Non è particolarmente roseo il panorama del venture capital in Italia secondo “State of Italian VC”, il report di P101 presentato il 25 febbraio 2025 a Milano con tutti i dati sull’evoluzione di questa forma di finanziamento in cui gli investitori forniscono capitali alle startup e alle piccole imprese con un potenziale di crescita elevato in cambio di una partecipazione azionaria. L’Italia sale al decimo posto in Europa per investimenti realizzati negli ultimi cinque anni, ma scivola al quart’ultimo posto per quelli pro-capite. In dieci anni il nostro Paese ha duplicato la sua capacità di raccolta fondi, ma rappresenta ancora una piccola frazione del totale europeo (4%). “Il venture capital non è solo una questione di soldi, ma anche di narrazione e cultura” ha detto Andrea Di Camillo, CEO di P101, durante la presentazione dell’evento. “Nel 2012 in Italia c’erano zero investitori, oggi sono più di quaranta. Per crescere ancora, dobbiamo fare le cose con un approccio globale e guardare maggiormente all’Europa”.
Ma vediamo meglio i dati emersi dal report (la versione integrale è disponibile a questo link)
Ecosistema Italia: 12.054 startup innovative per un valore di 2,4 miliardi
L’ecosistema dell’innovazione italiano conta oggi oltre 14.000 imprese innovative: l’84% è rappresentato da startup (12.054) cui si sommano circa 2.000 PMI innovative. Le 14.000 imprese innovative italiane hanno generato nel 2024 un valore della produzione complessivamente pari a 8,6 miliardi di euro – con le startup che hanno contribuito per 2,4 miliardi di euro (28%) – occupando oltre 60.000 persone, un terzo delle quali impiegate in startup (20.000).
Italia agli ultimi posti in Europa per investimenti pro-capite nel 2024
In dieci anni, il VC italiano ha complessivamente investito in startup circa 8,6 miliardi di euro (+ 467% dai194,3 milioni del 2015). Di questi, circa 7 sono stati investiti negli ultimi 5 anni.
Dal 2020 al 2024, l’Italia ha guadagnato terreno, classificandosi decima in Europa per investimenti: ha superato l’Austria (6 miliardi) e il Portogallo (5 miliardi). Ma resta lontana dalla Spagna (13,1 miliardi di euro) e dai tre Paesi che continuano a dominare il mercato: Regno Unito (114,2 miliardi di euro), Francia (50,6 miliardi di euro) e Germania (48,8 miliardi di euro).
Guardando al 2024, gli investimenti europei sono arrivati a sfiorare i 60 miliardi di euro attraverso 13.451 operazioni (-22%), con l’Italia che ha investito 1,1 miliardi (-9,5% sul 23) attraverso 628 deal (-28%) realizzati da un numero crescente di operatori di VC che nel decennio sono passati da circa 30 a 150.
Il capitale mediano investito in startup italiane ha raggiunto i 540.000 euro, più che raddoppiato dai 250 mila di euro del 2023 e quintuplicato dai 110 mila euro del 2015. Tuttavia, l’Italia rimane ben al di sotto di Spagna (1,0 milioni di euro), Francia (2,19 milioni di euro) e Germania (3,22 milioni di euro).
Nonostante sia la quarta economia d’Europa, gli investimenti di venture capital in Italia rimangono sproporzionatamente bassi: gli investimenti pro-capite nel 2024 ammontano a 114 euro, valore che fa scivolare l’Italia al 24° posto, quart’ultima tra i Paesi dell’Unione Europea.
Venture capital italiano ancora troppo concentrato sul pre-seed
Nel 2024, il mercato italiano è rimasto fortemente concentrato sulle operazioni Pre-Seed. L’Italia continua ad essere il Paese con il maggior numero di questi round (56% del totale) che tuttavia hanno attratto solo il 5% del capitale totale. D’altra parte, le operazioni Late Stage hanno rappresentato solo il 16% del numero di operazioni, ma hanno assorbito il 69% degli 1,1 miliardi di euro investiti (dal 25% del 2015). La Spagna ha mostrato uno schema simile, per contro, Francia e Germania hanno mostrato un’allocazione più equilibrata così come l’Europa nel suo complesso.
