Burundi: l’opposizione si unisce contro il regime di Ndayishimiye mentre cresce il rischio di un genocidio (Jalel Lahbib)

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Il 17 febbraio 2025, un comunicato ufficiale emesso a Musigati, Bubanza, ha scosso la scena politica e militare del Burundi. Nel documento, firmato dal Front Burundais de Libération (F.B.L – ABARUNDI) e dal suo portavoce Major Mugisha Joab, si denuncia apertamente la deriva dittatoriale del governo CNDD-FDD e si annuncia la creazione di una coalizione tra diverse forze ribelli per contrastare il regime di Évariste Ndayishimiye.

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Il comunicato presenta una lunga serie di accuse nei confronti dell’attuale governo, che ha trasformato il Burundi in uno stato di terrore attraverso l’uso sistematico della violenza politica, la repressione delle opposizioni e una gestione del potere basata su etnicismo, nepotismo e corruzione. Il documento parla senza mezzi termini di un “génocide des Tutsis en préparation”, un’accusa gravissima.

Nello specifico, il F.B.L – ABARUNDI sostiene che il regime del CNDD-FDD ha minato i principi dello Stato di diritto, instaurando una dittatura che governa attraverso la paura e la coercizione. Il popolo burundese e gli stranieri presenti nel paese vivono in una condizione di panico e disperazione a causa della repressione e della crisi economica.

Il governo ha portato il paese alla rovina con una gestione disastrosa dell’economia, lasciando la popolazione in condizioni di estrema povertà mentre una cerchia ristretta di dirigenti del partito continua ad arricchirsi. Il Burundi, un tempo visto come un paese con un futuro promettente, è ora completamente isolato a livello internazionale a causa delle sue politiche oppressive.
Il CNDD-FDD ha basato il proprio potere su divisioni etniche, favoritismi e terrorismo di Stato, perseguitando chiunque si opponga al regime.

Esistono prove concrete che il governo stia preparando un genocidio contro i Tutsi, con il sostegno delle milizie FDLR, ex membri delle forze genocidarie ruandesi rifugiatisi in Burundi dopo il genocidio del 1994.

Di fronte a questa situazione, il Mouvement Front Révolutionnaire Burundais (FRB – ABARUNDI) si è riunito il 16 febbraio 2025 a Musigati, decidendo di unirsi con altre forze di opposizione, tra cui UPR e UPF, per formare un unico fronte di resistenza.

Questa nuova entità politica e militare, denominata Front Burundais de Libération (F.B.L – ABARUNDI), si pone l’obiettivo di rovesciare il regime e riportare la democrazia nel paese.

Nel comunicato si sottolinea inoltre che il fronte rimane aperto a tutte le forze politiche e sociali che desiderano unirsi alla lotta per la liberazione del Burundi. L’F.B.L – ABARUNDI ribadisce il proprio impegno a combattere il CNDD-FDD con tutti i mezzi necessari e invita tutti i burundesi, indipendentemente dall’etnia, a unirsi alla resistenza per porre fine al dominio del partito al potere.

Il messaggio finale del comunicato è chiaro e diretto: “Unis, nous vaincrons”, Uniti Vinceremo!

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Un’eredità di conflitti e dittatura

Per comprendere la situazione attuale, è necessario ripercorrere la storia recente del Burundi. Il paese è stato segnato da un lungo conflitto etnico tra Hutu e Tutsi, culminato in una guerra civile scoppiata nel 1993 dopo l’assassinio del presidente Melchior Ndadaye, il primo Hutu a essere eletto democraticamente. L’omicidio fu opera di alti ufficiali Tutsi dell’esercito burundese per impedire il genocidio della minoranza Tutsi che Ndadaye stava preparando in collaborazione con il dittatore Ruande Habyrimana e i francesi. Purtroppo il genocidio dei Tutsi avvenne comunque un anno dopo, nel 1994, non in Burundi ma in Ruanda, provocando un milione di morti.

Dopo aver evitato il genocidio uccidendo Ndadaye gli ufficiali Tutsi assicurarono un governo civile, successivamente sostituito dal governo guidato da Generale Pierre Buyoya. Le forze hutupower, sostenute dalla Francia e dallo Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo) scatenarono la guerra civile
Il conflitto si concluse formalmente nel 2001 con un accordo di pace imposto dalla comunità internazionale, ma le tensioni non furono mai realmente sanate.

