Al lavoro per restituire il diritto alla salute

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Quando si parla di sanità, tra i dati che perdonate il gioco di parole certificano lo stato di “salute” del servizio, assume un valore rilevante quello relativo alla mobilità territoriale, e cioè l’entità degli spostamenti dei pazienti da un territorio regionale ad un altro per accedere alle prestazioni di cui necessitano. Sono anni che denunciamo il pesante sbilanciamento dei numeri dalla Campania e dal Sud in generale verso altre regioni. Ma, persino per me, leggere il rapporto dell’Università di Pisa sul cosiddetto turismo sanitario ha un sapore particolarmente amaro. In Italia, ogni anno, si sposta in media oltre mezzo milione di utenti per intraprendere i “viaggi della speranza”: la quasi totalità parte dal Meridione verso il Nord del Paese. Un flusso migratorio che, oltre al suo drammatico carico di dolori e speranze, ha portato altrove, nel solo 2023, ben 4,55 miliardi di euro. Soldi sottratti al sistema sanitario regionale che hanno contribuito non soltanto a curare i nostri corregionali ma anche ad irrobustire, principalmente coi soldi dei campani, i sistemi sanitari di altre regioni.

Manco a dirlo, infatti, la maglia nera di questa classifica dell’inefficienza la indossa proprio la Campania, che è quella con il peggior saldo migratorio d’Italia. Ogni anno, 65mila nostri concittadini di cui oltre 3.300 pazienti oncologici sono costretti ad affrontare estenuanti trasferte e grandi sacrifici anche economici per farsi curare lontano dalla propria casa. Ma, mentre questa è la drammatica realtà, certificata da studi scientifici e indipendenti, dobbiamo anche subire l’irritante beffa della narrazione diffusa a pagamento (ovviamente coi soldi dei cittadini) dal presidente De Luca e dalle sinistre, che vaneggiano di primati e di “modelli” organizzativi da esportare. Ma cosa si vorrebbe replicare? Un sistema fatto di diritti totalmente negati a causa dell’inefficacia, dell’immobilismo, dell’incompetenza e dell’ipocrisia dell’attuale Amministrazione regionale, del Pd e delle sinistre? Un disastro per non dire di peggio, perché ormai la sanità pubblica è stata trasformata soprattutto in un vergognoso paravento di squallide operazioni immobiliari.

In una terra in cui mancano medici e infermieri, nella quale le attrezzature marciscono negli scantinati perché non ci sono i tecnici in grado di farle funzionare, chi governa questa regione continua infatti ad annunciare la realizzazione di nuovi ospedali, palazzoni di cemento da centinaia di milioni di euro che si vorrebbe costruire magari accanto a quelli disinvoltamente chiusi! Intanto, mentre la politica sanitaria si trasforma in mattone e cemento, sono stati chiusi oltre una ventina di pronto soccorso. Soltanto a Napoli sono cinque i drappelli di emergenza fuori servizio permanente: San Giovanni Bosco, Loreto Mare, Ascalesi, Santa Maria degli Incurabili e San Gennaro.

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La situazione non cambia in provincia, dove grida vendetta, per esempio, la vergognosa vicenda del posto di primo soccorso dell’ospedale Sant’Anna e Santissima Madonna della Neve di Boscotrecase, inaccessibile ormai da 5 anni. Sapete quanti medici ci vorrebbero per riattivarlo? Appena 5 che in tutto questo tempo la Regione e l’Asl Napoli 3 Sud non sono stati capaci di trovare, lasciando privo di un presidio di prima assistenza un’area che serve un bacino di ben 250mila persone. Ma la Campania è pure il posto in cui ci si può imbattere in pronto soccorso con orari d’ufficio. Come quello dell’ospedale di Sant’Agata de’ Goti nel Beneventano, che funziona esclusivamente dalle 8 alle 18. E se a un cittadino viene un infarto in serata, be’s’arrangi!

