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Su LinkedIn, il social network di proprietà Microsoft dedicato ai professionisti aziendali, l’intelligenza artificiale è ormai protagonista. Tra le novità più rilevanti spicca l’integrazione di strumenti di scrittura basati sull’AI, accessibili agli abbonati LinkedIn Premium. Questi strumenti consentono di “riscrivere” post, ottimizzare i profili personali e perfezionare perfino i messaggi diretti. Una rivoluzione per quando riguarda il personal branding e la comunicazione professionale.
L’impatto dell’AI sui post Linkedin
Secondo una recente analisi condivisa in esclusiva con Wired dalla startup Originality AI, il 54% dei post più lunghi in lingua inglese su LinkedIn potrebbe essere generato da software di intelligenza artificiale generativa. Una percentuale significativa, che suggerisce come l’AI stia ridefinendo i canoni della scrittura professionale.
Originality ha analizzato un campione di 8.795 post pubblici di LinkedIn lunghi più di 100 parole, pubblicati da gennaio 2018 a ottobre 2024. Per i primi anni, l’uso di strumenti di scrittura basati sull’intelligenza artificiale su LinkedIn è stato trascurabile. Un aumento importante si è poi verificato all’inizio del 2023. “L’aumento si è verificato quando è uscito ChatGPT” afferma Jon Gillham il CEO di Originality. A quel punto, la start up con sede a Collingwood, in Ontario, ha scoperto che il numero di probabili post generati dall’intelligenza artificiale era aumentato del 189 percento e da allora si è stabilizzato.
Attenzione però a definire, in maniera semplice, LinkedIn un social network dedicato solo ai professionisti.
LinkedIn, non solo professionisti: l’entusiasmo della GenZ
Tra i fans della piattaforma ci sono gli adolescenti, alcuni dei quali non hanno ancora raggiunto l’ età minima di 16 anni per iscriversi, che affermano che LinkedIn è il loro social network preferito, il loro posto felice nell’ecosistema social. Da tutti gli Stati Uniti e da ogni estrazione socioeconomica, questi ragazzi descrivono la piattaforma come una zona franca dall’ironia che imperversa su tutti i social, un rifugio dalle invettive e dall’odio o dal black humor, dalle trappole e dalla FOMO, (Fear of Missing Out) una forma di paura e ansia sociale di essere esclusi da esperienze ed eventi, caratteristica di altri social network.
Come spiegato da Anya Kamenetz, scrittrice che si occupa di genitorialità, a The Cut, il magazine femminile di New York, sono tanti gli studenti dell’ultimo anno di liceo, in USA, che pensano che sia onestamente più sano celebrare il successo professionale o accademico delle persone su LinkedIn che postare su Facebook.
L’entusiasmo della Gen Z potrebbe essere parte del motivo per cui, mentre Facebook sta invecchiando e X sta implodendo, LinkedIn sta crescendo. “La Gen Z è una delle fasce demografiche in più rapida crescita su LinkedIn”, conferma Andrew McCaskill dal 2020 in LinkedIn.
Se già cinque anni fa il guru del marketing Seth Godin, intervistato su il Sole24Ore, invitava i brand a scendere dalla giostra dei social network e oggi molte aziende e i loro brand stanno valutando l’uscita o la razionalizzazione della loro presenza sui media sociali LinkedIn rappresenta un’eccezione verso la quale conviene ancora investire.
Il successo dell’impersonalità su LinkedIn
Se, come affermato dalla ricerca, i post più lunghi ed elaborati, cioè quelli che hanno maggior chance di diventar virali, sono generati dall’intelligenza artificiale e LinkedIn stesso mette a disposizione dei suoi utenti Premium (cioè quelli che pagano un abbonamento) l’accesso alla sua suite di prodotti di scrittura AI qual è l’impatto di questo cambiamento su un social che richiede una comunicazione più impersonale e formalizzata rispetto ad altre piattaforme?
Gli strumenti di scrittura AI aiutano gli utenti a raggiungere questa perfezione formale, riscrivendo contenuti per renderli più persuasivi e allineati agli standard aziendali.
A differenza di altri social, dove la spontaneità e l’autenticità premiano, LinkedIn premia l’impersonalità. Qui, i contenuti sono spesso concepiti per essere didattici, ispirazionali o strettamente orientati al business. In questo contesto, l’AI trova terreno fertile: la sua capacità di produrre testi chiari, sintetici e aderenti a uno stile standard è un punto di forza.
Sono già noti ai più strumenti come Wisereply e Taplio, generatori di commenti e post LinkedIn basati sull’intelligenza artificiale per aiutare chi è orientato a far carriera o alla ricerca di un’occasione di lavoro a sfornare contenuti per stupire recruiter, capi o potenziali clienti. Invece di sprecare tempo a cercare il contenuto più efficace e il tono giusto, ora ci vogliono pochi secondi per un contenuto generato algoritmicamente.
I rischi di un’eccessiva omologazione
Tuttavia, questa uniformità stilistica solleva dubbi. Se tutti iniziano a utilizzare l’AI per generare post, ottimizzare profili e messaggi, il rischio è un’eccessiva omologazione. Il feed di LinkedIn potrebbe trasformarsi in un flusso indistinguibile di contenuti generati da AI, rendendo difficile emergere o riconoscere l’autenticità dei contributi personali.
