Un piano industriale per fermare la grande fuga – AlessioPorcu.it

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Il vicepresidente di Unindustria Giovani con delega alle Start-Up accusa. Il territorio non cresce perché non attrae. Mancano i servizi e chi può sceglie altre offerte. La burocrazia è lenta e manca il coordinamento

«Il rilancio economico ed occupazionale della Ciociaria? Può avvenire solamente sviluppando un piano industriale regionale, al cui centro vi siano i reali bisogni degli imprenditori e del territorio. Lo sviluppo non può, infatti, limitarsi alla zona in cui si vive e si produce». Senza inchini, senza giri di parole: alla Regione Lazio serve una visione strategica e operativa sulla quale indirizzare tutte le iniziative legate allo sviluppo ed al rilancio del territorio. Una rotta sulla quale costruire la via d’uscita dalla catastrofe che si profila per Stellantis ed il suo indotto, edificare un’alternativa al colpo violentissimo dato dall’esclusione dalle Zone Zes con tutti i risparmi che prevedono mentre quei benefici li hanno avuti tutte le regioni. È questo il senso delle parole di Jacopo Recchia, vicepresidente Unindustria Giovani con delega alle Start-Up.

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Non è un’invasione di campo della politica, non è un attacco alla Regione. È una critica invece ad un sistema che ha messo a nudo tutti i suoi limiti ed una difesa del mondo industriale che per la Ciociaria sarebbe pronto a mettere la mano al portafogli. «I problemi legati allo sviluppo che stagna sono frutto, in particolare, della burocrazia lenta. Non è vero – spiega Jacopo Recchia che non ci sono imprenditori pronti ad investire. È vero invece che sono rallentati dalla burocrazia”.

Cinque anni per aprire

Jacopo Recchia

Chiacchiere a volontà ma risultati pochi. Da anni si cerca di snellire. La sostanza? A quaranta minuti di volo dal Lazio ci sono realtà che in due giorni consentono di rendere operativa da zero un’azienda. Ed in due settimane consegnano ‘chiavi in mano’ il capannone pronto per produrre. «Per fare un esempio, dal progetto di aprire una azienda alla sua effettiva operatività possono passare anche cinque anni. Questa è una assurdità. Ci sono vincoli come il SIN, vincoli archeologici, distanze dai fiumi che in linea di principio sono encomiabili. Ma hanno un limite: come sono scritte, quelle norme non garantiscono una reale tutela ambientale. Al tempo stesso però bloccano qualunque tipo di investimento».

La Catalent di Anagni

Un esempio da manuale? Nel 2021, la multinazionale farmaceutica Catalent aveva pianificato un investimento di 100 milioni di dollari per espandere il suo stabilimento ad Anagni. L’obiettivo era installare due bioreattori da 2.000 litri ciascuno, con la possibilità di aggiungerne altri sei in futuro, per produrre composti farmaceutici utilizzati in medicinali biologici, inclusi vaccini anti-Covid e terapie con anticorpi monoclonali. Questo progetto avrebbe generato circa 100 nuovi posti di lavoro nella regione. Dopo avere atteso per due anni le autorizzazioni, l’azienda ha deciso di ritirare l’investimento e dirottarlo nell’Oxfordshire nel Regno Unito. Questo nonostante l’Arpa Lazio avesse certificato che l’area interessata non era inquinata.

«Ci sono cinquanta autorizzazioni da richiedere e spesso non si sa con chi bisogna interloquire. Ecco perché ritengo necessario redigere un piano industriale del Lazio. Non è possibile che ogni azienda debba pensare a sé stessa. Il problema del singolo può essere il problema di tutti e le soluzioni vanno trovate insieme».

L’esodo dei giovani

Turista in aeroporto © Anna Shvets / Pexels

I numeri sono allarmanti. Certificano che nascono sempre meno bambini ed al tempo stesso i giovani lasciano la Ciociaria (Leggi qui: Giovani in fuga da Frosinone: nella Top 10 in Italia). La conseguenza è che non si trova più abbastanza manodopera, non ci sono più abbastanza persone qualificate per rispondere alle esigenze delle aziende. «È vero è un problema che esiste. I giovani lasciano la Ciociaria perché non offre nulla. Faccio un esempio: se un professionista deve scegliere tra lavorare in provincia di Frosinone oppure in un’area del Nord tiene conto dei servizi che il territorio gli offre. Qui mancano gli Asili Nido, nell’area di Anagni non è più possibile trovare un appartamento libero. Mancano punti di ristoro e la ricettività è scarsa per non parlare delle possibilità di svago nel poco tempo libero che rimane. Chiaro che in queste condizioni non siamo competitivi».

(Foto © Canio Romaniello / Imagoeconomica)

È un problema sottovalutato. Fino ad oggi abbiamo pensato sempre alle infrastrutture come emergenza prioritaria. Ad esempio: i medici in Ciociaria non ci vogliono venire perché arrivare da Roma a Sora è un viaggio che richiede più tempo di quanto ne occorra per raggiungere Milano. «Occorrono le infrastrutture ma prima bisogna rendere il territorio appetibile con le piccole cose. Credo, ad esempio, che un polo universitario Frosinone – Anagni – Ferentino sia necessario. Si parla di fermata TAV: è una occasione assolutamente da non perdere. Bisogna fare squadra, l’idea di guardare solo al proprio orticello non va bene più».

I servizi che mancano

Foto: Domenico Mattei © Pixabay

“I giovani e soprattutto i cervelli restano in Ciociaria solamente se hanno servizi adeguati. Se si possiede del talento è facile avere proposte dagli States, dalla Cina, dalle principali capitali europee. Come delegato alle Start- Up posso affermare che ne nascono tante in Ciociaria di aziende nuove ed innovative, ma il problema è farle restare sul territorio ed offrirgli le opportunità. Crescono e poi si trasferiscono dove hanno quei servizi che gli consentono di crescere più in fretta”.

Il problema non è solo una burocrazia lenta e servizi che non ci sono. È proprio l’assenza di visione indicata sin dall’inizio da Jacopo Recchia. Più pratico? «Come famiglia Recchia abbiamo fatto degli investimenti in Polonia e li gli enti pubblici, le Regioni sono collegati tra loro attraverso degli appositi uffici che seguono passo passo le aziende negli investimenti“.

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Ecco quindi l’assenza di cui si sente urgente il bisogno di riempire: «Qui manca una regia unica sullo sviluppo industriale . Passiamo da un ufficio all’ altro perdendo anni».

Quindici aziende attorno ad un tavolo

Foto: ThG /Pixabay

«In questi giorni sono riuscito a mettere attorno al tavolo 15 aziende della zona. Ognuno ha esposto i suoi problemi. Tutti sappiamo che la viabilità è da migliorare e c’è un depuratore che non funziona – conclude Recchia – ma spesso si è all’oscuro di centinaia di altri problemi. Che rallentano la crescita, vincoli sconosciuti, mancanza di acqua potabile nelle zone industriali , bassa energia elettrica».

Mettere insieme i problemi, condividerli, ha portato ad una strategia. «Abbiamo stilato un documento che presenteremo al comune di Anagni ed al Consorzio Industriale per formare un protocollo per il rilancio. Noi ci siamo ma serve fare squadra e soprattutto serve un piano Regionale“.



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