Qualcuno penserà magari perché ha ascoltato una delle tante ‘favolette’ deluchiane che questo sfascio è purtroppo la conseguenza della scarsità delle risorse trasferite alla nostra regione dallo Stato. Un’altra bugia. I soldi non bastano mai quando si parla di sanità e la stagione di Monti coi sui “sacrifici” unidirezionali (tagli ai servizi ma non alla burocrazia) si fa ancora sentire, ma sta di fatto che la Campania ha comunque a disposizione ogni anno una massa di denaro enorme per garantire un servizio sanitario senz’altro più dignitoso ed efficiente di questo indegno carrozzone. Solo per ricordare l’ultimo dato formalmente disponibile (nel Delukistan i numeri sono sempre un segreto), nel 2023 l’Amministrazione regionale ha ricevuto dal Fondo Sanitario nazionale e da dotazioni aggiuntive, la complessiva somma di circa 17 miliardi di euro! Vi pare che questo sistema valga 17 miliardi?

Non credete anche voi che, con tutti questi soldi, si poteva e si può fare di meglio? Oltre che il buon senso e l’evidenza, lo certifica un altro numero: con appena 18 euro pro capite a fronte dei 41 della media nazionale, la Campania è fanalino di coda in Italia per erogazione dei servizi. Per non parlare delle liste d’attesa, le più lunghe d’Italia, che non si accorciano certo a suon di bugie e di convegni strapagati. Anzi, la “lotteria” per accedere a una visita non risparmia nemmeno i pazienti affetti da gravi patologie cui, di fronte a tempi biblici per un esame diagnostico, non resta altra soluzione che pagarselo di tasca propria. E se non si hanno i soldi per farlo? Non ci si cura, si muore. Per fortuna, un segnale importante di efficienza lo ha saputo dare ancora una volta l’Esecutivo nazionale. I rilievi eseguiti dimostrano che si iniziano ad avvertire anche qui da noi i primi effetti positivi del decreto governativo (n. 73 del 7 giugno 2024) convertito nella legge 107 del 29 luglio 2024 che ha imposto l’attivazione del Cup pubblico-privato convenzionato. A partire dallo scorso primo ottobre, le agende di prenotazione sono state finalmente unificate per molte prestazioni, consentendo così ai pazienti di poter fissare il proprio esame diagnostico in maniera automatica presso il primo centro pubblico o privato convenzionato disponibile per iniziare a metter fine almeno all’indegna “caccia alla visita”.

Un segnale di speranza che traccia la strada del futuro dopo il disastro delle sinistre che governano la Campania in maniera quasi ininterrotta da oltre 25 anni e che hanno condotto la nostra regione a un altro vergognoso primato: qui da noi si arriva a vivere fino a 4 anni in meno rispetto al resto d’Italia. Ecco perché sentiamo forte il dovere di dimostrare che siamo diversi e che pensiamo sia un obbligo della politica sana quello di restituire un futuro alle nostre comunità. L’obiettivo che noi della Lega ci siamo prefissati quando, tra qualche mese, saremo alla guida della Regione, è quello di ripristinare il diritto alla salute, un diritto che negli ultimi dieci anni, nel Nostro Posto, è diventato un’elemosina. Per questo stiamo formando una task-force in cui far confluire tutte le migliori energie e professionalità del nostro territorio in campo sanitario.

Il primo passo è quello di ripensare e ridisegnare il sistema di gestione delle Asl, oggi ridotte a centri di potere in cui vigono sprechi e clientele con effetti devastanti sulla qualità del servizio. Vere e proprie “repubblichette” autonome che continuano a penalizzare anche i nostri operatori sanitari, quei medici e quegli infermieri che rappresentano la nostra unica eccellenza e che invece, a causa della disorganizzazione totale, si vedono costretti a turni massacranti, a lavorare costantemente in una situazione di trincea, oltre a non essere valorizzati per il prezioso lavoro che svolgono. Non possiamo più permettere che questo accada ancora, come non possiamo più permettere che i campani continuino ad essere mortificati da un servizio indegno. Abbiamo già imboccato il nuovo corso della sanità in Campania: ancora pochi mesi e ci lasceremo alle spalle il buio di questi 10 anni.

©RIPRODUZIONE RISERVATA





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