Il CNDD-FDD, un movimento terroristico di matrice Hutu, riuscì a imporsi come principale forza politica, portando Pierre Nkurunziza alla presidenza nel 2005 con il pieno supporto dell’Occidente che sperava in un processo di democratizzazione.

Al contrario il suo governo si caratterizzò da subito per una crescente concentrazione di potere, un’intensificazione della repressione politica e una gestione sempre etnicizzata dello Stato. La minoranza tutsi, pur formalmente integrata nelle istituzioni, divenne progressivamente bersaglio di discriminazioni e violenze.

Nel 2015, il tentativo di Nkurunziza di ottenere un terzo mandato in violazione della Costituzione scatenò una rivolta popolare, che venne brutalmente repressa. L’opposizione, composta sia da Hutu che da Tutsi contrari alla deriva autoritaria del regime, venne perseguitata. Molti esponenti politici e civili furono costretti all’esilio, mentre gruppi armati di resistenza iniziarono ad organizzarsi fuori dai confini nazionali, in particolare nella vicina Repubblica Democratica del Congo.

Nel 2020, Nkurunziza fu assassinato dai suoi stessi camerati del CNDD-FDD, lasciando il potere a Évariste Ndayishimiye, che, pur promettendo una maggiore apertura, proseguì sulla strada della repressione politica e del rafforzamento del controllo del CNDD-FDD sul paese.

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Il deterioramento della situazione economica e politica

Oggi, il Burundi si trova in una situazione di profondo degrado economico e sociale. L’isolamento internazionale, dovuto alle continue violazioni dei diritti umani e alla corruzione dilagante, ha portato a una crisi economica senza precedenti. La povertà è diffusa, le infrastrutture sono in rovina e l’insicurezza è crescente. Il governo, incapace di rispondere alle esigenze della popolazione, ha intensificato la repressione per mantenere il controllo.

L’alleanza dell’opposizione e il fronte armato

L’annuncio della nascita del Front Burundais de Libération segna un punto di svolta nella resistenza al regime. Il nuovo fronte unisce diverse fazioni armate, tra cui i Red Tabara, il gruppo più attivo nella lotta contro il governo. I Red Tabara operano da anni nella Repubblica Democratica del Congo e hanno ricevuto supporto da gruppi ribelli congolesi come l’M23, che ha ottenuto recenti successi militari nel Nord e Sud Kivu.

L’M23, sostenuto dal Ruanda e Uganda, ha inflitto pesanti sconfitte all’esercito congolese, liberando Goma, Bukavu e vaste aree del Kivu, est della RDCongo. La presa della città congolese di Uvira frontaliera alla capitale burundese Bujumbura, senza che vi fosse una reale resistenza, rappresenta un segnale della crescente forza dell’alleanza ribelle. Da Uvira le forze congiunte M23, F.B.L – ABARUNDI, Red Tabara possono lanciare l’attacco al regime per liberare il Burundi.

Il rischio di un genocidio e le strategie per evitarlo

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Uno degli aspetti più drammatici della crisi attuale è il rischio di un genocidio della minoranza Tutsi burundese . Secondo fonti dell’opposizione, il regime avrebbe già avviato la deportazione di civili tutsi in campi di concentramento lungo il confine con il Congo, con l’intento di utilizzarli come ostaggi in caso di attacco ribelle.

La presenza di miliziani delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), un gruppo di ex genocidari hutu ruandesi rifugiati in Burundi dopo aver subito pesanti perdite a Goma e Bukavu e il rafforzamento della milizia hutupower burundese Imbonerakure, aumenta il rischio che il conflitto si trasformi in un massacro sistematico della popolazione tutsi.

L’opposizione armata è consapevole di questa minaccia e sta cercando di coordinare le proprie azioni per evitare un’escalation incontrollata. La strategia migliore, secondo alcuni leader ribelli, sarebbe quella di combinare un attacco esterno con un golpe interno, convincendo una parte dell’esercito a voltarsi contro Ndayishimiye.

Jalel Lahbib



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