscontra nella distanza chilometrica per ogni raccolta latte. Se in pianura sono 37 i Km. percorsi, la media del campione si allunga a 69,7 Km, dato influenzato dalla media di montagna che conta ben 98 km.

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La ricerca redatta dal Professor Canali e i suoi collaboratori, si è quindi estesa a analizzare la diversificazione delle produzioni e le modalità di vendita anche online, ha indagato anche sugli investimenti in energie rinnovabili.

L’ultima parte della ricerca è dedicata agli indicatori di efficienza. Dalle rese in formaggio e burro, al valore della produzione e alla situazione finanziaria, sino a individuare il Patrimonio Netto (PN) di ciascun Caseificio per concludere con gli indicatori di performance.

Infine il professor Canali si domanda se sia conveniente cooperare.

Vale assolutamente la pena di cooperare, paradossalmente anche per chi non è un cooperatore. Nessun in cooperativa ha preso meno dei colleghi che ha ceduto il latte all’industria. Ritengo – conclude Gabriele Canali che questo sia un lavoro di partenza che potrà avere un seguito nella estensione dell’utilizzazione degli indicatori di performance ai singoli caseifici”.

 Alla Tavola Rotonda che ha fatto seguito, dal titolo “LE SFIDE APERTE: QUALI POSSIBILI RISPOSTE?”  , moderato da Paolo Bono, Responsabile Confcooperative FedAgriPesca Emilia Romagna, hanno dato il loro contributo:

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  • Riccardo Deserti, Direttore del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano
  • Francesco Artioli, Consulente fiscale Uniservice
  • Gabriele Canali

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La prima domanda, Paolo Bono l’ha rivolta al direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano, chiedendo la sua valutazione dei dati di Parma rispetto ai dati comprensoriali.

“Quello che emerge dall’analisi degli ultimi 10 anni, vede Parma in posizione di fragilità rispetto ai dati comprensoriali:

  • +24% di produzione;
  • Cessione crediti fiscali

    procedure celeri

     

  • -20% di caseifici.

Mentre Parma ha registrato:

  • +14% di produzione;
  • – 15% i caseifici.”

Questo, secondo Deserti, si traduce in una perdita di quota da 80 a 100.000 quintali e un differenziale così ampio, riguardo alla produzione, significa che il sistema di Parma non ha partecipato alla crescita economica realizzata nel resto del comprensorio. “Nel mentre la parte privata è diventata la gamba portante del settore parmense, anche se la cooperazione ha ancora una grande importanza”- ha concluso Deserti.

Il confronto è quindi proseguito sulla questione problematica del ricambio generazionale e sul punto Canali dichiara che occorre lavorare sulla attrattività della cooperazione. “Bisogna pensare, sottolinea Canali, a come saremo fra 10 anni”.

Francesco Artioli, parte invece dalla considerazione che il modello societario della forma cooperativa garantisce solidità. Il problema sta nelle relazioni tra i soci accentrando quindi le azioni verso i soci e verso il mercato.

Un altro passaggio significativo offerto dal direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano riguarda il fattore rese in trasformazione. Se nel comprensorio i valori sono 8-10 a Parma si attestano a 7-8%, con grande differenza in valore economico a parità di qualità.

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Il confronto poi si estende alla questione del “Quote” e alla commercializzazione, con particola attenzione all’export.

Le conclusioni sono lasciate a Alessio Mammi, Assessore all’Agricoltura e agroalimentare, Caccia e Pesca, Rapporti con la Ue della Regione Emilia Romagna.

Il convegno di oggi è molto importante perché dimostra quanto la vostra filiera del Parmigiano Reggiano abbia raggiunto un elevato tasso di maturità. Avete analizzato i punti di debolezza al fine di individuarne le risposte a dimostrazione che la vostra è una filiera coesa e che è capace di guardare avanti”. 

L’assessore, dopo un excursus sulle principali problematiche come ad esempio le questioni demografiche e i costi energetici,  ha confermato sulla necessità di proseguire la lotta all’Italian Sounding, di investire sulla formazione professionale che nei prossimi anni disporrà di 500 milioni e  infine,  che molti finanziamenti saranno destinati alle imprese agricole che vorranno investire sull’esportazione.

Quello che avete fatto, conclude Mammì, è stato straordinario perché realizzato in un quinquennio particolarmente difficile, dalla pandemia alle guerre per passare attraverso la crisi energetica”.

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