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Grande partecipazione alla presentazione, questa mattina alla Camera di Commercio dell’Umbria, del report annuale sull’andamento dell’economia umbra a confronto con quello di Marche e Toscana, nonché con la media nazionale. All’appuntamento con “L’economia umbra e i bilanci delle imprese” hanno partecipato il presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni, l’assessore regionale allo sviluppo economico, lavoro, trasporti e infrastrutture, Francesco De Rebotti, che hanno svolto gli interventi introduttivi, a cui sono seguiti le relazioni di Federico Sisti, Segretario Generale della Camera di Commercio dell’Umbria; Luca Ferrucci, Ordinario presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Perugia; Paolo Guaitini, Nucleo per la ricerca economica della Banca d’Italia di Perugia. Le conclusioni sono state tirate da Michele Michelini, Dirigente Direzione attività produttive, lavoro, formazione e istruzione della Regione Umbria.

Durante l’evento sono stati presentati i dati dell’indagine congiunturale sull’economia umbra, con particolare attenzione al confronto con le altre regioni e alla dinamica dei bilanci aziendali, fornendo quindi dati, tendenze e dinamiche dell’ultimo quinquennio dell’economia reale, evidenziando sia le sfide che le opportunità per le imprese locali. Un lavoro, quello della Camera di Commercio dell’Umbria arricchito dall’analisi sul credito svolta dal Nucleo per la ricerca economica della Banca d’Italia di Perugia.

I dati davvero molto importanti di questo report – ha detto il Presidente Mencaroni – ci dicono che, pur tra difficoltà e zone d’ombra, l’economia dell’Umbria non esce affatto male sia nel confronto con la media nazionale, sia nel confronto con Marche e Toscana. Anzi, in importanti indicatori la regione ha mostrato nell’ultimo quinquennio una capacità maggiore di crescita, anche se a livelli di produttività e, di conseguenza, di retribuzioni ha ancora da recuperare”.

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L’assessore regionale De Rebotti ha esposto le linee chiave del suo programma, spaziando su molti temi tra cui il caro energia, la spinta all’innovazione, la necessità di un impegno molto forte sulla formazione e dalla necessità di una concertazione di alta qualità tra le forze economiche e sociali dell’Umbria. Su ognuno di questi temi, De Rebotti ha anche abbozzato linee concrete d’intervento.

Ecco alcuni spunti che emergono dal materiale presentato durante l’evento.

L’Umbria ha vissuto una fase non negativa ma restano i nodi produttività e demografia
L’economia dell’Umbria ha vissuto in questo quinquennio, pur tra alti e bassi, una fase di crescita, con un aumento significativo degli investimenti delle imprese. Questa fase di crescita l’ha posta al centro di un rinnovato interesse economico, con performance che in alcuni settori superano la media nazionale e quella di Marche e Toscana. Tuttavia, restano alcune problematiche legate alla produttività e alla demografia che potrebbero rallentare la crescita a lungo termine.

Un aumento degli investimenti superiore alla media nazionale
Uno dei dati più rilevanti riguarda l’incremento degli investimenti delle imprese umbre, misurati attraverso le immobilizzazioni totali. Tra il 2019 e il 2023 (in base ai bilanci presentati dalle imprese di capitali dal 2020 al 2024, che di riferiscono all’anno precedente d’imposta) l’Umbria ha registrato un incremento del 37,4%, un dato superiore alla crescita media nazionale (27,6%) e a quella di Marche e Toscana (rispettivamente 26% e 29,6%). Questo trend evidenzia come le imprese della regione abbiano scelto di investire in nuove infrastrutture, macchinari e innovazione, dimostrando una capacità di reazione superiore rispetto ad altre aree del Centro Italia.

Settori in crescita e specializzazioni
Analizzando i singoli comparti, emerge che i settori che hanno registrato le performances migliori in Umbria sono l’industria alimentare, la meccanica strumentale e il comparto delle costruzioni.
Nel settore delle costruzioni, la crescita degli investimenti ha portato a un aumento del 2,4% dell’occupazione nel 2024, con un incremento del valore aggiunto del 21,5% dal 2019

Anche il comparto manifatturiero ha visto una crescita importante, trainata soprattutto dai settori a media tecnologia, come la meccanica e la lavorazione dei metalli. Tuttavia, il minore incremento degli investimenti – nel settore manifatturiero, in controtendenza rispetto agi altri settori – nel confronto con le regioni limitrofe potrebbe penalizzare la competitività nel medio termine

Per i prossimi anni c’è l’incognita dell’impatto della minore crescita degli investimenti nel manifatturiero
Sebbene gli investimenti delle imprese manifatturiere umbre siano cresciuti del 26,9% tra il 2019 e il 2023, questo incremento è stato inferiore rispetto alla media italiana e a quello registrato nelle regioni limitrofe. In particolare, le Marche hanno visto un aumento degli investimenti del 28,8%, mentre la Toscana ha registrato una crescita del 30,1%.

