Antonio Scurati, un nuovo libro per far cassa col Duce – Libero Quotidiano

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Novità in libreria. L’8 aprile esce per Bompiani il sesto volume in sette anni di Antonio Scurati su Mussolini, il quinto biografico. “M. La fine e il principio”, e già il titolo non nasconde la minaccia che ne seguiranno altri. L’arco storico comprende i 600 giorni del fu Duce, dall’8 settembre 1943, la data dell’armistizio, alla morte per mano dei partigiani, il 28 aprile 1945. Dovrebbe essere l’opera conclusiva, dopo le precedenti “M. Il figlio del secolo”, che racconta l’ascesa al potere di Benito, “M. L’uomo della provvidenza”, sui primi anni del regime, “M. Gli ultimi giorni dell’Europa”, fotografia della deriva che porta alla decisione irrevocabile, l’entrata in guerra dell’Italia, ed “M. L’ora del destino”, dal conflitto alla caduta del fascismo.

Di M. però non si butta via niente, il personaggio è una miniera d’oro per chi se ne occupa e Scurati pare essersi affezionato indissolubilmente al protagonista dei suoi romanzi, o agli introiti che da essi derivano, un po’ come Agatha Christie con il suo Hercule Poirot. Quindi, seguiranno probabilmente, per la gioia del conto corrente dell’autore, “M. La risurrezione”. “M. L’eredità”, “M. Figli e Figliastri”, “M. Cosa è rimasto”. “M. Quel che vi siete persi nei nove libri precedenti”. Non si può giudicare uno scritto prima di averlo letto ma, poiché quello di prossima uscita si annuncia come il (momentaneo) ultimo capitolo di una saga, e dati i tempi ristretti tra una pubblicazione e quella successiva, è lecito ispirarsi a quanto già visto per ipotizzare quel che andremo a leggere a breve.

 

COSA CI ATTENDE
«I dittatori non hanno alternativa, non possono declinare, sono costretti a cadere. Lui la lezione la conosce», scrive Scurati nel libro, parlando di Mussolini come della «bestia ferita che tenta il suo ultimo colpo di coda nei giorni in cui l’Italia conosce la sua ora più buia, l’ora della violenza più bassa e vile», quella della guerra civile, della caccia agli ebrei, della banda Koch, una sorta di polizia speciale fascista.

Se sarà paragonabile al primo volume, “M. Il figlio del secolo”, a oggi il capitolo più riuscito della saga, “La fine e il principio”, che racconta anche le vicende di tutti i coprotagonisti della storia, i cortigiani, i conniventi, quelli che fuggono e quelli che rimangono accanto al Duce in cerca della bella morte, risulterà un lavoro di rapida e avvincente lettura ma del valore storico di poco superiore a quello di un romanzo d’appendice.

Finora infatti, quello che l’autore ha fatto del dittatore «che ha cambiato per sempre la nostra storia e, con essa, il principio della libertà per l’Italia e per l’Europa» – così si legge nella nota della casa editrice – non è stato altro che un racconto a tesi, che non aggiunge nulla alla storia anzi, le toglie parecchio. Questo non solo per i ripetuti errori che il professor Ernesto Galli della Loggia non è riuscito a fare a meno di far clamorosamente notare fin dal primo libro, (nelle prime edizioni era perfino riportato che Gabriele D’Annunzio è nato a Pescia, anziché a Pescara), ma proprio perché la faziosità è nemica della verità e può arrivare a manipolarla perfino

 

inconsapevolmente.

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L’evoluzione dell’opera d’altronde è emblematica. Mussolini figlio del secolo è un personaggio negativo, ma l’autore non ne aveva nascosto il carisma, l’energia e perfino qualche capacità. Poi è arrivata la scelta editoriale, sacrosanta, di dedicare il lavoro all’antifascismo, essa ha pagato e si è deciso di mollare gli ormeggi da ogni minimo appiglio alla realtà per navigare nel mare torbido della narrazione partigiana. Un cambio di spartito intelligente; stante la pochezza del materiale esposto dell’autore, ben compensata da un racconto vibrante e contro-identitario, puntare sul messaggio politico semplice ancorché manipolatorio – abbasso il fascismo e vivai comunisti che ce ne hanno liberato – era una via quasi obbligata.

ALTRO CHE LIBERAZIONE
Così, come le rondini, a primavera ritorna dunque Scura ti, che ha avuto la fortuna, o l’avvedutezza, di sfornare libri in serie sul fascismo proprio durante la prima legislatura in Italia governata da un partito di destra, per cui molti progressisti ritengono che comprare una copia di “M.” sia più utile che andare in piazza quando convoca Elly Schlein; e vagli a dare torto. Aveva promesso, l’autore, che la sua ultima fatica sarebbe uscita proprio il 25 aprile, dichiarando che sarebbe stata anche una «liberazione personale». Tuttavia le logiche di botteghino poi devono aver prevalso, suggerendo di anticipare di un paio di settimane, per sfruttare meglio l’onda lunga dell’ottantesimo anniversario. Anche perché l’opera quinta, come la quarta e un po’ la terza, corre il rischio di essere più citata, celebrata e recensita di quanto non sarà effettivamente letta.

Tutto dà assuefazione, perfino l’antifascismo, e tutto contagia. Scurati, come spesso capita a chi dedica tanto della propria vita a un argomento, piano piano sta prendendo i tratti del personaggio oggetto del suo studio. Soprattutto la mascella sfrontata e il parlare stentoreo, che non ammette repliche. Nei nostri incubi finiremo per vederlo mentre si affaccia dal balcone di Piazza Venezia con il petto in fuori ad arringare la folla: «Antifascisti…». Se ogni fine è un nuovo inizio, parafrasando il titolo del bardo anti-mussoliniano, possiamo aggiungere che la produzione di Scurati è ormai una sorta di giro dell’oca, che ogni anno si spinge un po’ più in là per tornare poi immancabilmente ai concetti di partenza.

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