OZIERI – “IL PASTORE PERCOSSO PARLA AL SUO GREGGE”

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OZIERI > Il 9 aprile si aprirà il processo che vede il Vescovo di Ozieri, Corrado Melis, Antonino Becciu e altri 7 imputati chiamati a a rispondere dell’accusa, tutta da provare, di peculato e riciclaggio di circa 2 milioni di euro dei fondi dell’8 per mille destinati alla diocesi.

 

Lo ha deciso il Gup del tribunale di Sassari, Sergio De Luca, accogliendo la richiesta del Pm Gianni Caria.

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Sei imputati, Tonino Becciu, il Vescovo Corrado Melis, il direttore della Caritas don Mario Curzu, il parroco di San Nicola ed economo della diocesi, don Francesco Ledda, Giovanna Pani e Maria Luisa Zambrano, sono accusati di peculato e riciclaggio.

Agli altri tre, il parroco di San Francesco, don Roberto Arcadu, Franco Demontis e Luca Saba, sono contestati i reati di false dichiarazione al pm e favoreggiamento.

 

Ieri il Prelato di Ozieri ha diffuso una lettera che di seguito riportiamo integralmente.

 

“Cari sacerdoti, diaconi, religiose, seminaristi, fratelli e sorelle in Cristo.

 

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Stiamo vivendo certamente una delle pagine più sofferte e delicate della storia della nostra Chiesa diocesana. Sono giorni di prova, di interrogativi, di dolore per chi ama questa comunità e vi ha dedicato la propria vita. Come per Gesù, la mia preghiera non dubita dell’amore di Dio. Anche io lo chiamo e lo sento ora più che mai “Padre”. In quella notte del Getsemani, anzi, nella grande solitudine di quella notte, l’unica cosa certa di Gesù è l’amore del Padre: «Padre, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà» (cf. Lc 22,42).

 

Queste poche e povere righe non vogliono essere una difesa della mia persona. Ma sento una incombente priorità: quella di prendermi a cuore il popolo che mi è stato affidato e di cui devo rendere conto al Pastore supremo. Mi interessa custodire la storia di fede di ciascuno di voi che leggete, come anche quella di chi sente il peso lecito del dubbio, delle contraddizioni e dello scandalo.

 

Proprio per questo, per prima cosa, voglio confermare l’estraneità delle accuse e con forza l’impegno della diocesi a favore dei poveri e contro ogni forma di indigenza, ingiustizia e disagio materiale e spirituale. Tante nostre scelte possono essere messe in dubbio, ma su questa priorità non siamo disposti a cedere di un centimetro. E proprio adesso mi sento rassicurato dai volti di tante persone incontrate e servite con amore in questi anni, oltre che dalla mia storia di fede e dalla vicinanza affettuosa di tanti amici del popolo di Dio. Solo così so di poter affrontare ulteriori fatiche che si fanno sempre più umilianti.

 

Ora, da cittadino e uomo di fede, non riesco a tacere il dolore per l’ingiustizia, reso ancora più forte dalla percezione che nel mondo dei tribunali, delle indagini e dei processi (ambienti a me completamente sconosciuti) ci sia qualcuno che ha il potere di rendere impossibile la vita. Questo atteggiamento è causa di grande amarezza per la vita mia e di molti altri coinvolti.

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Eppure, anche in quest’ora, la cosa più bella, più vera, più umana che ciascuno di noi può incontrare è la parola di Gesù. Il Vangelo ci fa rientrare in noi stessi e ci fa sostare tra le prime file davanti alla croce di Gesù. Guardando il Crocifisso emerge una certezza per me: chi ha con sé la parola di Gesù non diventerà mai disumano fino a provare odio per chi accusa, aggredisce e mette alla gogna mediatica la dignità umana. Quel libro della Parola che il giorno della mia consacrazione a Vescovo di Ozieri è diventata il tetto sotto cui costruire la casa dei figli e ripararli dalle intemperie sveglia ogni giorno la mia vita dalla follia dell’odio e fa ritrovare me stesso come uomo vigile e innamorato della vita, degli uomini e di Dio.

 

Adesso, illuminato dal Vangelo, mi preme comunicarvi questa inquietudine. Mi vengono allo spirito i timori che ebbe Gesù proprio nella sua Ultima Notte: «questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: “Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge”» (Mt 26,31). Questa citazione del profeta Zaccaria è per me motivo di grande preghiera. No. Amici miei! Col cuore in mano vi scongiuro: non cediamo alle lusinghe di chi opera la dispersione, la disunione e la confusione. Io credo che quell’Ultima Notte, Gesù nell’Orto degli Ulivi pregasse anche per me e per la Chiesa di Ozieri!

 

Per tutti questo deve essere il tempo della preghiera, «per non entrare nella tentazione» (Mt 26,41), la tentazione dell’assopimento, della stanchezza e della paura, cioè delle soluzioni più superficiali, delle facili condanne e della disperazione. Proprio come accadde nei primi secoli della Chiesa: chi ha salvato gli amici di Gesù dalla distruzione totale? Non certo le armi o le sofisticate argomentazioni nei tribunali, ma la preghiera perseverante e unanime: «erano perseveranti e concordi nella preghiera» (At 1,14), letteralmente: «avevano le mani strette gli uni agli altri e i loro cuori pregavano battendo all’unisono». Di fronte alla minaccia della dispersione e della discordia, mi sento di ringraziare chi mi tende la mano ogni giorno e la tiene ben stretta. E ringraziare in maniera speciale chi in questa diocesi tiene le mani ben strette a chi è facile preda della disperazione e rischia la dispersione. Ringrazio perciò sacerdoti e laici amici infaticabili del Vangelo.

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Questo, infine, vi chiedo con umiltà: non scoraggiamoci. Non disperdiamo nulla del buon pascolo che il Signore dona a questa preziosa e brillante porzione di Chiesa e non sprechiamo neanche una briciola di questo momento di fatica e di ogni nostra ferita.

 

Siamo nelle mani del Bel Pastore. Gli stiamo veramente a cuore: a me non sembra poco!

 

Dio benedica ogni vostro passo di vita, di fede e di amore.”

 

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