Intervista a Tonino Asta, il barista che ha sfiorato il Mondiale

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 


Dal Cielo di Alcamo, come il poeta precursore della lingua italiana, al prato di Lecce, dove – con la maglia del Palermo addosso – si è consumato l’ultimo scatto della sua carriera. La vita calcistica di Tonino Asta è un romanzo partito dal campionato di Prima Categoria della periferia milanese e che ha trovato l’apice con il debutto in Nazionale, a 32 anni. Titolare in Italia-Usa nella sua Sicilia, a Catania, febbraio 2002, con Trapattoni in panchina. Una partita amichevole con vista sul Mondiale nippocoreano. Asta gioca con la maglia numero sette, in Giappone però non verrà convocato. “Quell’estate potevo andare a fare il Mondiale – racconta Asta a PalermoToday – ero il capitano del Torino e stavo andando alla grande ma poco prima mi infortunai in uno scontro con Davids e addio sogni di gloria. Poi decisi di scendere di categoria per indossare la maglia del Palermo”.

Oggi l’ex rosanero ha 54 anni. Nato ad Alcamo, Asta ha raggiunto la Serie A a 29 anni. Ruolo: ala destra infaticabile con un buon dribbling, polmoni inesauribili, cross niente male. Una rincorsa lunghissima verso la gloria: Corbetta, Abbiategrasso, Saronno, Monza fino ai templi del pallone, attraversati con le maglie di Napoli e Torino. Segno che il calcio non smette mai di scrivere favole. Quattro promozioni in A in tutto. Senza però la festa finale: perché Asta pur rientrando nel roster rosanero del 2003-04, in realtà in quel Palermo targato Baldini-Guidolin tornato in A dopo 33 anni, non fa in tempo a giocare neanche un minuto. Il motivo? L’infortunio subìto il 7 giugno 2003 nel drammatico “spareggio” di Lecce, a inizio ripresa. Il Palermo aveva bisogno di vincere al Via del Mare per andare in Serie A ma perde 3-0. Per rincorrere un pallone vicino alla bandierina, a partita ormai compromessa, Asta si rompe la caviglia – anzi, l’astragalo, un vocabolo entrato per la prima volta nel glossario palermitano – ma siccome Sonetti ha appena esaurito i cambi succede che lui resta in campo, ciondolandosi tra dolore e sconforto, in un contesto di festa e sballo totale, col popolo leccese ebbro di gioia.  

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Il cuore oltre l’ostacolo: quella notte salentina è lo specchio fedele della carriera di Asta. Una “taranta” che ancora pizzica i sonni di un uomo di 54 anni? 

“Mi infortunai dopo una volata sulla fascia con il terzino del Lecce, Abruzzese. Che dolore ancora oggi a pensarci. E’ stato l’ultimo scatto della mia carriera. Ma lui, Abruzzese, non ha alcuna colpa. Era un contrasto, la sfortuna ha voluto che l’ho saltato per evitare l’impatto ma nel mettere giù la caviglia non ho trovato l’appoggio”.

La caviglia che si rompe, il Lecce che giganteggia in campo mentre il pubblico sta impazzendo di felicità per la promozione.

“Rientrai in campo ma non potevo stare in piedi. Zoppicavo, forse ho toccato solo un pallone di testa. Ma i cambi erano finiti e dovevo giocare per forza. A 10 minuti dalla fine mi andai a sedere in panchina, ero distrutto”.

L’inizio di un calvario infinito

“Ho subìto tre interventi, sono andato dappertutto. Sono stato tre mesi all’Isokinetic a Bologna, ho girato diversi luminari. Sono stato dal professor Pier Paolo Mariani a Roma, per poi andare ad Anversa dal chirurgo belga, Marc Martens, noto in Italia soprattutto per aver curato Marco Van Basten. Ma non c’è stato nulla da fare. I medici mi dissero che restando in campo ho peggiorato la situazione, che forse era ancora recuperabile. Ma come facevo? Mica, potevo lasciare il Palermo in 10… Certo che ho dei rimpianti: qualche altro anno a buon livello lo potevo fare, a Palermo o ovunque”.

