Sono sei milioni gli italiani residenti all’estero, una cifra che sale a 80 milioni comprendendo anche oriundi e discendenti e addirittura a 260 milioni se si include nel totale il numero degli affini con legami parentali, di quanti parlano la nostra lingua o comunque si sentano particolarmente vicini alla nostra cultura, anche per motivi di lavoro.
Si tratta di una realtà che fa dell’Italia un caso pressoché unico al mondo e che ha visto – non a caso – il 2024 quale “Anno delle radici italiane”, grazie ad un’iniziativa specifica del Ministero degli Esteri, con tanto di progetto inserito nel PNRR.
Rispetto ai più tradizionali canali turistici nel “turismo delle radici” chi torna verso il Paese di provenienza della propria famiglia lo fa spinto da un grande interesse culturale e storico e dalla voglia di riappropriarsi delle tradizioni di un territorio, fino a diventarne “Ambasciatore nel mondo”.
La sua ricerca riguarda luoghi, lingua, cucina, persone… ma è soprattutto la voglia di sentirsi parte di una storia e di un territorio. Chi arriva in Italia con questo obiettivo, desidera portarsi a casa esperienze positive e relazioni umane, di ricucire una memoria, personale e familiare, di ritrovare un’identità, magari “orecchiata” nei ricordi degli anziani, nelle sbiadite fotografie d’annata, nelle lettere, un po’ sgrammaticate, dei bisnonni.
Siamo di fronte a una forma di turismo che più delle altre ha a che fare quasi esclusivamente con il turista. Infatti, gli permette di conoscere e di scoprire qualcosa che gli appartiene, che fa parte della memoria delle sue radici, al punto che si può parlare di “turismo genealogico” in quanto si riferisce principalmente ai discendenti di emigrati che durante le ferie tornano a visitare e a vivere i luoghi dei loro antenati.
Ma il turista genealogico o di ritorno non solo è interessato a conoscere la storia dei propri ascendenti visitando i luoghi dove hanno vissuto e lavorato, ma anche a scoprire nuove forme di cultura, tradizioni legate all’artigianato e all’enogastronomia di quei territori.
Ben oltre importanti gli appuntamenti istituzionali, realizzati grazie all’iniziativa del Ministero degli Esteri e di vari enti locali, intorno a questo “turismo di ritorno” sta crescendo un’attenzione nuova a livello di studi specialistici e di capacità promozionali. In questo ambito particolarmente significativa la ricerca “Turismo delle radici. Strategie e politiche di marketing” (EGEA Bocconi Editore, pagg. 266, Euro 29,50) di Sonia Ferrari e Tiziana Nicotera, la prima docente di marketing del turismo e di marketing territoriale all’Unical, la seconda esperta delle stesse tematiche e cultore della materia sempre presso l’Unical.
Seguito ideale del “Primo Rapporto sul Turismo delle Radici in Italia”, questo volume rappresenta una novità nel panorama dello studio del turismo delle radici poiché incentrato sul marketing strategico e operativo. Il segmento dei viaggiatori ancestrali mostra, infatti, caratteristiche e bisogni estremamente specifici, che richiedono una pianificazione mirata in termini di marketing per tenere conto di motivazioni, aspettative, gusti e preferenze della domanda. L’obiettivo del libro è quello di suggerire a operatori pubblici e privati politiche, azioni e strumenti adeguati a progettare un’offerta competitiva.
Le autrici si soffermano su tutti gli aspetti del marketing, dalla segmentazione del mercato alle esperienze e attrattive per il turista delle radici, compresa l’intersezione fra questa e altre forme di turismo e di emigrazione, fino alle leve del marketing mix e all’analisi quantitativa della domanda, con uno sguardo alla futura evoluzione del fenomeno in esame.
Nella lettura emerge il perfetto connubio tra l’approccio accademico-scientifico, grazie all’approfondito studio della letteratura sul tema, e l’approccio pratico e operativo completato da numerosi esempi e case study, utile a ricercatori, imprenditori, professionisti, amministratori locali e altri soggetti coinvolti nell’offerta per i viaggiatori delle radici. Il tutto è arricchito dai preziosi contributi di numerosi studiosi ed esperti.
Al fondo l’esigenza di occuparsi del processo di pianificazione strategica, coinvolgendo tutti i “portatori d’interesse” e coordinando l’insieme degli elementi che dà vita ad una destinazione turistica, orientando i diversi operatori affinché siano tutti orientati verso gli stessi obiettivi, i medesimi target di mercato e posizionamenti non contrastanti, promuovendo la destinazione e realizzando tutte le attività di promozione necessarie a tale fine, facendo in modo che l’ambiente sia adatto a favorire uno sviluppo turistico sostenibile in termini di infrastrutture, sviluppo delle risorse umane, sviluppo del prodotto e delle tecnologie ecc.
Se è indubbio che con il “Turismo delle radici” si attivano memorie ed identità profonde, è anche vero che esso può diventare una interessante occasione di sperimentazione comunicativa/emozionale – come ci indicano Ferrari e Nicotera.
I viaggiatori delle radici, emigrati e loro discendenti, che vogliono riconnettersi con la propria patria di origine, mostrano infatti caratteristiche e bisogni estremamente specifici che richiedono una pianificazione mirata in termini di marketing per tenere conto di motivazioni, aspettative, gusti e preferenze della domanda: un turismo in grado di connettere territori e memorie, esperienze ed emozioni, collegando persone, luoghi e cultura in modo autentico. Un fenomeno da studiare e da affinare. In fondo il futuro ha un cuore antico, come ci insegna l’emigrazione italiana nel mondo.
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