Diversità e unicità come antidoto a totalitarismi e regimi (Laura Tussi)

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Vorrei parlarvi di ideologia totalitaria in opposizione a una concezione pluralista delle differenze nella società, per non dimenticare e non ricadere negli orrori della barbarie. Il totalitarismo trova terreno fertile nella società di massa, nei sentimenti di estraniazione e alienazione che dissolvono non solo i legami sociali, ma lo stesso rapporto con la realtà.

Le diversità culturali aprono gli orizzonti delle pluralità umane nel distinguersi delle singolarità dei soggetti che agiscono e che pensano. Le soluzioni politiche che non tengono conto dell’infinita molteplicità delle esperienze umane e delle forme di vita generano spinte totalitarie che distruggono le tradizioni esistenti ed esasperano i conflitti delle società.

Il riconoscimento delle diversità e unicità, in opposizione a una concezione totalitaria, potrà favorire le differenze stesse e la loro memoria. La differenza è uno dei principi della cultura postmoderna, che insiste sulle diversificazioni, sulle molteplicità e le complessità, contro i rischi della pianificazione, della normalizzazione e dell’omologazione sociale.

La finalità di riconoscersi in un’identità deve diventare sempre fonte di confronto con l’alterità, e quindi con l’implicita diversità dell’altro, nel concetto di differenza individuale, soggettiva, esistenziale e, per esteso, di varietà interetnica e multiculturale. Di conseguenza, le molteplicità e le complessità di etnie e culture, in mosaici plurali di popoli, si incontrano e si incrociano trasversalmente con le diversità religiose, psicologiche, identitarie e soggettive, all’interno di un tessuto comunitario che dovrebbe sempre più aprirsi all’accoglienza, al confronto, al dialogo, nell’interscambio tra molteplici aspetti che permeano l’intera umanità, perché la differenza è trasversale al concetto stesso di umanità.

Il valore della diversità sollecita riflessioni e associazioni di idee varie e complesse, dal dibattito sulle opinioni della democrazia ai contesti e agli scenari economici e sociali. È spontaneo pensare alle diversità tra donna e uomo, tra generazioni, tra nazionalità, lingue e religioni, dove è necessaria un’innovativa grammatica mentale per costruire la convivenza planetaria in dimensioni interculturali, cosmopolite e internazionali.

Siamo tutti migranti e tutti bisognosi di accoglienza, di rispetto, di fraternità e misericordia. Siamo tutti stranieri a noi stessi, con le nostre paure e debolezze, cercando aiuto nell’altro da noi. Siamo tutti migranti.

Lo straniero non ha un luogo, non si sente mai a casa propria. È coinvolto in un’appartenenza fragile e ambigua dell’essere altrove, nella volontà di non essere assimilato, nell’erranza, dove il singolare e il molteplice tornano a unirsi. Lo straniero ha intraprendenza e volontà di riscatto.

Invece, il dominio totale ed ogni forma di totalitarismo non permettono libertà di iniziativa. L’ideologia totalitaria non consente la trasformazione dell’esistenza umana e la riorganizzazione rivoluzionaria della società, perché la dittatura e la supremazia razziale negano le diversità culturali, in quanto orizzonti delle pluralità umane stesse.

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Le diversità culturali autentiche vivono nelle relazioni interpersonali spontanee, nei canali di dialogo, negli stili di vita, per la valorizzazione di una società ricca di differenze, di varietà e diversità in un mondo multirazziale e multilaterale, nell’insieme di valori che prevedono i diritti inalienabili e imprescindibili delle persone, sanciti dalle carte costituzionali democratiche, nella libertà della ricerca scientifica e della creazione artistica.

Il presupposto e il fondamento della diversità culturale è la persona, in quanto singolarità e unicità irripetibile, da cui si realizzano la famiglia, le comunità, le associazioni, le istituzioni e le relazioni umane. L’uniformazione e l’omologazione delle culture e dei popoli sono contro l’evoluzione dell’umanità, mentre la differenziazione, la multilateralità e l’apertura al mondo sono valori imprescindibili.

La relazione è amore delle complessità culturali opposte alla brutalità del totalitarismo politico, filosofico e scientifico, nel dramma del conflitto tra il dogma totalitario e il pensiero delle pluralità. Un ordine totalitario fondato sull’egemonia di un partito, di una classe, di una nazione si alimenta con l’odio per le complessità, nell’unificazione forzata delle diversità, dei popoli, delle genti, delle minoranze.

Al totalitarismo noi opponiamo l’amore per le diversità, nella pace. La definizione di “diversità culturale” è esposta a molte possibili interpretazioni, quale espansione emotiva e concettuale che comporta un arricchimento, un dialogo, un incontro, uno scambio reciproco.

La diversità nasce dal riconoscersi unici e al contempo diversi, nel valore della relazione, per cui dopo l’incontro è possibile sapere di un altro pensiero, di un altro linguaggio, di un altro sguardo, ingenerando, contemporaneamente, cambiamento nell’altro che è incontrato. Il riconoscersi nell’incontro restituisce momenti di felicità intima, perché ognuno cambierà diventando se stesso, declinandosi nell’altro.

Questa civiltà delle relazioni umane è uno stile aperto alla totale comprensione dei comportamenti, dei riti e delle emozioni dell’altro, che ha i suoi fondamenti nella dignità della cultura della persona umana, nel valore dell’incontro e del dialogo nelle agorà e nelle poleis greche antiche, nel messaggio biblico ebraico, cristiano e islamico, nella cultura rinascimentale, con una forte etica della responsabilità e del riconoscimento nella diversità dell’altro da sé.

Le costruzioni più alte della cultura occidentale sono state prodotte al termine di guerre drammatiche, di rivolte interiori contro se stessi, di intime lotte contro la propria volontà di potenza, contro la propria identità.

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Le diversità culturali sono un arcipelago di lingue e culture aperte e diffrangenti, in un crogiuolo di differenze e alterità che si incontrano, si accordano, si oppongono, nell’interscambio reciproco, nell’armonia di un mondo di tensioni e conflitti in ordini di relazioni spontanee di donne, uomini e società, nelle tradizioni, nelle reti delle comunità, nelle dinamiche di cooperazione, nelle interazioni virtuali e reali.

Da Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse: “La nostra meta non è di trasformarci l’un l’altro, ma di conoscerci l’un l’altro e di imparare a vedere e a rispettare nell’altro ciò che egli è: il nostro opposto e il nostro completamento”.

Laura Tussi

Nella foto: un disegno di Angela Belluschi, mamma dell’autrice

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Bibliografia essenziale:
Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Resistenza e nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni.
Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Memoria e futuro, Mimesis Edizioni. Con scritti e partecipazione di Vittorio Agnoletto, Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Giorgio Cremaschi, Maurizio Acerbo, Paolo Ferrero e altri





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