Dalla fine torniamo all’inizio di tutto

“Ho lasciato la Sicilia quando avevo due anni e mi sono trasferito a Milano. A sette anni sono tornato ad Alcamo con mio padre mentre mamma e mio fratello sono rimasti là. Andavo a vedere l’Alcamo, il mio idolo era Gaspare Umile, che bombe che tirava. Ma tifavo anche per il Palermo (come succede a molti della Sicilia occidentale) infatti quando facevamo i tornei io giocavo sempre con la maglia rosanero. A 10 anni mio padre mi ha riportato su. Tornato a Milano mi dicevano: ‘Ma come parli?’. E’ sempre stato il mio destino. Al Nord mi dicevano che parlavo in siciliano, in Sicilia mi dicevano che parlavo con la cadenza milanese. Alla fine mi è rimasto un accento che è difficile da decifrare. Ancora oggi chi non mi conosce bene pensa che io sia di Genova o Bologna. Ma se voglio parlare siciliano ci riesco benissimo. In milanese invece non ce la faccio proprio. Ad Alcamo c’è ancora mio papà, le vacanze estive le trascorro lì. E tra noi parliamo in dialetto…”. 

C’era una volta un giovane barista innamorato dell’Inter arrivato dalla Sicilia

“All’epoca oltre a tenere per il Palermo ero un tifoso nerazzurro anche perché papà, come molti emigrati, era interista. Abitavo vicino a San Siro. Ricordo Inter-Napoli 1989, quella dello scudetto del Trap: scavalcai ed entrai in campo, fu la prima volta che calpestai l’erba del Meazza. Ho lasciato presto le scuole, volevo fare la serale ma ho mollato. Dai 15 ai 22 anni ho lavorato al bar di mio zio, anche lui alcamese come tutti i miei parenti che vivevano a Milano. Mi svegliavo prestissimo. Una tazzina dietro l’altra, dalle 7 di mattina a fare caffè. Poi la sera mi andavo ad allenare: giocavo in Prima Categoria. Il calcio era la mia passione, facevo i caffè e pensavo al pallone. A poco a poco sono salito di categoria. Dal Seguro San Giorgio al Corbetta, fino all’Abbiategrasso. Le cose sono cambiate ai tempi del Saronno. Ero in D, la mattina lavoravo al bar ma gli allenamenti non erano più serali, perché si svolgevano di pomeriggio. Avevo 22 anni e mio zio mi disse: ‘Molla i caffè e buttati sul calcio’. Da lì in poi ancora promozioni in serie: la C2, la C1 con il Monza con Boldini allenatore e la B”. 

Stagione migliore della tua esistenza: la 2001-02. Contro il Milan parti dalla difesa e sfiori il gol. Fabio Caressa in telecronaca dice “Asta come Maradona”. Vincete 1-0, Terim viene esonerato e il Milan prende Ancelotti. Quella partita ha cambiato pure la storia dei rossoneri…

“A Caressa dopo tanti anni glielo dissi: ‘Cavolo, con quella frase mi hai rovinato’. Al primo allenamento dopo quella partita i miei compagni mi videro ed esclamarono in coro: ‘Ecco, arriva Maradona’. A parte gli scherzi, Caressa è stato carino, anche se è chiaro che il paragone non ci stava. Quelli col Toro sono stati 2-3 bellissimi: stavo bene, avevo un’autostima alle stelle, mi sentivo forte di personalità, ero libero di testa. Ero tornato bambino, come quando giocavo con gli amici nelle strade in salita nella mia Alcamo. Altra partita simbolo fu quel famoso derby con la Juventus da 0-3 a 3-3. Giocavo con la fascia da capitano al braccio, che tempi… Sono rimasto ancora oggi un tifoso del Toro”.

