La strategia del terrore nel versante etneo della mafia dei Nebrodi: «Vi faccio fare la fine dei porci»

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Ill blitz di ieri sancisce il ritorno dei Montagno Bozzone nello scacchiere criminale: ecco cosa svelano le carte dell’inchiesta

Una mafia violenta. Spietata. Che non crede nella diplomazia. Il blitz “Saracena” sancisce il ritorno dei Montagno Bozzone nello scacchiere criminale. Non sono bastate operazioni, arresti, protocolli antimafia.

Il boss di Bronte, che per anni è stato in guerra con Turi Catania, l’altro mafioso etneo protagonista della mafia dei Nebrodi (o dei Pascoli), è ritenuto il referente storico dei Mazzei a Bronte e in tutto la zona etnea. Messe a posto, racket e droga. Questi gli affari della cellula diretta da Eugenio Spitaleri nella suggestiva Maniace. Il gruppo mafioso avrebbe ripreso quota grazie all’assenza di Turi Catania, l’uomo che – come ha raccontato il super pentito Santo La Causa – fu fatto nel 2007 uomo d’onore e riuscì a “governare” con il sigillo criminale dei Santapaola-Ercolano. Nei suoi progetti ci sarebbe stato anche quello di “togliersi” di mezzo il suo rivale Ciccio Montagno Bozzone, ma i vertici catanesi non gli diedero l’appoggio che cercava. «Risolvili da solo le cose in paese», gli avrebbero detto.

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Il sindaco

Ma torniamo ai nostri giorni. Catania e Montagno Bozzone sono dietro le sbarre ormai da tempo. Per un periodo, da recenti inchieste, pare che avessero posato l’ascia di guerra sancendo una pax mafiosa volta a renderli ancora più forti. Nel 2019 Mario Montagno Bozzone, fratello di Ciccio, fece un passo falso. Avvicinò Giuseppe Capizzi, oggi sindaco di Maletto e imprenditore edile, per “la messa a posto”. Avrebbero voluto una parte dei proventi ottenuti con i lavori e gli appalti. «Io cinque minuti dopo che sono stato contattato, ho chiamato i carabinieri della compagnia di Randazzo. E così è stato arrestato», racconta il sindaco a La Sicilia. Il processo che è scaturito da quella indagine ha portato a una condanna a 9 anni di reclusione per estorsione. Capizzi però non si è costituito parte civile nel procedimento: «Con l’avvocato abbiamo valutato che non era necessario visto che avevo denunciato immediatamente e quindi non avevo versato un soldo al clan». Sul blitz di ieri mattina, il sindaco commenta: «Lo Stato ancora una volta ha dimostrato di essere presente e ci ha liberato da questi parassiti».

Quella che opera in questo versante è una mafia violenta. Usa la strategia del terrore. Nelle carte dell’ordinanza della gip Giuseppina Montuori ci sono testimonianze davvero spettrali e inquietanti. Un imprenditore raccontava che uno degli indagati per ottenere soldi da lui non aveva esitato a «trascinarlo fuori dall’autovettura in cui si trovava e nello sferrargli un forte schiaffo al viso, urlando : «qua comando io… la situazione ce l’ho io sotto controllo… il paese è mio.. mi sono fatto otto anni di galera e non sai chi sono io. Io ho perso mio padre e lui sai chi sono io. Vi faccio fare la fine dei porci» e avrebbe aggiunto: «Ce l’ho attaccata nel gancio… non ci metto niente, la vado a prendere e vi stendo tutti… bum bum.. ti pare che mi spavento? non ci metto niente. ora prendi i soldi e me li dai!».

La mafia dei Nebrodi è “core business” dei Tortoriciani, nel Messinese. Mandrie uccise, terreni bruciati, coltivazioni distrutte. Tutto allo scopo di farsi “intestare” o “svendere” i latifondi per poi ottenere i fondi dell’agricoltura stanziati dall’Unione Europea. E con la violenza cercavano volti puliti per aggirare gli stretti paletti del protocollo Antoci. Ma pochi anni fa, gli investigatori hanno scoperto il meccanismo e hanno arrestato un esercito di 100 persone tra mafiosi e colletti bianchi collusi.

Montagno Bozzone e Turi Catania quel sistema criminale infimo lo hanno portato fino alle campagne etnee. Non a caso anche qui, qualche anno fa, ci fu un blitz chiamato appunto “Nebrodi”.

Il metodo della violenza è stato messo in pratica anche per le estorsioni e il traffico di droga. I due business portati avanti dagli eredi dei Montagno Bozzone, che ieri sono finiti dietro le sbarre e oggi affronteranno l’interrogatorio di garanzia. La droga è quella che fa gola alla mafia: perché rende in modo veloce. Lo hanno capito bene i Mazzei dei Nebrodi, che hanno cambiato baricentro criminale in questo versante dell’Etna. Perché è Adrano il fortino criminale e non più Bronte, che è diventata una “succursale” dei Lo Cicero per spacciare sostanze stupefacenti. Il capo è Cristian Lo Cicero, che ha come “patrozzo” mafioso il boss catanese Santo “pannitteri” Di Benedetto. Qualche tempo fa innescò una guerra con gli Scalisi, referenti dei Laudani ad Adrano. Il suo nome compare nella recente inchiesta Meteora, che ha raso al suolo i gruppi mafiosi di Adrano. Dalle carte dell’operazione di ieri, dopo il suo arresto per estorsione in piena pandemia, le redini le avrebbe prese il fratello Salvatore.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA





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