Autonomia strategica? Ecco le riforme che l’Ue deve sbloccare

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Negli ultimi anni il continente europeo si trova ad affrontare una profonda trasformazione economica e digitale, che richiede non solo la modernizzazione dei modelli tradizionali ma anche un ripensamento radicale della regolazione. Secondo i dati della Commissione Europea, il mercato digitale rappresenta oggi il 9,5% del PIL dell’UE, con una crescita media annua del 7,8% nell’ultimo quinquennio.

In questo contesto, l’obiettivo primario è liberare le energie private e favorire la nascita di campioni nazionali ed europei in grado di competere efficacemente su scala globale, senza affidarsi in maniera acritica a paradigmi esogeni. La crisi dei vecchi modelli e l’evoluzione del panorama internazionale impongono una riflessione profonda sulla necessità che l’Europa inizi a camminare sulle proprie gambe.

Investimenti in R&S delle aziende europee frenati da burocrazia e normative rigide

Un elemento cruciale di questo processo di rinnovamento è rappresentato dalla spinta verso l’innovazione, che va di pari passo con la riforma dei meccanismi economici tradizionali. Le analisi mostrano che le aziende europee investono in R&S solo il 1,9% del PIL, rispetto al 3,1% degli Stati Uniti e al 3,8% del Giappone. Le sfide del mercato globale impongono un ripensamento dei sistemi normativi, troppo spesso caratterizzati da un’eccessiva regolazione ex ante che, pur volendo garantire trasparenza e sicurezza, rischia di soffocare la creatività e l’agilità imprenditoriale. Studi recenti indicano che le imprese europee spendono in media 24 giorni all’anno per adempimenti burocratici, con un costo stimato di circa 90 miliardi di euro.

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La burocrazia e le normative rigide possono infatti bloccare il potenziale innovativo di molte iniziative private, impedendo loro di tradursi in investimenti concreti e in innovazioni dirompenti. L’obiettivo di ogni Agenda Digitale deve essere quella di abbattere le barriere e creare un ambiente economico dinamico, che permetta alle imprese di reagire con rapidità ai mutamenti del mercato e di sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla trasformazione digitale.

Il Trump bis e le sfide per l’Europa

A tutto questo si aggiungano inoltre le criticità del “secondo” Trump, molto più spregiudicato e deciso nel voltare pagina sul tradizionale rapporto di amicizia tra gli USA e paesi europei e con l’Europa in generale, a partire dal settore della difesa. Questo approccio, che evidenzia una volontà di rompere con i vecchi schemi, costringe la stessa Europa a riflettere sulla necessità di una propria autonomia strategica. Nessun paese europeo può pensare di fare da solo, anche avvalendosi di un rapporto privilegiato con Trump: perché in Europa nessuno si salva da solo, ed è indispensabile che tutti i paesi europei assumano la consapevolezza che l’unione e la cooperazione sono fondamentali per affrontare le sfide globali.

Si deve lavorare per consolidare diversi settori, partendo da quello delle infrastrutture di rete e delle aziende telco. In pratica, ciò vuol dire incentivare fusioni tra imprese che al momento operano quasi esclusivamente a livello nazionale, permettendo – grazie a reciproche cessioni di ‘sovranità’ – di raggiungere una dimensione minima in grado di rilanciare gli investimenti.

La necessità di una riforma a livello europeo del mercato del lavoro

Non si tratta di replicare modelli che hanno diviso l’opinione pubblica, ma di apprendere lezioni importanti: è imperativo abbattere barriere burocratiche e promuovere un ambiente economico dinamico. I dati Eurostat evidenziano che solo il 20% delle PMI europee ha raggiunto un livello avanzato di digitalizzazione, mentre il 40% non ha ancora intrapreso alcun percorso di trasformazione digitale. In altre parole, il contesto internazionale è in continua evoluzione e un’Europa troppo legata a paradigmi esogeni rischia di rimanere in ombra rispetto a realtà capaci di agire con maggiore rapidità e flessibilità. Questo significa anche fare i conti con una vera riforma a livello europeo del mercato del lavoro, altrimenti anche l’idea di un mercato comune è impensabile, perché il capitale umano è il fattore fondamentale del cambiamento.

