18.13 – domenica 2 marzo 2025
Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Per provare la residenza a Monaco non bastano elementi solo formali. Se un cittadino italiano fissa la residenza in un paese a fiscalità privilegiata, iscrivendosi all’Aire, sussiste la presunzione legale di residenza in Italia, salvo prova contraria.
La residenza effettiva in un Paese a fiscalità privilegiata non può essere dimostrata, da parte del contribuente, presentando solo elementi formali, come l’iscrizione all’Aire, l’abitazione disponibile e autovetture di proprietà con targa del luogo, documenti di identità e patente rilasciati da tale Stato. Questo, in sintesi, quanto evidenziato nell’ordinanza della Corte di cassazione n.1292 del 20 gennaio 2025.
La controversia in commento prende spunto dall’attività posta in essere dall’Ufficio il quale – sulla base di un verbale (Pvc) della Guardia di Finanza – Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria di Padova e di una segnalazione dell’Agenzia delle dogane di Milano – ha rilevato che un contribuente nell’anno 2015 aveva messo in atto diverse attività fraudolente traendone proventi illeciti determinati complessivamente con emissione di fatture false e riciclaggio internazionale di valuta. Pertanto, notificava un avviso di accertamento con il quale assoggettava i proventi illeciti a tassazione ai sensi dell’art. 14, comma 4, della legge n. n. 537/1993 così come modificata legge n. 248/2006 di conversione del Dl n. n. 233/2006.
Il contribuente ricorreva contro l’atto impositivo, ma le sue ragioni venivano rigettate in entrambi i gradi di merito. Inoltre, contro la decisione della Ctr Campania il contribuente proponeva ricorso per cassazione affidandosi a due motivi di impugnazione e l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
Il ricorrente ha denunciato in primo luogo la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 del Dpr n. 917/1986 sia dell’articolo art. 43 del codice civile poiché il giudice regionale avrebbe erroneamente ritenuto che la documentazione e gli elementi prodotti dal contribuente non dimostrassero la sua residenza estera.
Inoltre, ha denunciato il vizio di motivazione, censurando l’omessa valutazione delle prove offerte nonché la valutazione delle stesse con particolare riferimento ai rilievi tecnici formulati in apposita consulenza, alle risultanze indiziarie richiamate in sentenza e alle plurime documentazioni prodotte in giudizio, riferibili all’effettività della residenza del contribuente presso il Principato di Monaco fin dal 1991 ed al conseguente difetto di potestà impositiva .
I giudici di Cassazione, con l’Ordinanza in commento, hanno ritenuto inammissibili entrambi i motivi di impugnazione condannando il contribuente anche al pagamento delle spese di giudizio liquidate nel giudizio di legittimità.
L’articolo 2 del Dpr n. 917/ 1986 testualmente prevede: «Soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile. Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale».
Pertanto, qualora il soggetto, che si sia cancellato dall’anagrafe nazionale e si sia iscritto ad una anagrafe estera (con conseguente inserimento del suo nominativo anche nell’Aire, Anagrafe italiani residenti all’estero), abbia fissato la sua residenza in un paese considerato a “fiscalità privilegiata” (quale, nel caso di specie, il principato di Monaco) vi è la presunzione legale di residenza in Italia e quindi di capacità impositiva, salvo prova contraria, che deve essere ovviamente fornita dal soggetto che risiede formalmente all’estero.
Nel caso in esame, il giudice di appello ha ritenuto che il contribuente non avesse dimostrato la propria residenza effettiva nel principato di Monaco poiché aveva presentato a tal fine solo elementi formali, che, peraltro, erano smentiti da una serie di ulteriori elementi indiziari dai quali, invece, poteva ricavarsi la residenza in Italia.
Nella motivazione della pronuncia di secondo grado si dà ampio risalto alle risultanze delle indagini svolte nei confronti del contribuente, rilevando che le prove contrarie addotte da quest’ultimo, invece, non erano idonee a confutare l’ampio materiale probatorio fornito dall’Ufficio.
In particolare la Ctr aveva evidenziato che gli elementi di prova contraria addotti dal contribuente erano costituiti da dati meramente formali: iscrizione all’Aire; mancanza di legami familiari con l’Italia; abitazione disponibile in Monaco; assicurazione sull’abitazione stipulata a Monaco; autovetture di proprietà con targa monegasca; consumi energia elettrica comprovanti l’uso dell’abitazione a Monaco; documento di identità monegasco, patente monegasca e passaporto comprovante la residenza a Monaco; dichiarazioni fiscali depositate a Monaco per gli anni 2014/2015/2016/2017; pagamento a Monaco dei contributi pensionistici).
Elementi tutti assolutamente insufficienti a vincere detta presunzione legale. La CTR, in definitiva e senza alcun soddisfacimento dell’onere della prova, che gravava sul contribuente, ha esaminato gli elementi addotti da quest’ultimo e li ha ritenuti insufficienti a dimostrare l’effettiva residenza nel Principato di Monaco.
Sia perché di natura meramente formale sia perché smentiti da una serie di ulteriori dati fattuali, emergenti dalle indagini esperite in sede penale.
In conclusione, la costante giurisprudenza di legittimità appare concorde nell’affermare l’inderogabilità del principio del domicilio fiscale e che la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione all’AIRE non siano elementi sufficienti a determinare l’esclusione della residenza fiscale del contribuente dall’Italia, occorrendo che “il soggetto in questione dimostrasse, circostanza questa di cui si dirà nel prosieguo, di non avere in Italia né la residenza né il domicilio.” (cfr. Sentenza Cassazione n.21694 del 8/10/2020).
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