LinkedIn afferma di non tenere traccia di quanti post sul sito sono scritti o modificati con strumenti di intelligenza artificiale.
“Abbiamo delle solide difese in atto per identificare contenuti duplicati di bassa qualità. Quando rileviamo tali contenuti, agiamo per garantire che non vengano promossi”, afferma Adam Walkiewicz, responsabile “feed relevance” di LinkedIn. “Consideriamo l’intelligenza artificiale uno strumento che può aiutare nella revisione di una bozza o per superare il problema della pagina vuota, ma ciò che conta sono i pensieri e le idee originali che i nostri membri condividono”.
I dubbi dei marketer: autenticà o omologazione?
Per i marketer, la diffusione dell’AI su LinkedIn rappresenta un dilemma. Da un lato, gli strumenti generativi offrono una soluzione rapida ed efficace per produrre contenuti, ma attenzione alla qualità. La content writer Adetayo Sogbesan affermato a Wired: “Il chatbot mi aiuta a risparmiare un sacco di tempo, ma c’è molto editing da fare dopo”.
Dall’altro lato, c’è il rischio che l’uso massiccio dell’AI riduca la varietà e l’originalità dei messaggi.
In un ecosistema professionale dove il branding personale è cruciale, l’autenticità potrebbe diventare un elemento distintivo raro e prezioso. Ma come si può preservare questa autenticità?
“C’è sicuramente molta antipatia per i contenuti palesemente scritti dall’intelligenza artificiale”, afferma Rakan Brahedni, scrittore e fondatore di una società di consulenza tecnologica con sede a Dubai, che aggiunge: “Non ho problemi con l’uso dell’intelligenza artificiale per espandere un’idea o aiutare a strutturare o riscrivere i pensieri in un modo più interessante o leggibile. È un ottimo stimolatore della produttività. Ma il punto in cui traccio la linea è quando i contenuti generati dall’intelligenza artificiale diventano un sostituto del pensiero di una persona. Credo anche che la trasparenza sia importante”.
Gianluca Diegoli, uno dei più conosciuti esperti in marketing digitale in Italia, ha visto un “suo” post su LinkedIn generato al 100% dall’AI (con tanto di disclaimer) diventare il suo post con più successo del 2024 con oltre 25.000 visualizzazioni.
Per Kate Knibbs, giornalista di Wired che si occupa del lato umano del boom dell’intelligenza artificiale generativa e di come le nuove tecnologie modellano le industrie delle arti, dell’intrattenimento e dei media, l’artificialità è ciò che tutti si aspettano su LinkedIn. Nessuno si collega aspettandosi profondità, sincerità o ilarità.
Forse, il segreto sta nel trovare un equilibrio: utilizzare l’AI come supporto, senza rinunciare alla creatività e al tocco personale che solo un essere umano può garantire.
Uno sguardo al futuro
La crescente adozione dell’intelligenza artificiale su LinkedIn ci pone di fronte a una domanda cruciale: la standardizzazione dei contenuti professionali è un vantaggio o un limite? Se da un lato è vero che l’AI può migliorare la coerenza e, in alcuni casi, addirittura la qualità dei messaggi, dall’altro il rischio di appiattire le interazioni è concreto.
LinkedIn resterà la piattaforma dove l’impersonalità funziona meglio, ma sarà compito dei professionisti trovare il modo di distinguersi in un contesto sempre più omogeneo. E forse, proprio in questa sfida, risiede la nuova frontiera del marketing professionale: integrare l’efficienza dell’AI con l’unicità delle idee umane.
Cosa cambia per il personal branding
Quanto emerso dalla ricerca di Originality AI spiega come siamo davanti alla ridefinizione del modo di comunicare e costruire il personal branding, trasformando LinkedIn, potenzialmente, in un ecosistema unico nel panorama dei social network. A differenza di altre piattaforme dominate da spontaneità e dove l’ autenticità rappresenta un plus, LinkedIn premia la formalità e l’impersonalità, elementi che trovano nella standardizzazione dell’AI un terreno particolarmente fertile.
L’introduzione di strumenti di scrittura generativa, accessibili agli utenti Premium, rappresenta una svolta: post, profili e messaggi possono essere ottimizzati in pochi secondi, aumentando la produttività e garantendo standard elevati di qualità. Tuttavia, il rischio di un feed omogeneo e indistinguibile, dove l’autenticità personale si perde tra i contenuti generati algoritmicamente, non può essere ignorato.
LinkedIn e AI un nuovo equilibrio?
Eppure, proprio in questa evoluzione, LinkedIn e l’AI potrebbero creare un nuovo equilibrio. La piattaforma, con il suo focus su comunicazione professionale e successo accademico, si distingue dagli altri social per l’assenza di conflitti e superficialità, diventando un rifugio per chi cerca un’interazione basata su aspirazioni e traguardi, dove il network è più importante del contenuto stesso. Se i giovani della Gen Z vedono in LinkedIn un “posto felice” per celebrare il successo senza ansie sociali, è anche grazie alla capacità dell’AI di semplificare l’accesso a una comunicazione impeccabile?
Tuttavia, affinché questa trasformazione sia sostenibile, sarà necessario mantenere un focus sull’unicità dei contributi umani. Solo integrando l’efficienza dell’AI con idee autentiche e personali, LinkedIn potrà continuare a crescere come piattaforma di riferimento per il networking e il branding professionale in un panorama social in continua evoluzione.
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