Non solo DeepSeek, tutto sulla guerra poco artificiale tra Cina e Usa

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Tutto, o quasi, è cominciato con TikTok, la famosa piattaforma, lanciata dalla società cinese ByteDance, che ha avuto una grande diffusione a partire dal 2017, dopo l’acquisto di Musical.ly specializzata in video musicali, e che ha attratto soprattutto i più giovani raggiungendo i 170 milioni di utenti negli Stati Uniti.

TikTok è entrata molto presto nelle mire del governo statunitense che non ha mai visto di buon occhio il diffondersi di questa app che, da un lato, raccoglieva, senza troppe garanzie, i dati dei suoi cittadini mentre dall’altro favoriva il diffondersi di messaggi video non controllati. Riguardo ai dati, la preoccupazione maggiore, ovviamente, era che finissero nelle mani delle autorità cinesi e questo costituiva un serio rischio per la sicurezza nazionale.

Il primo a sollevare il problema è stato proprio Donald Trump, durante il suo primo mandato, ma la questione è passata poi all’amministrazione Biden che ha continuato ad occuparsi del caso, fino ad emanare, nel 2022, il No TikTok on Government Devices Act con cui si vietava l’uso di TikTok su tutti i dispositivi utilizzati dai dipendenti federali.

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L’FBI ha avviato indagini sul presunto spionaggio ai danni di alcuni giornalisti americani e, dopo un iter che si è concluso il 24 Aprile 2024, la Camera dei Rappresentanti ha approvato il Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act (PAFACA) all’interno del quale, tra le altre cose, è stato previsto che tutte le attività di TikTok saranno vietate se ByteDance non accetterà di cedere la proprietà della società secondo le condizioni che saranno indicate dal Presidente degli Stati Uniti.

TikTok ricorre alla Corte Suprema, ma il 17 Gennaio 2025, il suo ricorso di incostituzionalità viene respinto e confermata la legittimità del PAFACA.

Ecco che a questo punto entra nuovamente in scena Donald Trump, con il suo secondo mandato, il quale sospende l’efficacia del PAFACA per settantacinque giorni, al fine di trovare una soluzione con TikTok.

Si inizia a parlare della necessità, per ByteDance, di cedere il 50 per cento delle sue quote a favore degli Stati Uniti, ma non è ben chiaro se sia a favore del governo o di una società nazionale.

L’operazione incontra, sul piano legislativo diverse difficoltà, sia sul lato interno, visto che il PAFACA è comunque una legge dello stato, sia sul lato esterno, dato che per la legge cinese la vendita a società straniere di algoritmi di raccomandazione, come quelli alla base di TikTok, sono vietati per ragioni di sicurezza, salvo un’espressa autorizzazione governativa.

Questo evento, però, va ben oltre la specificità del caso e si inserisce in un contesto più ampio all’interno della gara tra Stati Uniti e Cina per il controllo dell’intelligenza artificiale, che sanno essere di fondamentale importanza per gli equilibri geopolitici dell’imminente futuro.

Trump, in apparenza, tiene un atteggiamento contrastante, ma il suo fine è fin troppo evidente e i mezzi sono il classico bastone e la carota.
deepseek
Da un lato minaccia sanzioni pesanti alla Cina, dall’altro tende la mano al colosso asiatico, avvia colloqui con Xi Jinping, ipotizzando anche una sua possibile visita in Cina , addirittura invita Zhou Shouzi, o Shou Zi Chew a seconda di come lo si voglia chiamare, amministratore delegato di TikTok, alla sua cerimonia di insediamento.

Il gioco è scoperto ma forse sta sottovalutando il nemico se pensa davvero che la Cina accetterà qualsiasi proposta le sarà fatta pur di non subire le sanzioni economiche e i dazi che ha prospettato.

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La Cina difficilmente si farà intimorire, anche se Xi Jinping è abbastanza furbo da avere capito che una qualche forma di apertura reciproca avvantaggerebbe entrambi gli schieramenti, essendo l’uno fornitore e mercato di sbocco dell’altro. Trump non può dimenticare, ad esempio, che la Cina potrebbe a sua volta imporre dazi sui prodotti americani e che certe misure potrebbero avere un impatto negativo molto forte sull’economia statunitense.

In questo contesto, già abbastanza articolato, non poteva mancare un colpo di scena.

In questi giorni è apparsa sulla stampa la notizia che DeepSeek, una start-up di Hangzhou, ha diffuso un modello di intelligenza artificiale, sviluppato con soli sei milioni di dollari, specializzato in ragionamenti avanzati, molto efficace e talmente avanzato da competere con i ben più costosi modelli americani a tutti noti, mettendoli in crisi. Si tratta di un sistema che si basa su codici open source e sarebbe questa la ragione del suo successo a basso costo, tante menti che lavorano su uno stesso codice per arricchirlo e implementarlo reciprocamente.

Il risultato è stato un crollo in borsa dei titoli legali all’AI con forti ripercussioni. Qualcuno ha affermato che il crollo dimostra che l’intelligenza artificiale è una bolla speculativa, ma credo si stia sbagliando.

È davvero una strana coincidenza che DeepSeek, piccola società cinese di Hangzhou, immetta sul mercato il suo modello proprio adesso che la Cina è sotto l’apparente scacco di Donald Trump.

Non dimentichiamo che Hangzhou è la Silicon Valley cinese. Lo scorso autunno ho avuto modo di visitarla per un convegno, e pure nella freddezza di una modernità da periferia, vi si respira un’aria di crescita e di controllo assoluto da parte dello Stato, come anche in altre città.

È la sede di Alibaba che è molto più di un’impresa hi-tech, è quasi una propaggine dello stato che domina tutto l’indotto tecnologico dell’area. In Cina le aziende si sviluppano e sono lasciate crescere ma lo Stato è sempre presente, fino a diventare socio partner. Gli interrogativi sull’autonomia delle azioni di DeepSeek sono quindi legittimi.

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Vedere una start-up fare vacillare in Borsa i titoli dell’intelligenza artificiale proprio quando si avviano i colloqui su TikTok tra Stati Uniti e Cina, ha più il sapore di un posizionamento di pezzi sulla scacchiera più che i connotati della coincidenza.



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