Venture capital, i settori di investimento 2024: deeptech e cleantech
Nel 2024 è avvenuto un cambiamento strategico con un sostanziale riorientamento del capitale verso sostenibilità, automazione e aerospaziale, rispetto all’economia digitale precedentemente dominante. Se nel recente passato gli investimenti di VC in Italia si sono concentrati su FinTech, E-Commerce e SaaS – che complessivamente in cinque anni hanno attratto rispettivamente 1,77 miliardi, 1,46 miliardi di euro e 1,46 miliardi di euro – nel 2024 l’Italia ha accelerato sul deeptech su cui ha investito 693 milioni di euro (+14% sul 23, ma in crescita di 7,5 volte rispetto agli 84 milioni di euro del 2015) candidandosi potenzialmente ad hub per le tecnologie di frontiera.
Fanno parte di tale ambito il CleanTech, il settore più finanziato in Italia con 306 milioni di euro, (+71% anno sul 23 e +1.327% dal 2020), seguito da Space Technology (161 milioni di euro, +233% sul 23 e +1.508% dal 2020) e Robotics & Drones (161 milioni di euro, +443% sul 23 e +1.230% dal 2020). I tre segmenti evidenziano una crescita vertiginosa a 5 anni, a conferma della forte evoluzione dei trend di investimento.
Il settore italiano dell’intelligenza artificiale e Machine Learning (AI e ML), al primo posto in Francia (2,97 miliardi di euro, +66%) e Germania (1,77 miliardi di euro, +19% anno su anno), è sesto in Italia (155 milioni da 193 milioni del 2023), mentre la Cybersecurity ha quasi triplicato i finanziamenti, raggiungendo i 52 milioni di euro, a testimonianza delle crescenti preoccupazioni per la sicurezza digitale.
Milano capitale del Fintech, Roma dell’AI
Tra il 2020 e il 2024, il Nord-Ovest ha dominato il panorama italiano del VC, attirando investimenti per 5,3 miliardi di euro (76% del capitale totale) attraverso 1.900 operazioni, investiti in larga parte a Milano (4,1 miliardi di euro) che continua a guidare gli investimenti nel FinTech.
Il Nord-Est si è assicurato 459 milioni di euro, prevalentemente investiti in SaaS, Life Sciences e CleanTech, con Bologna come hub principale (89 milioni di euro). Il Centro ha attirato investimenti per 796 milioni di euro, trainati da Roma (295 milioni di euro), particolarmente attiva nell’AI, EdTech e Robotica, e Pisa (201 milioni di euro). Il Sud conta investimenti per 304 milioni di euro trainati da Napoli, (95 milioni di euro), che ha mostrato una crescita promettente nella Sanità digitale e nel SaaS.
Le exit: 27 nel 2024 (con nessuna IPO)
Nel 2024, le 27 exit del VC sono state dominate da acquisizioni e buyout mentre le IPO sono scese a zero dalle 3 del 2023. Il mercato europeo delle IPO è molto più dinamico: nel 2024, l’Europa ha registrato 235 IPO totali (22 in Italia), di cui 18 sostenute da VC (7,7%).
Le società supportate da VC hanno contribuito in modo minimo al mercato delle IPO in Italia, con un totale di sole 24 quotazioni in dieci anni, mentre nel corso del decennio, l’Europa ha visto 616 IPO sostenute da VC, 25 volte più dell’Italia.
Le acquisizioni si confermano la via principale per le exit italiane, stabilizzandosi tra 20 e 26 operazioni all’anno dal 2015, anche se le 21 del 2024 restano al di sotto di Spagna (31), Francia (108) e Germania (93). Il private equity sta mostrando un maggiore interesse per le startup italiane, ma il mercato rimane piccolo rispetto ai principali paesi europei. Nel complesso, il mercato italiano delle exit si sta sviluppando, ma rimane poco liquido e dinamico, con un ritardo significativo nelle IPO e un numero assoluto di operazioni ancora limitato.
