Sentenza della Corte Suprema di Cassazione.

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I fatti che sono sfociati nella semenza di Cassazione n° 1635/2025 del 23 01 2025, hanno origine nel 2015, quando TIM propose l’incorporazione della controllata TIME S.p.A., azionista di controllo di Periderma S.p.A. con il 70%. L’incorporazione della capogruppo avrebbe portato sotto il controllo diretto di TIM alcune frequenze TV. Il progetto di fusione proponeva un rapporto di cambio che alcuni azionisti di risparmio ritenevano sottostimasse il valore della società incorporata. Inoltre era diffusa la percezione che alcune delle condizioni proposte fossero lesive dei diritti degli azionisti di risparmio di TIME. Per queste ragioni l’assemblea speciale degli azionasti di risparmio TIME, non approvò il progetto di fusione.

I Consigli di Amministrazione di TIM e TIME decisero unilateralmente che il progetto di fusione non richiedesse l’approvazione dell’assemblea speciale degli azionisti di risparmio. Nonostante i numerosi tentativi di trovare una soluzione condivisa, non fu possibile raggiungere un accordo. Di fronte all’assenza di risultati positivi, gli azionisti di risparmio di TIME incaricarono il loro rappresentante comune, Dario Romano Radaelli, commercialista a Monza (che conosciamo già in quanto riveste lo stesso ruolo per gli azionisti di risparmio di Banca Carige), di avviare un’azione legale per tutelare i loro diritti. La causa mirava ad ottenere l’annullamento della fusione che, a loro avviso, aveva arrecato un danno economico agli azionisti di risparmio.

La fusione, però, aveva cancellato gli azionisti di risparmio TIME, che erano diventati azionisti di risparmio TIM, qualora non avessero esercitato il diritto di recesso, con la conseguenza che l’incorporante aveva ritenuto che con la cancellazione della categoria azionisti di risparmio TIME fosse cessata anche la legittimazione ad agire in loro tutela, del loro rappresentante comune.

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Diversa l’opinione dei risparmiatori che ritenevano: finché ci sono diritti di una categoria da tutelare, i diritti di chi la rappresenta restano inalterati, sino a quando non sono giunti a conclusione i contenziosi aperti a loro tutela. Questa era la ragione del contendere che ha portato Dario Romano Radaelli, ad insistere per vedere riconosciuto il suo diritto di continuare ad operare nell’interesse di chi aveva ritenuto di avere subito un torto, condizione indispensabile per evitare che anche il ricorso aperto presso il Tribunale di Roma fosse lasciato decadere, togliendo così qualsiasi possibilità di risarcimento a chi era convinto di avere subito un torto da una fusione a cui si era opposto.

Lo strenuo difensore di una delle categorie più penalizzate negli ultimi anni, manifesta una più che legittima soddisfazione per avere ottenuto un il risultato perseguito con determinazione : – Sono lieto di aver contribuito all’ottenimento di un’importante pronuncia della Cassazione a rafforzamento dell’azione collettiva degli azionisti di risparmio, a consolidamento dell’autonomia e della funzione di garanzia del loro rappresentante comune e a prevenzione di possibili abusi nelle operazioni societarie. – poi aggiunge – Con questa pronuncia della Suprema Corte, si può ora riattivare il contenzioso da me promosso presso il Tribunale di Roma finalizzato a chiedere il riconoscimento di un pregiudizio patrimoniale degli azionisti di risparmio, quantificato nell’atto di citazione iniziale per un importo di € 4.372.815,28, importo che peraltro chiederò di rettificare in sensibile aumento sulla base della considerazione di alcuni elementi sopravvenuti.

