Piantedosi non scioglie il comune di Bari dopo le inchieste per mafia

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Nessun provvedimento drastico è stato discusso in consiglio dei ministri. Il dem Decaro tira un sospiro di sollievo, l’azzurro D’Attis chiede l’audizione in Antimafia del ministro dell’Interno. Arriva però una scossetta mentre Elly è in città: altre due municipalizzate commissariate nella città simbolo del Pd


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Il Comune di Bari, amministrazione simbolo del buon governo del Pd nei municipi – con la connessa icona-pop di Antonio Decaro – non sarà sciolto per infiltrazioni mafiose ma su Palazzo di Città arriverà ugualmente una scossetta, la cui entità nella scala Richter si potrà rilevare solo nelle prossime settimane. Questo è quanto emerge a margine dell’ultimo Consiglio dei ministri nel quale Matteo Piantedosi non ha portato nessun drastico provvedimento che riguardava la città di San Nicola, riservandosi di procedere con altre sanzioni, ugualmente pesanti: da fonti vicine a chi segue il dossier al Viminale emerge che saranno commissariate altre due società ex municipalizzate (oltre l’Amtab su cui è intervenuto già la magistratura), mentre molti dipendenti pubblici, che risultano negli atti della commissione d’inchiesta ministeriale, saranno oggetto di pesanti sanzioni.

 

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La notizia da Roma è arrivata in città mentre Elly Schlein terminava il suo comizio alla Fiera del Levante, davanti alla nomenclatura dem, e al sindaco Vito Leccese, personalità ecologista dal forte stampo etico, che rivendicava di voler proseguire sulla via dell’antimafia sociale, mentre Antonio Decaro sul palco preparava il suo ritorno da Bruxelles a Bari per succedere alla Regione all’emiro Michele Emiliano: “Sappiano i miei hater che anche dalle riunioni Ue lavoro per il sud, per la Puglia e Bari…”. Ecco, questa eterna contesa su mafia, malaffare e politica nella stagione progressista nel capoluogo pugliese, potrebbe diventare il leitmotiv della prossima campagna elettorale per le regionali.

 

I vari protagonisti della vicenda nella serata hanno preferito riflettere sugli sviluppi in divenire e così solo quasi 18 ore dopo hanno proferito commenti misurati, che potrebbero per l’eterogenesi dei fini innescare una nuova guerra che ribalterebbe gli schemi nazionali, dove la destra indossa i panni del giustizialismo e la sinistra quelli della più compassata retorica garantista.

 

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Decaro, intanto, è sembrato tirare un minimo sospiro di sollievo: “Il Comune di Bari non è stato sciolto. Che non ci fossero i presupposti per lo scioglimento l’abbiamo sempre saputo. Eppure abbiamo subito un linciaggio mediatico indecente. Non parlo di me. Ma Bari e i baresi non meritavano di essere scaraventati su giornali, le tv, i social e persino sui cartelloni in città, accostati alla parola mafia”. L’ex leader dei sindaci italiani poi si toglie un sassolino sui social, in un quadro che però resta complesso (bisognerà leggere a fondo i prossimi provvedimenti di Piantedosi): “Non canto vittoria. Questa storia, da qualsiasi angolazione la si guardi, è stata una sconfitta. E provo anzi un dispiacere profondo perché mio malgrado, di questa sconfitta, sono stato la causa. Forse è per battere me alle elezioni, infatti, che qualcuno aveva deciso di sacrificare il nome della nostra città. Intendiamoci a Bari la mafia esiste. Io non ho mai avuto paura di dirlo. Perché io non ho mai avuto paura di sfidarla, la mafia, a viso aperto e a testa alta. E se non è stato abbastanza chiedo scusa ai baresi”. E conclude così: “È per loro che oggi, dopo un anno di accuse strumentali, posso tornare a respirare. È anche uscito il sole. È una bella giornata, Bari”. Il sindaco Leccese si presenta più ottimista: “Questo è un giorno di riscatto”.

 

Sul fronte opposto è il vicepresidente della commissione Antimafia, Mauro D’Attis, forzista scuola Mimmo Mennitti, ad attaccare:”Dal mancato scioglimento del comune di Bari trapelano elementi di interesse dell’Antimafia: chiederò l’audizione in commissione del ministro dell’Interno Piantedosi. E’ un passaggio imprescindibile perché la notizia del commissariamento di tre delle quattro aziende municipalizzate è un campanello d’allarme serissimo”. Anche il capogruppo azzurro al Senato, in città per un evento in ricordo del suo maestro Giuseppe Tatarella non è da meno e parla di “un’ombra inquietante sulla gestione delle amministrazioni locali che si sono succedute a Bari, al Comune, negli ultimi anni”.

 

Il mancato commissariamento, in conclusione, si configura come una nuova tappa della contrapposizione tra centrodestra e centrosinistra, con al centro una città inevitabilmente mascariata dalla sconfortante zona grigia tra clan e istituzioni che emerge dagli atti giudiziari e del Viminale.





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