Questa dinamica suggerisce che, pur avendo mostrato segnali positivi, il settore manifatturiero umbro ha investito meno rispetto alle regioni concorrenti, il che potrebbe incidere sulla sua capacità di innovazione e crescita futura.

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Le costruzioni umbre meglio della media nazionale
Nel comparto delle costruzioni la dinamica positiva si è tradotta in una crescita significativa dell’occupazione e della produttività. Il numero di addetti nel settore è aumentato del 2,4% nell’ultimo anno, un dato superiore alla media nazionale, mentre il valore aggiunto per impresa ha segnato un incremento del 21,5% dal 2019.

Produttività ancora inferiore al dato italiano
Nonostante la crescita degli investimenti, la produttività per addetto in Umbria resta inferiore rispetto alla media nazionale. Nel 2023, il valore aggiunto per addetto ha raggiunto i 59.505 euro, ancora distante dai livelli della Toscana (65.883 euro) e della media italiana. Questo significa che, sebbene le imprese umbre stiano investendo di più, la capacità di trasformare questi investimenti in un aumento della produttività è ancora limitata. Le cause possono essere molteplici: una minore specializzazione tecnologica, una struttura imprenditoriale più frammentata e una forza lavoro meno formata rispetto ad altre regioni più avanzate.

Il valore aggiunto per impresa in Umbria è cresciuto del 33,4% tra il 2019 e il 2023, un dato inferiore alla media nazionale (35,3%), ma comunque superiore alla crescita registrata in Toscana (31,8%).

Per quanto riguarda la produttività per addetto, nel 2023 l’Umbria ha raggiunto quota 59.505 euro, avvicinandosi ai livelli della Toscana (65.883 euro) e superando le Marche (56.851 euro).

Nonostante questa crescita, il gap con la media nazionale rimane significativo, segnalando la necessità di strategie per migliorare l’efficienza del sistema produttivo.

Analisi della redditività delle imprese. Buona performance delle aziende della regione
Oltre alla crescita degli investimenti e del valore aggiunto, le imprese umbre hanno mostrato segnali positivi anche in termini di redditività. Gli indicatori finanziari ROI (Return on Investment) e ROE (Return on Equity) indicano una crescita costante, con valori rispettivamente del 4,0% e del 6,6% nel 2023.

Un altro aspetto positivo riguarda il grado di capitalizzazione delle imprese umbre, che nei bilanci 2023 – presentati nel 2024 – ha raggiunto il 39,9%, segno di una maggiore solidità finanziaria rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, il costo del lavoro continua a essere un fattore critico per la competitività delle imprese, con un incremento medio del 21% dal 2019.

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Demografia: un freno per la crescita economica
Un altro problema significativo è rappresentato dalla demografia. L’Umbria, come molte altre regioni italiane, sta affrontando un calo della popolazione e un invecchiamento sempre più marcato. Nel 2024 il saldo naturale (differenza tra nati e morti) è stato negativo per oltre 6.000 unità, mentre il saldo migratorio è positivo ma insufficiente a compensare il declino demografico. L’indice di vecchiaia della regione, con 366 anziani ogni 100 giovani, è tra i più alti d’Italia e superiore a quello delle Marche e della Toscana. Questo andamento potrebbe avere effetti negativi sulla disponibilità di forza lavoro qualificata e sulla domanda interna, mettendo a rischio la sostenibilità della crescita economica.

Le tendenze demografiche dell’Umbria sono particolarmente preoccupanti se proiettate nel lungo termine. Secondo le previsioni al 2042, la popolazione totale della regione continuerà a diminuire, con una riduzione stimata di oltre 65.000 abitanti rispetto al 2024.

Sul fronte della natalità, il saldo naturale resta fortemente negativo (-6.044 unità nel 2024), mentre il saldo migratorio, seppur positivo, non è sufficiente a compensare il calo demografico. Questo scenario evidenzia la necessità di politiche mirate per attrarre giovani lavoratori e contrastare lo spopolamento della regione.

Credito e stabilità finanziaria: segnali contrastanti
Sul fronte del credito alle imprese, i dati della Banca d’Italia mostrano una contrazione del credito bancario dall’inizio del 2023, con un deterioramento della qualità del credito, soprattutto nel settore manifatturiero e tra le imprese di maggiori dimensioni. Tuttavia, il tasso di interesse sui prestiti per liquidità si è stabilizzato nel 2024, suggerendo una possibile inversione di tendenza nel breve periodo.

Secondo i dati della Banca d’Italia, il credito alle imprese umbre ha registrato una contrazione dall’inizio del 2023, con una flessione più marcata rispetto alla media nazionale. La diminuzione dei prestiti bancari è stata particolarmente significativa per le piccole imprese, mentre le imprese medio-grandi hanno iniziato a vedere una ripresa del credito nel 2024.

