Benvenuti in un nuovo genere che mette insieme le soluzioni drammaturgiche più efficaci della storia del teatro contemporaneo per raccontare le contraddizioni della società di oggi. Lo spettacolo che ha inaugurato la dodicesima edizione del Materia Prima Festival al Teatro Cantiere Florida di Firenze, “Bidibibodibiboo” di Francesco Alberici, è nello stesso tempo teatro civile e creazione letteraria, drammaturgia allo stato puro giocata su diversi piani. La storia vera diventa un apologo universale senza bisogno di passare attraverso invenzioni allegoriche, grazie al continuo scambio di ruoli che a loro volta alternano l’aderenza alla realtà con la maschera imposta dagli implacabili rapporti di potere.
Alberici si libera dell’allegoria all’inizio, consegnando agli spettatori un “libretto oggetto di scena da restituire” che contiene l’immagine dell’installazione di Maurizio Cattelan, da cui il dramma prende il titolo: lo scoiattolo che si è tolto la vita in una squallida cucina, tavolo in formica e vecchio boiler. Lo scoiattolo rappresenta l’ingenuità, le aspirazioni, le speranze di una generazione che vengono prima ingannate e poi distrutte dalla crudeltà di relazioni sociali che chiedono prestazione, sottomissione, competizione frenetica in cambio di sicurezza economica. Trasformano la solidarietà umana in violenza rivestita delle parole astratte delle dottrine aziendali soprattutto anglo-sassoni.
Una scena neutra con grandi pannelli e scatoloni accoglie i due protagonisti Daniele e Pietro: il regista – autore il primo, laureato in economia, ma deciso a portare avanti vocazioni artistiche e suo fratello, laureato in statistica, pianista di talento, che spinto dalle aspettative familiari e sociali, accetta di essere assunto in una grande innominabile multinazionale archetipo dei comportamenti e delle procedure interne delle grandi aziende protagoniste del sistema economico internazionale.
Daniele decide di raccontare la storia del licenziamento di Pietro che avviene nelle forme apparentemente “pastorizzate”, neutre e oggettive, ragionevoli ma che sono invece psicologicamente violente perché cercano di convincerlo che la colpa è sua e che comunque per lui è una “opportunità”. Nell’inesorabile corso degli eventi la scena prende a prestito gli stessi squallidi elementi della stanza dello scoiattolo suicida. Pietro, vittima del licenziamento, rimane solo, madre e fratello non riescono ad aiutarlo. Troppo legati come sono agli stessi meccanismi del potere economico disumanizzante. Daniele vuole raccontarne la storia perché pensa di aiutarlo, ma anche – ne è consapevole – spinto dalla ricerca di un’affermazione di autore e regista. La madre rifiuta qualunque corresponsabilità nelle scelte del figlio.
La conclusione è aperta. Pietro chiede al fratello di non mettere in scena la sua vicenda che è anche frutto delle sue scelte sbagliate e della ingenuità che lo ha portato ad accettare di essere una vittima sacrificale delle logiche più o meno aggiornate delle human resource aziendali. Ora ha preso coscienza delle violenze che ha subito e ricomincia da dove era partito, la musica: il luogo dove non c’è inganno e che lo aiuta a inquadrare la sua vicenda in un mondo dal lavoro che ha sempre meno diritti ed è costruito con tecniche sofisticate per impedire che si formi una vera forza contrattuale della parte più debole del dialogo sociale.
In coerente prosecuzione di quanto visto sulla scena, al termine dello spettacolo vi è stato un incontro moderato da Francesca Di Marco docente presso l’ISRT Toscana, organizzatrice del più singolare festival internazionale della letteratura giunto alla terza edizione che si svolge davanti agli edifici della GKN di Campi Bisenzio (4 e 5 aprile prossimi) con il motto “la working class scrive la sua storia”. Gli operai della fabbrica furono licenziati nel 2021 con una email e fra alterne vicende hanno deciso di assumerne la gestione e dare vita a un esperimento di riconversione industriale tramite un azionariato popolare e il sostegno del territorio. Presente anche una rappresentante del movimento degli insegnati e ricercatori precari dell’università, “definanziata e gestita con logiche aziendalistiche”, affermano, in lotta per ottenere sicurezze e tutele per il loro posto di lavoro. “Sono forme di un conflitto civile che può essere l’incubatore di qualcosa di nuovo”, ha detto Danio Dainelli componente del direttivo dell’associazione operaia della GKN.
Innovativo teatro civile è insomma l’opera che ha aperto la rassegna ideata Murmuris che quest’anno porta il titolo di “Caduta Libera”. Il lavoro di Francesco Alberici, premio UBU 2024 per il miglior testo italiano e finalista alla 56° edizione del Premio Riccione per il Teatro, è stato prodotto da SCARTI Centro di Produzione Teatrale di Innovazione, CSS Teatro stabile innovazione del Friuli Venezia Giulia, dal teatro stabile di Bolzano e dal Piccolo Teatro di Milano. Ottimi tutti gli interpreti: insieme ad Alberici, Maria Ariis, Salvatore Aronica, Andrea Narsi e Daniele Turconi.
foto di Francesco Capitani
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