Un approccio integrato per la crescita e l’autonomia strategica dell’Europa

La sfida per l’Europa è dunque duplice: da un lato, è necessario modernizzare il sistema economico con riforme strutturali che favoriscano l’innovazione e la competitività; dall’altro, bisogna ripensare il quadro regolatorio, rendendolo meno opprimente e più orientato a stimolare l’iniziativa privata. Questo approccio integrato non solo contribuisce a creare un ambiente favorevole alla crescita, ma rafforza anche l’autonomia strategica del continente, permettendo all’Europa di decidere in modo indipendente il proprio futuro. L’evoluzione tecnologica e la rivoluzione digitale offrono opportunità senza precedenti, ma richiedono anche un’azione coordinata e una visione condivisa, capace di superare la frammentazione e di favorire il consolidamento di una vera potenza economica autonoma.

Nel panorama globale attuale, dove le dinamiche geopolitiche e le tensioni internazionali ridisegnano continuamente gli equilibri, l’Europa non può più contare su un appoggio scontato da parte degli Stati Uniti. La lezione appresa dagli ultimi anni è chiara: affidarsi a paradigmi esterni, anche quando questi sembrano offrire vantaggi immediati, comporta rischi strategici che possono compromettere la capacità di autogestione e sviluppo a lungo termine. Ogni riferimento a Starlink è puramente casuale, soprattutto dopo la notizia, al momento non ancora smentita, di spegnere il servizio in Ucraina senza un accordo sulle terre rare.

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La scommessa Ue sull’intelligenza artificiale

L’Italia e gli altri paesi europei hanno l’opportunità – e la responsabilità – di investire in ricerca e sviluppo, favorire collaborazioni tra pubblico e privato e incentivare l’emergere di startup e imprese innovative. Solo così si potrà creare un ecosistema in grado di sostenere una crescita economica solida e duratura, capace di competere sul palcoscenico internazionale senza dipendere da alleanze asimmetriche.

Attualmente, solo il 4% delle principali piattaforme digitali globali è di origine europea, mentre il 67% è statunitense e il 29% asiatico. Gli investimenti in tecnologie emergenti come l’AI hanno visto l’Europa investire circa 7,2 miliardi di euro all’anno, contro i 23,5 miliardi degli Stati Uniti e i 16,4 della Cina. Di recente in occasione del vertice d’azione sull’intelligenza artificiale di Parigi, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha lanciato “InvestAI”, un’iniziativa volta a mobilitare 200 miliardi di euro per investimenti nell’IA, compreso un nuovo fondo europeo di 20 miliardi di euro per le gigafabbriche di IA. Da come sarà strutturato questo e altri interventi, si potrà davvero apprezzare se sarà utile a rafforzare la capacità di costruire alleanze basate su interessi comuni e su una visione condivisa del progresso. In questo senso è necessario che ogni paese europeo riconosca il valore dell’unità e della cooperazione a livello europeo: la solidarietà e la costruzione di un mercato interno forte e integrato rappresenta la risposta alle sfide poste dalla globalizzazione e dalla trasformazione digitale.

