Ora il lupo in Piemonte rischia l’abbattimento. Si discute sulla proposta di declassamento

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di
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Alla riunione della Convenzione di Berna si dovrà decidere se mantenere o meno l’indicazione di «animale particolarmente protetto». Nel 2023 in regione le predazioni denunciate dagli allevatori sono state 560

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Si apre oggi, 2 dicembre, la 44a riunione della Convenzione di Berna per discutere la proposta di declassamento del lupo da animale «particolarmente protetto» a «protetto». 

Il Piemonte, in passato regione-faro della coesistenza dell’uomo e del grande carnivoro in Europa, è la stessa che oggi si propone come «facilitatrice» della norma e spera nel sì alla modifica da parte del Comitato Permanente. Se dovesse arrivare, cosa cambierà per il lupo in Piemonte?
«Nonostante possibili quanto improbabili deroghe alla normativa, sino ad ora il lupo in Italia non poteva essere oggetto di abbattimento, se non un singolo esemplare da parte di forze dell’ordine e in presenza di un rischio concreto per la sicurezza delle persone» spiega Luca Rossi, docente del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino e collaboratore del progetto europeo Life WolfAlps




















































«Se la modifica dovesse passare, potrebbero essere presi in considerazione anche interventi di contenimento numerico a livello di popolazione, soprattutto nel caso di significativo disturbo non altrimenti gestibile nei confronti di attività antropiche come l’allevamento. L’applicazione dell’eventuale declassamento, tuttavia, non implicherà un passaggio automatico a una gestione del lupo tramite abbattimenti, perché potrà essere modulata da Paese a Paese, in rapporto a fattori culturali e di sensibilità molto diversi, anche solo all’interno dell’Ue. Basti pensare all’attitudine conservativa prevalente in Italia, dove il lupo ha rischiato l’estinzione in anni non troppo lontani, rispetto alle posizioni di Paesi a più forte componente rurale e che da sempre sperimentano la non facile convivenza col predatore».

Presente da oltre vent’anni nelle Alpi Occidentali, mentre nelle Alpi Centrali e Orientali la ricolonizzazione è solo agli inizi, in Piemonte, gli attacchi del lupo ormai riguardano tutte le valli di montagna, ma anche la pianura. Secondo i dati di Coldiretti, nel 2023 le predazioni da lupo denunciate dagli allevatori e registrate dai Servizi Veterinari sono state 560.
I danni? 1.501 i capi da bestiame coinvolti, di cui 1.009 morti, 88 feriti e 404 dispersi. Di rimbalzo, le risorse stanziate dalla Regione per l’annualità 2023, a titolo di rimborso, sono state pari a 651 mila 79,17 euro. 

«Ci arrivano segnalazioni degli agricoltori dal Roero, la collina di Torino, il Monferrato, dove vengono visti lupi in dispersione. Dal Canavese, il Pinerolese, da tutta la zona della bassa Val di Susa fino a Carmagnola», sintetizza il presidente di Coldiretti, Bruno Mecca Cici.

Con una popolazione di circa mille lupi e un tasso di crescita del 20/25 per cento ogni anno, i danni per l’agricoltura sono sempre più ingenti. «Mentre i rimborsi da parte della Regione continuano a essere in gravissimo ritardo e sono insufficienti. Tanto più che è difficile valutare il valore dei danni sul bestiame. Le strategie finora applicate, come i recinti o i cani da guardiania, non si sono rivelate così efficaci. A questo punto – conclude Mecca Cici – speriamo di poter contare su un serio contenimento, magari aiutati da questa nuova strada aperta».

Nato in Piemonte nel 2019 per migliorare la coesistenza fra il lupo e le persone che vivono e lavorano sulle Alpi, il progetto europeo «WolfAlps» sta per scadere. La regione ha dato i natali ai più attivi studiosi e difensori del lupo in Europa, come la dottoressa Francesca Marucco, anche docente dell’università di Torino e il dottor Duccio Berzi, che negli ultimi anni hanno lavorato per non rendere il lupo oggetto di conflitto sociale.

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