Allo stesso tempo, il deterioramento del credito – ovvero l’aumento delle esposizioni in sofferenza – si è accentuato nel settore manifatturiero e tra le imprese di maggiore dimensione. Tuttavia, se confrontata con i livelli storici, la qualità del credito in Umbria rimane relativamente buona.

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Un dato positivo arriva dai tassi di interesse sui prestiti per liquidità, che nel 2024 si sono stabilizzati, suggerendo una possibile inversione di tendenza nella disponibilità di finanziamenti alle imprese nei prossimi mesi.

Confronto con Marche e Toscana: l’Umbria si distingue
Se confrontiamo i principali indicatori economici con le regioni limitrofe, l’Umbria mostra performance competitive. Il valore aggiunto per impresa ha registrato un incremento del 33,4% rispetto al 2019, a fronte del 35,3% della media nazionale, ma superiore a quello della Toscana (31,8%). La produttività per addetto ha raggiunto i 59.505 euro nel 2023, avvicinandosi ai livelli della Toscana (65.883 euro) e superando le Marche (56.851 euro).

Un altro dato rilevante riguarda l’occupazione: il numero di addetti per impresa è aumentato a 12,2 nel 2023, rispetto ai 10,7 delle Marche e ai 10 della Toscana. Questo suggerisce una maggiore capacità delle imprese umbre di espandersi e assorbire forza lavoro.

Il peso del costo del lavoro e dell’energia sui bilanci aziendali
Per le imprese umbre, il costo del lavoro e le spese per l’energia rappresentano due delle voci più rilevanti nei bilanci, incidendo direttamente sulla competitività e sulla capacità di investimento. Il peso di questi fattori varia in base al settore e alla tipologia di attività, ma per molte aziende umbre si tratta di costi difficilmente comprimibili, che rappresentano una sfida costante.

Uno dei casi più emblematici è quello di Acciai Speciali Terni (AST), tra le principali aziende industriali della regione. Il costo del lavoro di AST ammonta a 121,4 milioni di euro, incidendo per il 5,3% sui costi totali di produzione. Tuttavia, il peso maggiore nei bilanci dell’azienda è rappresentato dalle spese per energia e gas, che raggiungono 260,6 milioni di euro, ovvero l’11,4% dei costi di produzione. Un altro settore in cui il costo dell’energia è cruciale è quello della produzione di cemento. Colacem S.p.A., leader del settore, affronta costi molto elevati per l’approvvigionamento energetico, con una spesa per utenze di 54,4 milioni di euro, pari al 15,1% dei costi di produzione. Il costo del lavoro per l’azienda è di 53,8 milioni di euro, incidendo per il 14,9% sui costi totali.

Nel comparto manifatturiero, UmbraGroup S.p.A., attiva nel settore della meccanica di precisione, sostiene un costo del lavoro di 46,9 milioni di euro, che pesa per il 36% sui costi totali di produzione, mentre le spese per utenze sono più contenute, ammontando a 4,8 milioni di euro, con un’incidenza del 3,7%.

Anche nel settore agroalimentare, i costi dell’energia sono un fattore determinante. Monini S.p.A. e Costa d’Oro S.p.A., specializzate nella produzione di olio extravergine d’oliva, devono sostenere spese significative per il mantenimento della catena del freddo e per i processi di estrazione e stoccaggio. Il fabbisogno energetico elevato, unito ai costi di logistica e distribuzione, rappresenta una voce rilevante nei loro bilanci.

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Questi esempi (nel report ci sono i dati relativi a 24 aziende tipo), dimostrano come il peso del costo del lavoro e dell’energia non sia solo un problema generale per l’economia umbra, ma un fattore concreto che incide sulla gestione finanziaria delle aziende, influenzando le strategie di investimento e la competitività sul mercato nazionale e internazionale.

Quale nuovo ciclo per l’economia dell”Umbria?
I dati raccolti indicano che l’Umbria sta attraversando una fase di trasformazione economica, con segnali incoraggianti che evidenziano una maggiore propensione agli investimenti e un miglioramento della produttività. Tuttavia, il gap con la media nazionale in termini di produttività e i problemi demografici rappresentano sfide significative per il futuro della regione. La crescente anzianità della popolazione e la bassa natalità potrebbero influire negativamente sul mercato del lavoro e sulla domanda interna.

Sebbene permangano alcune criticità legate all’accesso al credito e alla qualità dei prestiti, la stabilizzazione dei tassi di interesse potrebbe facilitare ulteriori investimenti nei prossimi anni. Se questo trend dovesse consolidarsi e accompagnarsi a politiche adeguate per contrastare il calo demografico e migliorare la produttività, l’Umbria potrebbe rafforzare il suo ruolo economico nel Centro Italia. Le politiche pubbliche e gli incentivi alle imprese giocheranno un ruolo fondamentale per garantire un futuro sostenibile alla regione.



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