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L’interconnessione tra innovazione digitale, IA e indipendenza energetica

Inoltre, l’interconnessione tra innovazione digitale, intelligenza artificiale e indipendenza energetica rappresenta un nodo cruciale per l’autonomia strategica europea. L’integrazione di AI e tecnologie digitali nelle reti energetiche può non solo ottimizzare i consumi (-20% nei processi industriali), ma soprattutto accelerare la diversificazione delle fonti energetiche: i sistemi di AI avanzati possono aumentare del 35% l’efficacia nella gestione delle energie rinnovabili, riducendo la dipendenza strategica da fornitori esterni. Le smartgrid potenziali potrebbero gestire un mix energetico con il 60% di fonti rinnovabili entro il 2030, contro l’attuale 22%, trasformando la vulnerabilità energetica europea in opportunità di leadership tecnologica. Tuttavia, il gap è ancora significativo: solo il 2,3% degli investimenti globali in startup che combinano AI ed energia proviene da fondi europei, contro il 47% degli Stati Uniti e il 38% della Cina. La sfida è creare un ecosistema dove l’innovazione digitale diventi il catalizzatore dell’indipendenza energetica, trasformando una debolezza strutturale in un vantaggio competitivo globale.

Il ruolo determinante degli investimenti privati e della formazione per raggiungere l’autonomia strategica

Ma attenzione, se si parla di investimenti questi non possono essere soltanto pubblici, non bastano e a volte sono anche dannosi quando giocano con regole diverse da quelli privati. Certo, gli investimenti pubblici servono, soprattutto quando sono orientati al rafforzamento della formazione delle persone, del capitale umano. Le ricerche dell’OCSE mostrano che un anno aggiuntivo di istruzione corrisponde a un aumento medio del PIL pro capite del 4-7%. Inoltre, molti dei ritorni sono di natura intangibile: si pensi al valore delle competenze acquisite, alla crescita personale e alla capacità di innovare, che possono avere effetti positivi anche sulle generazioni future. In sostanza, investire nella formazione giovanile è una scelta strategica a lungo termine, non solo per il ritorno economico diretto, ma anche per il benessere e lo sviluppo complessivo della società.

Mentre per far nascere i campioni europei servono soprattutto investimenti privati, spinti da quella “vocazione naturale” che Luigi Einaudi citava a proposito delle “migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che [lo stato possa] inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli.” L’Europa dell’innovazione deve essere un’Europa che deve così “limitarsi” a non molestare quelle energie che devono essere libere di sperimentare, di fallire e riprovarci ancora.

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L’autonomia strategica europea per essere una chiave per un futuro di prosperità e indipendenza deve essere prima di tutto l’affermazione di un principio basato sulla libertà, delle persone e delle imprese.

L’Europa come modello di sviluppo etico e sostenibile

Un ambiente normativo meno rigido ed esclusivamente orientato a favorire l’iniziativa privata non solo stimola la crescita economica, ma contribuisce anche a formare un’identità europea autonoma e competitiva. Le politiche di investimento, se accompagnate da una semplificazione delle procedure amministrative, possono dare impulso a innovazioni che rispondano in maniera efficace alle esigenze di un mercato globale in continuo cambiamento. L’evoluzione dell’Europa, dunque, passa attraverso una sinergia tra riforme economiche, investimenti tecnologici e una visione politica che metta al centro la libera iniziativa e la cooperazione.

Il futuro dell’Europa si conquista abbracciando un modello innovativo e coraggioso. Le proiezioni indicano che entro il 2030 il 90% dei lavori richiederà competenze digitali avanzate, mentre oggi solo il 58% della forza lavoro europea possiede tali competenze. Non si tratta di eliminare del tutto regole e controlli, ma di ristrutturarli in modo da trasformarli in strumenti potenti per stimolare crescita, innovazione e competitività. In questo modo, l’Europa non solo rafforzerà la sua presenza nel mercato globale, ma diventerà un modello di sviluppo che mette al centro il benessere collettivo e la partecipazione attiva di ogni cittadino. In questo modo, potrà contare sulla forza e sul consenso necessari per non cedere ai ricatti di Trump. Ricatti destinati a intensificarsi dopo che le Big Tech americane hanno deciso di baciare la pantofola di Trump per ottenere il suo sostegno per conservare una posizione di forza nel mercato digitale europeo e sottrarsi alle regole applicate alle imprese europee.



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