Il futuro dei media e dell’informazione nell’era digitale

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Che futuro hanno i media e l’informazione nell’era digitale? La Prof.ssa Katharina Lobinger, Professoressa straordinaria presso la Facoltà di comunicazione, cultura e società dell’Università della Svizzera italiana (USI) e Vicedirettrice dell’Istituto di tecnologie digitali per la comunicazione (ITDxC), ha affrontato il tema nel corso di una tavola rotonda organizzata dalla SSR Svizzera italiana CORSI. All’argomento è inoltre stata dedicata una puntata di Alphaville (Rete Due – RSI), della quale la professoressa è stata ospite.

La tavola rotonda, intitolata Al passo coi ‘tempi digitali’, si è tenuta martedì 25 febbraio presso l’Auditorium di Banca Stato a Bellinzona. Oltre alla Professoressa Katharina Lobinger, vi hanno preso parte Reto Ceschi, responsabile del dipartimento Informazione RSI, Annalisa De Vecchi, già corrispondente RSI a Coira e oggi redattrice per il gruppo Keystone-SDA-ATS SA, Daniel Ritzer, direttore de laRegione e Laura Zucchetti, giornalista di TeleTicino e Radio3i, la quale ha avuto il compito di moderare il dialogo. L’obiettivo dell’incontro, il secondo organizzato dalla SSR Svizzera italiana CORSI, era quello di riflettere sul futuro che attende il mondo dell’informazione e il servizio pubblico radiotelevisivo con l’avvento dell’era digitale. Tutti i relatori hanno concordato sul fatto che il digitale ha modificato il modo di informare e informarsi, sottolineando tuttavia come non esista un’unica dimensione digitale, ma piuttosto una varietà di piattaforme, ognuna delle quali ha le proprie caratteristiche e il proprio pubblico di riferimento. La grande sfida del giornalismo oggi sembra essere quella di riuscire a traslare i propri contenuti online, pur garantendone la qualità e la verifica. L’evento appartiene a una serie di tavole rotonde in cui verranno coinvolti tutti gli attori del panorama mediatico della Svizzera italiana. 

Per comprendere il rapporto tra social e informazione, ha spiegato la Professoressa Katharina Lobinger, è importante considerare tre aspetti fondamentali: “Innanzitutto è importante ricordare che i social media non sono, di base, dei mezzi di informazione, ma offrono dei contenuti molto variegati. Pertanto, anche se possono essere utilizzati per informarsi, i contenuti informativi competono con altri di carattere privato, come le foto delle vacanze dei nostri amici, o le pubblicità. E il passaggio da un contenuto a un altro avviene molto rapidamente. Un secondo aspetto è il fatto che queste piattaforme sono dominate da contenuti visivi e questo rappresenta una grande sfida per il giornalismo, che è sempre stato incentrato sul testo. Infine, bisogna considerare che la comunicazione online non è separata dal mondo offline, pertanto non utilizziamo solamente i social per informarci, ma li inseriamo all’interno di un paradigma di canali più ampio”.

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Anche i media pubblici, come la RSI, ricorrono all’utilizzo di canali social per informare il proprio pubblico. Si tratta di una scelta che, considerando il contesto attuale, risulta quasi obbligato, come puntualizzato dalla Professoressa dell’USI: “Per il servizio pubblico uscire completamente dai social non è un’opzione, in quanto gli utenti si trovano lì. Tuttavia bisogna considerare attentamente su quale piattaforma fornire quale contenuto. In questo gli algoritmi hanno un ruolo importante, in quanto possono rendere visibile o invisibile un certo contenuto. Questo perché, come già accennato in precedenza, le piattaforme social non sono un mezzo di informazione, ma il prodotto di un’azienda, pertanto se essa cambia strategia o orientamento, cambia anche la visibilità dei contenuti”.

Come dimostra questo esempio, le dinamiche dei social sono complesse, e non sempre per gli utenti è facile comprenderle e muoversi in modo consapevole al loro interno. “Spesso si dice che gli utenti devono sviluppare delle competenze critiche, ma non è possibile: un utente non sarà mai in grado di valutare criticamente ogni singolo elemento, pertanto sarebbe necessario avere un approccio diverso alla diffusione dei contenuti” ha commentato la Prof.ssa Lobinger.

Per combattere la disinformazione dunque non è sufficiente che siano gli utenti ad agire, ma sarebbero necessarie decisioni e regolamentazioni più forti. “Nel corso del tempo le piattaforme hanno portato avanti la narrazione secondo la quale sarebbero solo degli intermediari, questo significa che non forniscono dei contenuti, ma solo quello che altri hanno messo a disposizione. Pertanto, non vi era la necessità da parte loro di moderare. Al giorno d’oggi però le piattaforme hanno un ruolo sempre più importante nell’ecosistema dell’informazione, dunque diventa essenziale affrontare il problema. Non può essere solo l’utente a risolverlo, è necessaria un’assunzione di responsabilità da parte delle piattaforme” ha affermato la Professoressa Lobinger.

Durante la navigazione sulle piattaforme gli utenti sono esposti ai contenuti in base a logiche spesso stabilite dagli algoritmi, ma non solo: “Online si verificano due fenomeni opposti: da un lato c’è il rischio di entrare nelle cosiddette filter bubbles, ovvero bolle di filtraggio, che si creano quando un utente vede unicamente contenuti in linea con ciò che già pensa e conosce. Dall’altro esiste un fenomeno chiamato esposizione incidentale e deriva dal fatto che gli algoritmi possono mostrarci contenuti nuovi e diversi rispetto a quelli che vediamo generalmente. Sebbene entrambi i fenomeni siano influenzati dagli algoritmi, anche noi con le nostre scelte possiamo giocare un ruolo, ad esempio attraverso le ricerche che facciamo o scegliendo di nascondere dei contenuti che riteniamo non adeguati” ha spiegato la Vicedirettrice dell’ITDxC.

La Professoressa Lobinger e il suo team hanno condotto uno studio sull’hate speech, che ha dimostrato come gli utenti percepiscano i media tradizionali in modo diverso rispetto alle piattaforme online: “Abbiamo chiesto alle persone cosa pensassero dei commenti d’odio fatti sui siti dei media tradizionali. Gli intervistati generalmente hanno affermato di trovarli inaccettabili, in quanto associavano ai canali giornalistici un certo livello di qualità e credibilità. Tuttavia, le stesse persone ritenevano impossibile moderare questo genere di commenti sulle piattaforme social. La buona notizia è che il giornalismo ha ancora una buona credibilità, il segnale da cogliere è invece la necessità di intervenire per regolamentare meglio le piattaforme sociale” ha concluso la Professoressa dell’USI.

L’intervista completa alla Professoressa Katharina Lobinger ad Alphaville è disponibile al seguente link, mentre per maggiori informazioni sulla tavola rotonda del 25 febbraio 2025 è possibile consultare il seguente link.



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