Il quotidiano Avvenire lancia il progetto “Donne senza frontiere” per dare voce alle giornaliste indipendenti delle periferie del mondo che racconteranno sulle pagine del giornale la realtà femminile dei Paesi d’origine
Beatrice Guarrera – Città del Vaticano
Vengono da diversi Paesi e fanno parte di dieci reti indipendenti di giornaliste: sono le protagoniste del progetto “Donne senza frontiere”, che a partire dall’8 marzo sul quotidiano Avvenire racconteranno la realtà femminile nei loro luoghi di origine. L’iniziativa, che punta ad accendere i riflettori sulle storie di donne dei Paesi nel sud globale, è stata presentata questa mattina a Roma e dà alle precedenti campagne del quotidiano della CEI, che hanno avuto come tema prima le donne afghane e poi le donne di pace.
Voce e penna alle donne
“Per il terzo anno consecutivo Avvenire decide di valorizzare lo specifico femminile.”, racconta ai media vaticani Viviana Daloiso, giornalista del quotidiano, che spiega: “Quest’anno diamo voce e penna alle donne perché parlino dei loro Paesi, là dove le donne non hanno diritti, dove raccontare la loro condizione implica rischiare la vita, rischiare la libertà”. La novità dunque è nell’eliminazione di ogni intermediazione, per permettere a loro stesse di narrarsi. “Abbiamo incontrato queste giornaliste – spiega Daloiso – e abbiamo chiesto loro di raccontare le storie che venivano dai loro Paesi”. I contributi verranno resi disponibili in formato multimediale, e sarano fruibili anche in lingua originale, in inglese o in spagnolo.
Amplificare le voci
Dall’8 marzo verrà dunque pubblicato un reportage di questa serie ogni 15 giorni, che farà luce su Uganda, Somalia, Afghanistan, Nigeria, Libano, India, Messico, Iraq e Perú. “In questi Paesi del sud globale – afferma Antonella Mariani, cronista di Avvenire – fare le giornaliste non è affatto semplice e abbiamo dunque pensato di amplificare la loro voce. Grazie a questa ‘sorellanza’, conosceremo aspetti della vita delle donne nei rispettivi Paesi che normalmente non sono molto illuminati dai mass media”. Tra questi, la condizione delle scuole religiose femminili in Afghanistan, i matrimoni precoci in Uganda, l’attivismo femminile per l’ambiente in Messico.
Giornalismo per i diritti umani
“Credo fortemente nel giornalismo che riafferma la necessità e il potere dei diritti umani – osserva Nello Scavo, giornalista di «Avvenire» – . Viviamo un tempo in cui non si racconta abbastanza la condizione degli scartati, in molte società le donne sono gli scartati tra gli scartati per il solo fatto di essere donne”. Da lì l’importanza di questo progetto, che punta attraverso storie dalle frontiere a ispirare anche il giornalismo italiano. Come presidente dell’Associazione Carta di Roma ha ribadito poi la necessità che questi temi siano più presenti nel dibattito pubblico. Emerge infatti, il ricorso a storie di donne solo in casi marginali, come evidenziato anche dalla presentazione di alcuni dati sui media italiani. Dare spazio alle voci di donne, nel caso del progetto, significa anche per una volta “cedere la penna” e provare semplicemente ad “accogliere le loro parole”, ha sottolineato la giornalista di «Avvenire» Lucia Capuzzi.
Una chiamata all’azione
In videocollegamento sono intervenute poi alcune protagoniste del progetto “Donne senza frontiere”: “Questa campagna – spiega Zahra Joya, afghana della rete Rukhshana Media, che vive in esilio a Londra – ci dà la speranza che almeno a una parte del mondo importi di noi, mentre il resto è impegnata a fare altro”. Hinda Abdi, della rete Bilan Media da Mogadiscio ha parlato invece della difficoltà di essere una donna reporter in Somalia, tra commenti sessisti e sfide quotidiane. Juwan Shro, attivista irachena yazida, ha messo l’accento sul valore della denuncia delle donne yazide, che è diventata una chiamata all’azione e alla mobilitazione per i diritti umani.
Fatti, fiducia e verità
“Ospitare un progetto del genere significa dare voce al racconto diretto e vero della condizione femminile attraverso voci femminili del sud del mondo”, ha commentato ai media vaticani Marco Girardo, direttore di Avvenire. Il giornale apre dunque a una collaborazione con reti di giornaliste, scelte “per reciproca conoscenza, quindi una selezione sostanzialmente attraverso contatti diretti delle nostre corrispondenti, dei nostri corrispondenti e segnalazioni anche individuali di chi era venuto a conoscenza di questo progetto in base a quelli precedenti”. Si tratta dunque di una costruzione di alleanze tra donne, di cruciale importanza: “In questo momento in cui si alzano muri – conclude Girardo – costruire ponti è una necessità impellente in tutti i settori, anche in quello dell’informazione in cui il muro più evidente è quello costruito dalle piattaforme social, che sono guidate dagli algoritmi. Non raccontano storie vere, ma storie che sono frutto di manipolazioni dell’informazione. Senza fiducia, quindi rapporto con chi racconta, non c’è possibilità di raccontare la verità. Senza raccontare i fatti, non c’è possibilità di creare fiducia. Questo è un tentativo ideale di mettere insieme queste tre dimensioni: fatti, fiducia e verità”.
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