Asta esulta in maglia Toro - foto Lapresse-3

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Dall’esordio azzurro e al possibile Mondiale del 2002 alla B col Palermo

“Ci speravo nei Mondiali. Ero partito dal nulla, posso solo essere orgoglioso di quello che ho fatto. Però se ripenso a quei giorni con la maglia azzurra… Mi chiama il Trap, gioco dal primo minuto a Catania contro gli Usa. Non giocammo bene, vincemmo 1-0 con gol di Del Piero. Percepivo di avere una grande opportunità di fare parte dei convocati al Mondiale anche perché là a destra non c’erano molti giocatori. La concorrenza? C’era Di Livio che però aveva già 36 anni. Purtroppo 10 giorni dopo la partita con l’Italia mi feci male nel derby con la Juventus: contrasto con Edgar Davids, caviglia ko (ma non quella distrutta a Lecce, l’altra). Mi sono dovuto fermare due mesi. Tornai in tempo per le ultime tre ultime partite ma saltai un paio di amichevoli con la Nazionale e il treno era passato. Col senno di poi le percentuali di andare in Giappone erano alte…”.

Nel 2002 accetti la proposta di Maurizio Zamparini, nuovo presidente del Palermo

“Lasciai Torino dopo cinque anni da capitano, volevo rimanere in granata, ero perfettamente identificato con quei colori. Ma andavo a scadenza e con il mio procuratore capivamo che non c’era volontà di confermarmi. Era un Toro che sarebbe poi fallito un anno dopo, alla fine dell’era Ciminnelli. Io mi vedevo granata a vita, volevo restare anche dopo la carriera da calciatore. Da dirigente o da allenatore. C’erano tante squadre che mi volevano: il Chievo di Delneri per il suo 4-2-4, si era mosso anche Marotta che era alla Samp. Ma pure la Lazio, il Brescia di Mazzone e Baggio, e il Southampton. Sì, potevo andare in Premier. Tutte proposte che però non mi convincevano fino in fondo e infatti il mio procuratore si era arrabbiato. Io volevo stare in Italia, cercavo qualcosa che mi desse stimoli. Poi arrivò Zamparini, che aveva appena preso il Palermo: sapevo che voleva fare cose importanti. Così mi chiamò il procuratore, ho parlato con Rino Foschi. Mi disse: ‘Sarebbe bello per noi averti a Palermo, tu sei siciliano e questo per la squadra che stiamo costruendo è importante. Il Palermo stava per diventare una grande realtà del nostro calcio e così accettai”.

A Palermo hai fatto 30 ma non 31, ovvero il numero che avevi sulla maglia…

“Scelsi la 31 ma in realtà volevo la 13. Quella maglia l’aveva già Accardi, così ho invertito i numeri”.

In rosanero un avvio faticoso. Rimani fuori dai convocati per le prime partite a causa del ritardo nella preparazione atletica.

“Devo essere sincero: mi portavo da Torino un piccolo infortunio. Ci ho messo un po’ a carburare però nel ritorno giocai benissimo. Penso di avere fatto vedere belle cose. Segnai in primavera tre gol ravvicinati: nel derby in casa col Catania il sabato di Pasqua, al Napoli e al Genoa. A Lecce sfumò la promozione che però arrivò l’anno dopo in cui non ho potuto mettere piede in campo. L’ho vissuta, col cuore c’ero pure io, anche se non me la sento realmente mia quella promozione. Ma quel salto di categoria è nato l’anno prima, è stato programmato. Insomma, posso dire che abbiamo creato le basi. In squadra c’erano già Zauli, Morrone, Mutarelli”.

La figurina di Tonino Asta nel 2002

Dopo la maledetta notte di Lecce il recupero dall’infortunio è complicato e lungo, così dopo sei mesi il Palermo ti manda una raccomandata per informarti della rescissione del contratto “per giusta causa”, a un anno dalla scadenza naturale dell’accordo.

