Il caso Acciaierie d’Italia sul tavolo del Ministero del Lavoro

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Il ministero del Lavoro ha convocato i sindacati per un incontro per l’esame congiunto sulla cassa integrazione straordinaria per Acciaierie d’Italia.

Il vertice è in programma il 18 febbraio: oltre ai rappresentanti dei sindacati Fim, Fiom, Uilm, Uglm e Usb, saranno presenti anche le Regioni Puglia, Veneto, Piemonte, Liguria e Lombardia, i rappresentanti del ministero delle Imprese e del Made in Italy e Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria. Come noto, l’azienda ha inviato l’istanza per richiedere un altro anno di cigs per oltre 3.000 lavoratori – la maggior parte a Taranto – così come previsto da una delle norme contenute in manovra, che dà la possibilità di prorogare l’utilizzo dell’ammortizzatore sociale per tutto il 2025 alle imprese di interesse strategico nazionale con più di mille lavoratori.

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Questo, mentre i giorni scorsi sono stati caratterizzati dalle audizioni in Commissione Industria del Senato sul decreto legge 3/2025. Significativa quella del commissario Giancarlo Quaranta, il quale ha rivendicato come la società preveda di stabilizzare la produzione tra 3,6 e 4 milioni di tonnellate nel 2025, consolidando una ripresa già avviata. «Con l’intervento sugli impianti e l’aumento dei livelli produttivi siamo riusciti a recuperare il 95% dei clienti storici di Ilva, e per i prossimi tre mesi abbiamo un portafoglio ordini di 740.000 tonnellate ad un prezzo medio di 638 euro per tonnellata. Poi ci sono i contratti indicizzati di un milione di tonnellate da qui a fine anno per un valore stimato di 650 milioni. Abbiamo riassorbito tutti i ritardi accumulati incidendo sulla qualità del prodotto e aumentando l’affidabilità della società» ha voluto sottolineare Quaranta. «Nello stabilimento di Taranto, da cui dipendono gli altri siti, la produzione nel bimestre era di 280.000 tonnellate, ovvero 4.000 tonnellate al giorno, e c’era un solo altoforno in marcia. Una situazione critica anche in relazione al numero di giorni di autonomia delle materie prime, appena quattro, per cui poi avremmo dovuto procedere alla fermata dell’unico altoforno in marcia. Abbiamo portato i livelli produttivi – ha aggiunto – a circa 5.000 tonnellate al giorno, procedendo con le attività necessarie per l’avvio del secondo altoforno e altri impianti. In tal modo è stato possibile arrivare a 9.000 tonnellate al giorno di ghisa che corrispondono a 9500 tonnellate di acciaio».

Confindustria Taranto ha rimarcato come «nonostante l’indiscutibile impegno e professionalità della Struttura Commissariale, negli ultimi mesi si sono manifestate tensioni finanziarie e una crisi di liquidità. Ciò è dovuto a diversi fattori esogeni, tra cui la situazione in cui versano gli impianti che di fatto non possono ancora produrre quanto necessario per garantire la piena copertura dei costi e la proroga – necessaria – dei tempi inizialmente previsti per la chiusura della procedura di cessione».  Il presidente di Confapi Taranto Fabio Greco ha esposto la situazione contingente delle imprese dell’indotto aderenti alla confederazione ed ha esposto alcune proposte per tentare di superare l’attuale fase di criticità. Per quel che riguarda nello specifico il decreto legge che stanzia misure urgenti per la continuità produttiva, Confapi ritiene la situazione talmente grave da non consentire ulteriori dilazioni nel tempo e giudica positivamente l’ulteriore stanziamento per garantire la continuità aziendale, anche se le risorse sono, per il momento, sottratte ad altre finalità. «È  però necessario – ha ribadito Greco – non farsi distrarre dal progetto principe, ossia rendere lo stabilimento ecosostenibile, portando a termine le prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, e continuando a svolgere tutte le manutenzioni opportune che rendono gli impianti sicuri e operativi al fine dell’aumento di produzione». Soddisfazione per l’ampliamento della dotazione finanziaria destinata ad assicurare la continuità produttiva e occupazionale degli impianti ex Ilva ma grave preoccupazione per il futuro molto incerto dell’acciaieria e di conseguenza dei lavoratori, dell’indotto e dell’intera economia di Taranto è stata espressa da CNA, Confartigianato e Casartigiani.

In una nota invece Giustizia per Taranto critica l’ultimo decreto varato dal governo: «La valutazione del danno sanitario viene affidata agli stessi gestori dello stabilimento ex Ilva: in pratica, chi dovrebbe essere controllato diventa controllore. Cosa prevede il decreto? La Vds dovrà essere aggiornata ogni 10 anni sulla base delle nuove conoscenze scientifiche, partendo dall’aggiornamento di un vecchio decreto del 2013. Ogni volta che l’Ilva chiederà il rinnovo dell’autorizzazione ambientale dovrà presentare un rapporto sul danno sanitario. Chi farà questa valutazione? L’azienda stessa. L’Istituto Superiore di Sanità potrà controllare i dati, ma avrà solo 30 giorni per esprimere un parere, senza veri poteri decisionali perché quando ci saranno delle segnalazioni da fare, non potrà  ricontrollarle successivamente».  





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