Corte Conti Campania, procuratore Giuseppone contro ddl Foti: “Crea casta di privilegiati”

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Si siede nella sala riunioni, davanti ai cronisti, e anticipa ogni domanda. “Che cosa succederà alla Corte dei conti?”. Parla quasi un quarto d’ora di fila Antonio Giuseppone, il procuratore regionale della Campania. Tutto per sparare a zero sul ddl Foti, in discussione in Parlamento. Il disegno di riforma della magistratura contabile, che “se venisse approvato così com’è, creerebbe una casta di privilegiati”. Loro, i pubblici amministratori e dipendenti. Non risponderebbero “se non in misura minimale dei danni cagionati dalla loro attività”. La parola ‘casta’ elettrizza una mattinata piovosa. Per la Corte dei conti, è il giorno di inaugurazione dell’anno giudiziario. Ma anche quello di uno spartiacque. Secondo i magistrati, presto quest’organo non sarà più lo stesso. Prima della cerimonia a Napoli, presso Villa Pignatelli, Giuseppone convoca la stampa in procura. E si lancia in una dura requisitoria. Il ddl Foti, voluto dalla maggioranza, “interviene pesantemente sulla Corte dei Conti”. Cita i contenuti del testo di legge. L’azione di responsabilità potrà essere esercitata solo dalla procura generale a Roma. L’ufficio centrale avrà competenza su tutta Italia, ridimensionando le procure regionali. “Si tornerebbe indietro di 30 anni” accusa il procuratore della Campania. Viceversa, gli inquirenti sui territori sono “un baluardo per la garanzia della corretta gestione del denaro e dei beni pubblici, se viene meno immaginate cosa potrebbe accadere”.

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Il ddl prevede anche un tetto alla risarcibilità del danno erariale. Il condannato non pagherà l’intero, ma solo una frazione. “Pensando che – attacca Giuseppone – in questo modo la pubblica amministrazione funzionerà meglio, ma il tetto non farà venir meno il danno: tutto il resto non sparirà ma resterà a carico della collettività”. Altro capitolo della riforma: l’obbligo per le amministrazioni di stipulare polizze assicurative, a spese loro. Così coprirebbero gli eventuali danni causati da dipendenti e amministratori. Il disegno di legge, peraltro, incide su un quadro già problematico. Un decreto del governo Meloni proroga al 30 aprile di quest’anno lo scudo erariale. Resiste dunque un provvedimento introdotto nel 2020, in piena tempesta Covid, per bloccare le indagini su condotte gravemente colpose. “La norma – oobietta Giuseppone – poteva avere un senso all’indomani della pandemia, ma ormai questa è finita da almeno 2 anni”. Lo scudo, di solito, viene giustificato con “la paura della firma”. Il timore che paralizzerebbe tante attività amministrative. Un falso mito, però, per il procuratore della Campania. “Sento dire che – si sfoga – noi procuratori siamo Torquemada che terrorizzano, invece è una sciocchezza”. E sventola i dati delle Procure regionali in Italia. A fronte di 1061 atti di citazione emessi nel 2023, risultano 22.647 fascicoli archiviati. Cioè si arriva a processo nel 4,47% dei casi, rispetto al totale delle indagini aperte. I controlli, del resto, sono doverosi e inevitabili. Ma quasi mai sfociano in contestazione diretta.

Eppure, da un lustro si continua a ‘scudare’ tante condotte (escluso il dolo commissivo). E analizzando l’ultimo quinquennio, Giuseppone sottolinea: “Non è che la pubblica amministrazione si sia coperta di gloria”. Emblematica la gestione dei fondi Pnrr. Proprio il settore simbolo dello scudo. Lì c’è la scusante della scadenza, fissata nel 2026. Ma per il recovery fund “l’Italia è in forte ritardo nella spesa, lo ha detto la Corte dei conti europea” ricorda il procuratore. Altri esempi non mancano, nel Paese. Le liste d’attesa nella sanità. Oppure “l’enorme sperpero di denaro pubblico per l’acquisto di mascherine in pandemia” rievoca il capo della procura. “Pagate il quintuplo del valore e nemmeno omologate – rammenta – abbiamo speso 1,3 miliardi buttati, di cui nessuno pagherà”. Piuttosto, Giuseppone rivendica il percorso virtuoso del suo ufficio. “Senza avviare giudizi di responsabilità – spiega – col nostro lavoro abbiamo indotto le amministrazioni a ritornare sui loro passi. Per esempio in materia sanitaria abbiamo accertato un recupero di fatture indebitamente liquidate da tutte le aziende sanitarie della Campania per oltre 30 milioni di euro”. Chissà quanti avrebbero poi risarcito il danno, pensando allo scudo. Ma questa è un’altra storia.



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