Un sincero plauso al rappresentante comune e al team di legali che lo hanno assistito— Marco Saverio Spolidoro, Paolo Venturini, Maurizio Terragni e Marcello Gori —per aver affrontato con determinazione e senza timori reverenziali un vero gigante del mercato nazionale. Grazie alla loro caparbietà, hanno sostenuto con convinzione un principio giuridico che affonda le radici nell’articolo 47 della nostra Costituzione. Come vedremo, infatti, sono proprio i vincoli dettati dal rispetto dei diritti di chi fornisce il capitale necessario allo sviluppo dell’impresa a infastidire certi operatori di mercato, desiderosi di agire senza alcuna limitazione che possa frenare la loro discrezionalità nelle decisioni aziendali.

Le azioni di risparmio furono introdotte per consentire alle imprese di ottenere finanziamenti a un costo inferiore rispetto a quello dei prestiti bancari, senza intaccare la quota di controllo dell’emittente. Tra i diritti riservati agli azionisti di risparmio, spicca una significativa tutela del capitale investito, garantita dalla possibilità di eleggere un rappresentante comune. I costi legati a questa figura sono a carico dell’emittente, che ha anche l’obbligo di istituire e alimentare un fondo per eventuali ricorsi legali. È previsto, inoltre, il diritto (non il dovere) per la società di rivalersi sulla maggiorazione del dividendo.

Le finalità di queste agevolazioni sono: i) proteggere i risparmi investiti; ii) dissuadere gli emittenti dal compiere abusi; iii) agevolare la reazione dei danneggiati, favorendo un’aggregazione di competenze a costi individuali pressoché nulli. Grazie a questo sistema, in caso di abusi non reagisce un singolo individuo ma un’intera categoria, e il peso economico dell’azione legale ricade su chi ha commesso l’abuso. In cambio di questi e altri diritti, agli azionisti di risparmio non è riconosciuto il diritto di voto.

Per liberarsi di azionisti con diritti che li rendevano poco graditi agli emittenti, partendo da lontano, si è cercato d’introdurre modifiche che generassero gli stessi effetti delle azioni di risparmio, senza il peso dei diritti loro riservati. Il 24 giugno 2014 con il Decreto competitività, si aboliva il diritto di proporzionalità rispetto al numero di azioni possedute, il quale era in vigore sin dal 1942. Alle società non quotate si consentiva l’emissione di azioni con diritto di voto maggiorato, fino ad un massimo di 3 voti per ogni azione. Le modifiche progressive e la legge 21/2024 consentono alle società quotate di emettere azioni a voto multiplo, sino a 10 voti per ogni azione. Di fatto, azzerando il peso dei piccoli azionisti nelle assemblee e rimuovendo le motivazioni che erano alla base dell’emissione di azioni di risparmio che, molto lentamente ma inesorabilmente, si stanno riducendo sul nostro mercato.

Il fatto che la politica, indipendentemente dall’orientamento, consideri superfluo occuparsi dei diritti di tutela che la Costituzione ha voluto riservare al risparmio nazionale, evidenzia quanto sia scarso il peso elettorale riconosciuto ai risparmiatori. Questa realtà, unita all’eccellente risultato ottenuto grazie all’unione delle competenze descritte, dovrebbe offrire ai risparmiatori importanti spunti di riflessione:

  • competenza e determinazione possono contrastare gli abusi, garantendo la tutela del risparmio nazionale anche quando è investito sul mercato finanziario.;
  • ciò che appare poco conveniente e di gestione troppo complessa per i singoli può essere raggiunto attraverso la coesione in un gruppo ben organizzato;
  • chi si sente deluso dalla politica, percepita come asservita alla speculazione e agli interessi dei predatori finanziari, non dovrebbe abbandonare le urne, ma impegnarsi per sviluppare un’idea alternativa alle vecchie ideologie, promuovendo un modello di società in grado di espellere dal mercato chi sfrutta il risparmio nazionale;
  • il modo più efficace per generare il cambiamento è aggregare consensi attorno a un’idea evolutiva che porti alla creazione di una categoria dei risparmiatori: un soggetto collettivo capace di dialogare con i vertici politici, grazie a un peso elettorale rilevante; la frammentazione, infatti, non ha mai favorito la nascita di progetti innovativi.



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