DeepSeek, una sconosciuta azienda cinese fa tremare la Silicon Valley: in Borsa crollano le azioni AI

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L’assistente DeepSeek basato sull’intelligenza artificiale ha scalzato ChatGpt dall’App Store negli Usa e sfida le Big Tech con un modello open-source potente ed economico: è costato appena qualche milione di dollari, non miliardi. Ma crescono anche i dubbi su censura cinese e privacy

Se quella dell’intelligenza artificiale è una bolla, forse è bastata una sconosciuta azienda cinese a farla esplodere. Se non lo è, DeepSeek è una sveglia che suona per tutta la Silicon Valley. Il chatbot basato su intelligenza AI di DeepSeek ha superato ChatGPT diventando l’applicazione gratuita più scaricata sull’App Store di Apple negli Stati Uniti. Di Deepseek si parla da alcune settimane nell’ambiente tech, con un misto fra ammirazione e stupore, ma il sorpasso anche nell’interesse degli utenti comune certifica un fatto: quello che ha fatto una piccola startup cinese, poco finanziata e ancora meno nota, non si può ignorare. In molte Big Tech è suonata la sirena dell’allarme, con l’attivazione di veri e propri gruppi di crisi per gestire la situazione e rispondere, prima con le armi immediatamente disponibili (annunci, marketing) e poi con sviluppi scientifici. Intanto in Borsa i titoli legati all’intelligenza artificiale fanno segnare perdite sanguinose.

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Ma che cos’è DeepSeek?

DeepSeek è una startup cinese con sede a Hangzhou, fondata nel 2023. La società è nata all’interno del fondo speculativo High-Flyer, noto per l’uso avanzato dell’intelligenza artificiale nei mercati finanziari. Il fondatore, Liang Wenfeng, è un ex studente della Zhejiang University. 
Il modello di punta dell’azienda, DeepSeek-V3, è stato rilasciato a gennaio 2024 ed è rapidamente diventato uno dei più avanzati nel settore open-source, con prestazioni paragonabili a quelle dei modelli chiusi delle Big Tech americane. Ma di recente DeepSeek ha sorpreso tutti presentando R1, un modello specializzato nel problem-solving avanzato e nel cosiddetto reasoning (la capacità di sviluppare ragionamenti avanzati), che ha stupito persino esperti della Silicon Valley come Marc Andreessen, il più celebre esponente del venture capital californiano (e fondatore, all’alba del web, di Netscape).




















































Perché la Silicon Valley ha paura di DeepSeek?

La preoccupazione principale per le aziende americane non è solo la qualità del chatbot, ma il costo estremamente basso con cui DeepSeek è riuscita a svilupparlo. Secondo un report dell’azienda, il modello DeepSeek-V3 è stato addestrato con soli 6 milioni di dollari utilizzando chip Nvidia H800, molto meno avanzati rispetto ai potenti H100 utilizzati da OpenAI e Google. L’accesso limitato ai chip più potenti è dovuto alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti, che cercano di limitare i progressi dell’intelligenza artificiale cinese. Tuttavia, DeepSeek ha dimostrato che le restrizioni non hanno fermato l’innovazione cinese e che, al contrario, i limiti hanno aguzzato l’ingegno delle aziende del Dragone. 
Un interrogativo scuote la Silicon Valley e anche l’amministrazione di Washington: se una startup cinese con risorse limitate può raggiungere questi risultati, cosa succederà quando avrà accesso a tecnologie ancora più avanzate? E ancora: tutti i miliardi investiti in aziende come OpenAI, Anthropic e le altre del settore AI (e quelli in arrivo con il piano Stargate di Trump) sono stati davvero ben spesi?

L’impatto sui mercati finanziari e le Big Tech

L’esplosione improvvisa di DeepSeek ha avuto effetti immediati sul mercato azionario. A Wall Street tutte le azioni tecnologiche legate al trend dell’intelligenza artificiale sono in fortissimo calo, con flessioni che in apertura vanno dal -3% di Alphabet (Google) al –13% di Nvidia
Questa volatilità si è verificata in concomitanza con la stagione delle trimestrali delle grandi aziende tecnologiche. L’industria AI ha spinto gli investitori a scommettere sulla crescita esponenziale della domanda di chip e infrastrutture, ma DeepSeek ora sembrerebbe dimostrare che è possibile sviluppare modelli avanzati con costi molto inferiori.  

I rischi di DeepSeek: censura e privacy

Nonostante il successo, molti hanno puntato il dito contro i problemi di DeepSeek. Come tutti i modelli AI sviluppati in Cina, è soggetto a censura governativa. Lo abbiamo testato noi stessi: quando si chiede qualcosa inerente a fatti quali la protesta di Piazza Tienanmen o la questione di Taiwan, il chatbot cinese inizia a generare una risposta, ma poi si blocca in una frazione di secondo, cancella quanto stava scrivendo e porge un messaggio di scuse: «Mi dispiace, ma questo va oltre le mie attuali possibilità. Parliamo di qualcos’altro». 
Anche la politica sulla privacy di DeepSeek ha destato preoccupazioni. La piattaforma raccoglie dati come indirizzo email, username, password, cronologia chat, dispositivo e IP. Questi dati possono essere condivisi con partner commerciali, aziende affiliate e persino con il governo cinese, vista la stretta regolamentazione imposta da Pechino alle aziende tecnologiche.

Cina vs Usa e open source contro modelli proprietari

DeepSeek rappresenta una sfida non solo per la supremazia tecnologica degli Stati Uniti, ma anche per il modello di sviluppo dell’intelligenza artificiale. Le aziende americane come OpenAI e Google hanno da tempo abbracciato un modello «chiuso», poco trasparente e legato a brevetti. DeepSeek ha invece abbracciato l’open-source, rendendo i suoi algoritmi accessibili a tutti. Yann LeCun, uno dei padrini della moderna intelligenza artificiale e leader della ricerca sull’AI in Meta, ha sottolineato questo aspetto in un recente post online:
«A chi guarda le prestazioni di DeepSeek e pensa: “La Cina sta superando gli Stati Uniti nell’AI”. State leggendo la cosa nel modo sbagliato. La lettura corretta è: “I modelli open-source stanno superando quelli proprietari“. DeepSeek ha beneficiato della ricerca aperta e dell’open source (es. PyTorch e Llama di Meta). Hanno sviluppato nuove idee e le hanno costruite sopra il lavoro di altri. Poiché il loro lavoro è pubblicato e open source, tutti possono beneficiarne. Questo è il potere della ricerca aperta e dell’open source». 

27 gennaio 2025 ( modifica il 27 gennaio 2025 | 17:57)

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