Governare bene è anche sapere informare

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Vale la pena tornare sugli aumenti del costo dei biglietti dell’autobus per rimarcare un aspetto che riguarda l’informazione che ci è stata data. Come ha osservato Giampiero Moscato su queste colonne (qui), l’Amministrazione comunale avrebbe fatto “errori di comunicazione”. In realtà c’è in più un difetto di trasparenza dei dati che si manifesta in una mancanza di informazione, che rende il cittadino incapace di capire. E quindi di apprezzare o meno le spiegazioni che gli vengono date

di Pier Giorgio Ardeni, economista dello sviluppo


Cosa non è chiaro, dunque? Il sindaco Matteo Lepore ha affermato che gli aumenti – delle singole corse e dei citypass – riguarderanno solo una fascia ristretta di utenti, principalmente quelli “occasionali” e i turisti, mentre gli abbonati, cui già vengono offerti numerosi sconti e riduzioni e che sono la maggioranza degli utenti, non soffriranno gli incrementi.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Quanti sono gli abbonati (mensili e annuali) in tutti i territori serviti? Da documenti comunali sparsi si viene a sapere che gli annuali sono 142mila, i mensili ben 795mila. Questi, ovviamente, non prendono il bus tutti i giorni. Secondo le fonti Tper (ultimo bilancio annuale, dati 2023), i viaggi totali sono stati 135.500.000 (371.233 al giorno), ma quanti di questi avessero un abbonamento non è dato sapere. Il sindaco afferma che siano l’83%, il che equivale a supporre che 112.788.000 sarebbero i viaggi dei passeggeri con abbonamento, i rimanenti 22.712.000 sarebbero dunque stati passeggeri con biglietto singolo o citypass.

Non avendo trovato informazioni su quanti citypass siano stati erogati, possiamo solo fare delle ipotesi. Se, per esempio, fossero stati venduti 500 citypass al giorno per 365 giorni, ciò vorrebbe dire che 1.825.000 di quei passeggeri/viaggi avrebbero avuto un citypass di € 14 (al costo, di € 1.40 a corsa). E vorrebbe anche dire che i rimanenti 20.887.000 passeggeri/viaggi non abbonati avrebbero avuto un biglietto singolo di € 1.50.

Tper ci informa che i ricavi per il trasporto passeggeri 2023 sono ammontati a € 180.242.000. Se da questi sottraiamo i ricavi ottenuti per quei 500 citypass al giorno (€ 2.555.000) e i ricavi ottenuti dalla vendita di biglietti singoli (€ 31.330.500), vorrebbe dire che i restanti € 146.356.500 sarebbero stati ottenuti dalla vendita degli abbonamenti.

Ora, mentre è “facile” risalire al ricavo degli abbonamenti annuali (supponendo che siano stati pagati tutti € 300 come da listino prezzi), ovvero € 42.600.000, non così semplice è il computo degli abbonamenti mensili. Se sono davvero stati 795mila, vorrebbe dire che ogni abbonamento è costato € 130.5, visto che il totale dei ricavi ammonta a € 103.756.500, il che non è plausibile. Un abbonamento mensile costa, da listino, al massimo € 36 e per arrivare a quel ricavo complessivo ne sarebbero dovuti essere venduti ben 2.882.125. Come si può vedere, i numeri non tornano, semplicemente perché, a noi, manca qualche informazione.

In ogni caso, supponiamo che i biglietti singoli e i citypass siano quelli indicati sopra, corrispondenti a 62.225 corse al giorno. Cosa comporterà l’aumento annunciato del biglietto a € 2.30 e del citypass a € 19? Un introito complessivo di € 51.507.600, maggiore di quello odierno di € 17.622.100, pagati da quei 62.225 passeggeri senza abbonamenti.

Si è detto che quei passeggeri sono “occasionali”, inclusi i turisti. Considerato che i turisti alloggiano, nelle loro brevi visite, prevalentemente in centro, c’è da pensare che quel sovrappiù lo pagheranno soprattutto i bolognesi che non voglio usare l’auto (anche i parcheggi, peraltro, saranno ora più costosi). Forse non proprio i pendolari – che si presume abbiano un abbonamento – ma coloro che prendono il bus ogni qualvolta ne abbisognano.

Certo, l’aumento non è un incentivo a prendere i mezzi pubblici, per chi non si è deciso ad abbonarsi a un costo che, se non è “spalmato” su un numero di corse sufficienti, è comunque alto. E a pagarlo sarà soprattutto chi fatica a far quadrare i conti. Ed è una scommessa da parte dei nostri Amministratori, perché l’aumento delle tariffe è sempre una tassa “regressiva” che colpisce i meno abbienti. Con i numeri che abbiamo visto, potrebbe infatti aversi un calo dei passeggeri, quantificabile in quasi 24mila al giorno (dei 62mila che erano). Considerando la distribuzione del reddito tra i bolognesi – che vede una larga fetta sotto i 12mila euro l’anno – potrebbero essere questi i primi a rinunciare a un servizio troppo caro.

Come ha ammesso il sindaco nell’illustrare il bilancio, al Comune sono stati tagliati i fondi (dal Governo) e l’aumento delle tariffe del Trasporto pubblico locale risponde all’esigenza di fare cassa per spendere altrove. L’incremento delle entrate previsto – quantificato sopra in € 17 milioni – è appena più alto di quanto oggi versa il Comune nella casse di Tper ogni anno, € 16 milioni, ed è forse questo un modo per risparmiare alla voce Tpl. L’azienda Tper, però, ha avuto un utile di € 8,5 milioni, quest’anno (in aumento sugli anni precedenti) ed è forse da lì che si poteva “pescare” per non far ricadere la manovrina sui bolognesi meno abbienti. Ma tant’è. Si afferma che saranno i turisti a pagare il conto più salato.

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Sarà, ma una corretta informazione ci avrebbe fatto sapere come si distribuiscono gli abbonamenti, quanti sono i turisti che mediamente prendono l’autobus, per farci capire meglio perché si è pensata una manovra del genere. Ma non è prassi e dobbiamo accontentarci di informazioni sommarie. E abbozzare. Governare bene, però, significa anche informare.




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