La raccolta: 20 miliardi attraverso 228 fondi
Nel 2024 in Europa sono stati raccolti oltre 20 miliardi di euro attraverso 228 fondi, 17 dei quali hanno superato i 500 milioni di euro di capitale raccolto, mentre due hanno chiuso la raccolta sopra la soglia del miliardo di euro. Di questi 228 fondi, solo 15 sono italiani: nessuno di questi ha superato i 250 milioni di euro e la raccolta italiana nel 2024 si è chiusa a quota 837 milioni di euro, evidenziando, tuttavia, un calo (-28% sul 23) decisamente inferiore rispetto a Spagna (-63%), Francia (-45%) e Germania (-64%), a conferma della resilienza dell’ecosistema italiano e del suo ruolo crescente nel VC europeo.
In dieci anni in Italia sono stati raccolti attraverso 119 fondi 7,4 miliardi di euro, 5 dei quali negli ultimi 5 anni. Sebbene l’Italia abbia duplicato in dieci anni la sua capacità di raccolta fondi, rappresenta ancora una piccola frazione del totale europeo: tra il 2020 e il 2024, i fondi europei hanno raccolto 164,5 miliardi di euro, trainati da tre Paesi, Regno Unito (47,4 miliardi di euro), Germania (18,9 miliardi di euro) e Francia (15,3 miliardi di euro).
L’aumento delle dimensioni dei fondi, idealmente trainati sempre più da investitori istituzionali, sarà fondamentale per rafforzare la capacità di investimento in innovazione dell’Italia e tenere il passo dei paesi europei che oggi dominano il settore.
Gli investitori
Cresce la presenza di investitori esteri in Italia che nel 2024 sono arrivati a rappresentare il 45% dei 498 investitori in startup, in deciso aumento rispetto al 29% del 2020, trainati soprattutto da player europei, mentre la partecipazione di operatori nordamericani è rimasta relativamente stabile nel tempo al 10-12%, così come quella di investitori asiatici e del resto del mondo che rappresentano meno del 6%.
La fotografia degli investitori in fondi di VC (“Limited Partner” o “LP”) fa emergere alcune peculiarità italiane: sono al 68,5% nazionali, dato che si confronta, per esempio, con i 43,8% della Germania, e sono prevalentemente istituti bancari (20,3%), mentre è scarsa la partecipazione delle compagnie di assicurazione: in Italia rappresentano solo il 3,5% degli impegni nei fondi, rispetto, per esempio, al 15,9% della Francia. Quest’ultima vede un elevato coinvolgimento anche degli high-net-worth individuals (7,9%) che in Italia contribuiscono ai commitment solo al 2,8%.
Questa fotografia evidenzia la necessità per il VC del Paese di accelerare la diversificazione dei propri investitori, elemento essenziale all’aumento della dimensione dei fondi e della capacità di investimento in innovazione.
VC italiano: oggi è un’industria, ma resta il gap con l’Europa
“In dieci anni – ha concluso Andrea Di Camillo – il Venture Capital italiano si è trasformato diventando un’industria: siamo passati da circa 30 a 150 operatori di VC, abbiamo decuplicato la capacità di investimento e contribuito allo sviluppo di imprese innovative in cui sono stati investiti quasi 9 miliardi di euro. Tutto questo, mentre i fondi sono diventati un asset class interessante. Ma resta ancora molto da fare – ha aggiunto – per colmare il gap con altri Paesi europei. Investimenti pro-capite in fondo alla classifica europea generano ovvie conseguenze: meno aziende, operatori sottodimensionati, meno storie di successo, maggiore difficoltà ad espandersi internazionalmente e quindi un processo di rinnovamento imprenditoriale con cicli più lunghi. Il mercato deve diventare più dinamico e il VC deve continuare a crescere con il supporto di capitali pazienti, perché l’orizzonte temporale dell’innovazione non può essere di breve termine. Questi capitali iniziano ad arrivare anche da oltre confine, da investitori consapevoli che questo è il momento di investire sull’innovazione europea e che l’Italia può rappresentare un’opportunità perché l’ecosistema del VC ha oggi basi solide ed è entrato in una nuova importante fase di sviluppo. Ma non è solo una questione di capitale. La diffusione in Italia di una cultura del valore dell’innovazione e della nuova imprenditorialità può liberare risorse, anche finanziarie, ed alimentare un ciclo virtuoso indispensabile a non lasciare il Paese indietro in una fase di grandi cambiamenti come quello attuale”.
(A cura di Luciana Maci)
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