“E’ nato un contenzioso con la società. Dopo quell’infortunio sapevo che non sarei mai più tornato a giocare a calcio. Credimi, questo sarà per sempre un dolore. I medici mi dissero che quella sera a Lecce anche camminando ho peggiorato la situazione. Per la gloria sono rimasto in campo. Ho provato di tutto, mi sono sottoposto a degli interventi, avevo due anni di contratto. A un certo punto, mentre ero all’Isokinetic di Bologna mi dicono: ‘Il Palermo vuole fare vertenza per licenziarti, è arrivata una lettera’. Ero deluso, sapevo che avrei perso dei soldi. L’avvocato mi disse che sarebbe stato giusto patteggiare. Io continuavo a ripetere che non mi ero fatto male al mare o in montagna. Mi sono rotto una caviglia mentre ero in campo, per raggiungere un pallone. Arrivò Sagramola, mi disse: ‘Tonino che facciamo?’. Ci fu un tira e molla, presi l’aereo e andai a Vergiate nella villa di Zamparini per trovare una soluzione. Foschi cercò di convincerlo ad arrivare una mediazione. La mia carriera si è chiusa in un tribunale del lavoro a Milano e per com’è andata mi è dispiaciuto a livello umano. Penso che mi hanno fatto una causa e dico che si poteva evitare… Io ho provato in mille modi a tornare a giocare ma la caviglia non ce la faceva più. Del 2003-04 ricordo di aver fatto parte della rosa da fuori, ho conosciuto Baldini e Guidolin, sono ricordi indelebili. Peccato per com’è finita a Lecce, dopo 32 anni stavamo per centrare la promozione in A, sarei entrato nella storia. E poi chissà, forse avrei giocato altri cinque anni, perché comunque sono arrivato tardi nel calcio che conta e avevo voglia di recuperare il tempo perduto. In fondo non ho mai fatto il settore giovanile, mentre i miei coetanei erano in Primavera io ero al bar. Quando facevo i provini mi scartavano sempre, dicevano che ero piccolino”.

E ora che fa Asta?

“Ho allenato sempre in C e le giovanili, sono stato alla guida dell’under 18 granata, ora sono fermo. Qualche proposta mi è arrivata tra Primavera e C. Nel frattempo sono consigliere nazionale dell’Aiac, mi impegno. In questi giorni sono stato a Coverciano per delle riunioni. Sono in attesa di qualcosa di accattivante, cerco un progetto. Ho fatto tutte le categorie da giocatore e anche da tecnico sono stato ad allenare a quasi tutti i livelli. Obiettivamente pensare di allenare in A ormai è difficile. Cerco un progetto con i giovani”.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Tonino Asta - Lapresse

In fondo sei rimasto tifoso del Palermo… le prospettive dei rosanero?

“Spero che il Palermo possa salire in A già quest’anno tramite playoff, non si può sapere mai. Se acciuffa gli spareggi promozione sarebbe la squadra da battere. Dispiace per le difficoltà che ha incontrato quest’anno, ha valori importanti e la società è seria”.

Asta a inizio carriera era scartato da tutti perché troppo gracile. Quel ragazzo con le spalle strette alla fine si è fatto. E la maglia numero sette dell’Italia?

“Ce l’ho ancora. Non ero un grande collezionista da calciatore. Davo sempre la mia maglia agli avversari, al primo che me la chiedeva. Ne ho tenute pochissime. Invece la maglia numero sette dell’Italia l’ho tenuta. E’ ancora mia. Alla fine se mi guardo indietro penso che la carriera che ho avuto me la sono meritata. Tutto quello che ho ottenuto me lo sono gustato. Ho vissuto tante promozioni, gioie, soddisfazioni. Tutto quello che è arrivato me lo sono guadagnato in campo. Sì, c’è il rimpianto del Mondiale. Ma alla fine non è andata male se penso che fino a 22 anni facevo i caffè”.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *