“Una riforma che tradisce chi ha lottato per la libertà”. Pm e giudici di Busto Arsizio uniti contro la separazione delle carriere

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Hanno sfilato in maniera simbolica con la toga, la coccarda tricolore e la Costituzione in mano dal Tribunale alla Procura, i magistrati di Busto Arsizio, in occasione della giornata di sciopero indetta dall’Associazione Nazionale Magistrati contro la riforma della Giustizia portata avanti dal ministro Nordio.

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Contro la separazione delle carriere oggi, 27 febbraio, in tutti gli Uffici giudiziari italiani, la Magistratura ha parlato con una sola voce. Il presidente della sezione bustocca Massimo De Filippo, sostituto procuratore, e la giudice Rossella Ferrazzi, in qualità di segretaria, hanno dato lettura del documento condiviso e sottoscritto da tutti i magistrati della Procura, dall’80% dei giudici e dal 90% del personale amministrativo nel quale spiegano le motivazioni della manifestazione che si è svolta in mattinata.

Di seguito il testo:

Un imperativo etico ci costringe ad assumere posizione. Siamo qui per difendere un principio che è il fondamento della nostra democrazia: una giustizia indipendente, libera da condizionamenti e interessi di parte. Il nostro non è uno sciopero per ragioni lavorative o professionali ma è un atto di testimonianza civica a difesa della Costituzione.

Siamo qui per manifestare ai cittadini – e come cittadini – la nostra preoccupazione. Siamo preoccupati perché la riforma sulla separazione delle carriere modifica in modo radicale la Costituzione intaccando il sistema di garanzia dei diritti dei cittadini.
Siamo preoccupati perché principi e valori, che per oltre settant’anni hanno guidato il nostro Paese, vengono messi in discussione.

Siamo preoccupati perché questa riforma non renderà una giustizia più giusta né più efficiente, ma aumenterà i costi senza ridurre i tempi dei processi. Siamo preoccupati perché la riforma del Ministro Nordio riscrive il modello di giustizia stabilito dai nostri Padri costituenti: espone la Magistratura al rischio di ingerenze esterne che provocheranno inevitabilmente disuguaglianze nel giudizio tra ricchi e poveri, potenti e cittadini comuni.

Questa riforma a chi serve davvero? Oggi siamo qui perché in gioco c’è qualcosa di più grande e più importante della Magistratura: la Giustizia stessa. La Giustizia è un bene comune e abbiamo il dovere come cittadini di custodirla insieme.

La mostra sulla riforma

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Oltre all’iniziativa simbolica l’Anm ha anche installato una serie di pannelli nel corridoio del piano terra, proprio dove ci sono le aule di giustizia, sui quali è spiegata la riforma portata avanti dal governo Meloni. I magistrati sono rimasti per tutto il giorno a disposizione dei cittadini per spiegare, dal loro punto di vista, perchè sono contrari.

Riforma della Magistratura: separazione delle carriere e nuova governance del CSM

Il disegno di legge di riforma della magistratura introduce significative modifiche al sistema giudiziario italiano, sancendo la separazione tra la carriera dei magistrati giudicanti e requirenti e ridefinendo l’assetto del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM).

La riforma prevede l’istituzione di due distinti CSM: uno per la magistratura giudicante e uno per quella requirente, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica. La composizione di questi organi avverrà tramite sorteggio, sia per i membri togati sia per quelli laici, che saranno selezionati da un elenco predisposto dal Parlamento. La riforma esclude il CSM dalla competenza sui procedimenti disciplinari, trasferendo questa funzione a una nuova Alta Corte disciplinare, composta da 15 membri, tra magistrati e giuristi, anch’essi selezionati mediante sorteggio.

Un’altra innovazione riguarda la Corte di Cassazione, che potrà nominare consiglieri per “meriti insigni”, inclusi pubblici ministeri con almeno 15 anni di esperienza. Questa previsione rappresenta un’eccezione alla separazione delle carriere, consentendo ai magistrati requirenti di accedere a funzioni giudicanti.

Il provvedimento demanda alla legge ordinaria dettagli cruciali, come le modalità di concorso e la formazione dei magistrati, sollevando interrogativi sulla futura applicazione della riforma.

Quali sono i pro e i contro?

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I Pro: più terzietà e un processo più equilibrato
Uno degli argomenti principali a favore della riforma è la garanzia di maggiore imparzialità dei giudici, che oggi condividono formazione e percorso di carriera con i pubblici ministeri, generando il rischio di una vicinanza culturale tra accusa e giudizio. Separare i ruoli rafforzerebbe la neutralità del magistrato giudicante.

Inoltre, la separazione delle carriere avvicinerebbe il processo italiano ai modelli accusatori, come quello anglosassone, rendendo il pubblico ministero più simile a un avvocato dell’accusa e bilanciando il confronto con la difesa. Un altro punto a favore riguarda l’eliminazione della possibilità per un magistrato di passare dal ruolo di PM a quello di giudice e viceversa, garantendo maggiore coerenza nella funzione svolta (in realtà oggi avviene solo nello 0,5% dei casi anche grazie a riforme recenti che ne hanno limitato il passaggio). Infine, il pubblico ministero avrebbe un ruolo più definito, distinguendosi chiaramente come parte del processo e assumendo una maggiore responsabilizzazione per eventuali errori investigativi.

I Contro: rischi per l’indipendenza del PM e maggiore burocrazia
Uno dei principali timori riguarda la possibile perdita di indipendenza del pubblico ministero. Attualmente, i PM sono autonomi dal potere politico, ma una separazione delle carriere potrebbe aprire la strada a una riforma del loro status, esponendoli a pressioni da parte dell’esecutivo.

Un altro aspetto critico è la possibile insorgenza di ritardi e inefficienze nel sistema giudiziario. Una separazione rigida potrebbe ostacolare il coordinamento tra giudici e PM, rallentando indagini e processi. Inoltre, la riforma richiederebbe una modifica costituzionale, dato che l’articolo 104 della Costituzione prevede attualmente un’unica magistratura. Ciò renderebbe il percorso legislativo lungo e politicamente complesso.

Infine, la creazione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura potrebbe aumentare la burocrazia e le difficoltà di gestione tra i due organi, invece di semplificare l’ordinamento giudiziario.

Conclusione
La separazione delle carriere rappresenta un cambiamento profondo che potrebbe garantire maggiore imparzialità ai giudici e un processo più equilibrato, ma al tempo stesso pone interrogativi cruciali sull’indipendenza del pubblico ministero e sulla funzionalità del sistema giudiziario. Qualsiasi intervento in questa direzione richiederà un’attenta valutazione per evitare effetti negativi sulla giustizia italiana.

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