Un assessore sull’otto volante – Buttanissima Sicilia

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La Faraoni deve fronteggiare i problemi di governance e le solite emergenze. Il dramma dei Pronto soccorso

La nomina di Alessandro Mazzara a Commissario straordinario dell’azienda Villa Sofia-Cervello (in attesa del parere della commissione Affari istituzionali dell’Ars, che lo “incoronerà” Direttore generale) risolve il primo rebus del nuovo assessore alla Salute, Daniela Faraoni, alla quale però resta in mano più di una patata bollente. Sia a livello di governance, giacché è sospeso il giudizio su Iacolino e sulla (eventuale) successione al Dipartimento della Pianificazione strategica, che sotto il profilo delle emergenze. Innumerevoli.

A Villa Sofia, dove il management era stato pressoché azzerato in seguito alle dimissioni del Dg Colletti e del Direttore sanitario Rizzo, provocate dalla denuncia di un caso di malasanità (un paziente era morto dopo aver atteso venti giorni un intervento in Ortopedia) e dal confronto schietto e deciso con Schifani, arriverà l’ex Direttore amministrativo dell’Asp di Enna, dove qualcuno dovrò prendere il suo posto. Ma questo è niente… Per Faraoni la vera sfida è trovare un degno successore di se stessa all’Asp di Palermo, dove le funzioni del Direttore generale per il momento sono state assorbite dal Direttore sanitario, Antonino Levita. L’altra poltrona vacante è quella di Direttore sanitario di Villa Sofia: Rizzo si era dimesso a seguito delle ispezioni che avevano messo in luce alcune responsabilità di natura gestionale (ma anche per evitare la gogna mediatica che gli era stata rifilata dopo la morte del 76enne).

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Il risiko andrà componendosi col passare delle ore ed è legato in maniera indissolubile al futuro di Salvatore Iacolino – per Forza Italia è una sorta di contrappeso rispetto alle simpatie leghiste della Faraoni – il cui contratto in assessorato scade a maggio. Per quella data molte cose, nella sanità siciliana, dovranno essere più chiare. In primis la questione ‘Piano di rientro’. Anche il ministro meloniano Schillaci, interpellato sulla questione alla Camera, ha illustrato la possibilità per le Regioni di andare in deroga, così da contribuire per la propria parte al taglio dei rimborsi sulle prestazioni erogate in convenzione col Sistema sanitario nazionale dai privati convenzionati. Ma ci si assumerà davvero l’onere di mettere a punto una trattativa con Roma? La stessa Faraoni ha giudicato questa emergenza non differibile, ma serve che qualcuno se ne faccia materialmente carico e metta nero su bianco un accordo con Roma per capire i margini di sforamento. E per quanto tempo (un anno?).

La sospensiva al Tar è stata superata dall’ultima Camera di consiglio e solo due ricorsi (su quattro) restano in vita. Significa che il nuovo nomenclatore, a meno di clamorosi risvolti amministrativi, quello è e quello resta. Alle regioni in piano di rientro toccherà sopperire in qualche modo per evitare che laboratori d’analisi o ambulatori specialistici chiudano bottega. In alternativa c’è il licenziamento di circa 10 mila operatori del settore (solo in Sicilia). O la mancata erogazioni delle prestazioni sottocosto, con il rischio di revoca dell’accreditamento.

La sanità, nell’Isola, continua a risentire degli sprechi post Covid. Li ha messi nero su bianco il Giornale di Sicilia, che ha evidenziato peraltro come dei 75 cantieri di edilizia ospedaliera – per la creazione di 571 posti letto di terapia intensiva e sub-intensiva (o per l’ampliamento dei Pronto soccorso), solo il 60% sia giunto a conclusione. Il restante 40% dovrà essere completato entro la primavera del 2026, in linea con gli interventi destinati alla medicina di prossimità – Case e ospedali di comunità e C.O.T. (Centrali operative territoriali) – finanziati dal PNRR. Costo totale dell’operazione, tenendo conto dell’aumento dei materiali: 307 milioni di euro. Il guaio, che nessuno ha voglia di ribadire fino in fondo, è che i reparti, così come i nuovi presidi territoriali, rischiano di diventare una cattedrale nel deserto. Perché in Sicilia fondamentalmente mancano i medici. Non solo quelli che lavorano negli ospedali, che sono già pochissimi; ma anche quelli che garantiscono la continuità assistenziale nel territorio. Non se ne trovano.

Per la Cgil, mancano 18 mila tra medici, infermieri, operatori sociosanitari e amministrativi. Soltanto gli infermieri sarebbero 3.500 in meno (secondo il Nursind), ma anche i camici bianchi sono in sofferenza (servirebbero 1.500 unità). I concorsi, specie negli ospedali di periferia, vanno deserti. L’unica alternativa è rappresentata dai contratti libero-professionali (per lo più sono coinvolti i medici in quiescenza) o dai “gettonisti”, che alle aziende costano un occhio della testa. Finché non si riuscirà a invertire il trend e diventare attrattivi per i giovani specializzati – in tutte le branche: dall’Ortopedia alla Rianimazione, passando per l’emergenza/urgenza – qualsiasi altro sforzo rischia di essere vanificato. Compreso quello operato dal governo per rimodulare la rete ospedaliera, con l’accorpamento di reparti doppioni fra ospedali vicini.

Un’altra situazione drammatica, contenuta in un dossier che l’assessore Faraoni ha già potuto visionare, è la situazione all’interno dei Pronto soccorso. Qualche mese fa la Regione ha istituito una commissione ispettiva per fare il punto sui reparti d’emergenza e urgenza, da sempre oggetto di sovraffollamento. Per il momento, come rivelato da Repubblica, i fari sono puntati su quelli dell’ospedale di Agrigento, di Milazzo e del “Cervello” di Palermo, che è ritenuto carente nelle dimensioni rispetto al numero di accessi. Ma uno dei fenomeni rivelato dagli addetti ai lavori è quello del “boarding”, cioè della permanenza al Pronto soccorso per l’assenza di posti letto nei reparti di degenza. I pazienti si ritrovano per giorni stipati in barella nei corridoi o -se va meglio- nelle aree di osservazione breve. In condizioni, talvolta, disumane. Rischiando la morte.

Ed è proprio sull’attivazione di 2 mila posti letto -per il momento spariti da qualsiasi mappatura, nonostante risultino nella rete ospedaliera- che è tornata a battere qualche giorno fa l’assessore Faraoni, a margine di un convegno a Palermo: “Non risolverò mai le problematiche dei pronto soccorso – ha detto la nuova inquilina di Piazza Ziino – se prima non risolvo le questioni attinenti alla piena attivazione dei posti letto, che si trovano all’interno di ogni ospedale, e la correlata attività sul territorio, che possa comportare un ricorso all’ospedale solo quando ciò sia effettivamente necessario”. Già, ma con l’attivazione dei posti letto e l’apertura di Case e ospedali di comunità, una domanda tornerà attuale: quali medici se ne occupano, dato che non se ne trovano?





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