Aggredito da boss Spada e punito da Polizia, De Pierro protesta in mutande alla Asl di Ostia

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Aggredito da boss Spada e punito da Polizia, poliziotto De Pierro protesta in mutande alla Asl di Ostia

Riceviamo e pubblichiamo nota del Movimento politico Italia dei Diritti

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Roma, 21 febbraio 2025 – L’annuncio è clamoroso. Il presidente del movimento politico Italia dei Diritti – De Pierro, il poliziotto e giornalista Antonello De Pierro si presenterà presso la Asl di Ostia in slip il prossimo 27 febbraio. Il tutto è riconducibile alla paradossale vicenda, che continua a far discutere e lo vede coinvolto, che parte da quando fu minacciato e aggredito sotto la sua abitazione, diversi anni fa, dal famigerato boss mafioso Armando Spada, dopo aver presentato alcune denunce per abusi edilizi, cadute nel vuoto sembrerebbe a causa di varie coperture istituzionali, ancorché alcune risultanze processuali successive e lo stesso De Pierro ne abbiano successivamente dimostrato inequivocabilmente, almeno per una parte di essi, l’esistenza, che alcuni rappresentanti istituzionali, in particolar modo 2 vigilesse, avevano incredibilmente negato. Ad accompagnare in macchina l’esponente del clan di Ostia, il quale nell’occasione minacciò di morte e aggredì De Pierro e suo fratello (quest’ultimo con un bastone), furono il noto imprenditore della lavorazione del ferro Alfonso De Prosperis, il quale fu rinviato a giudizio insieme a Spada per aver partecipato, secondo la procura, all’aggressione, e sua moglie Angela Falqui, intestataria degli immobili per i quali erano stati presentati gli esposti, precisamente da Lucia Salvati, dirigente scolastico in pensione e madre dei fratelli De Pierro. Ma un’altra querela fu presentata contro il poliziotto, giornalista e leader dell’IdD e i suoi familiari, in cui venivano affermate circostanze fattuali che francamente risulta arduo assumere come credibili e che non suscitino, in chi ne viene a conoscenza, una risposta valutativa che le collochi nella sfera del ridicolo. Infatti la narrativa dell’atto descriveva un De Pierro violento che aveva aizzato un pericoloso animale contro i 2 coniugi e il boss Spada, il quale era stato costretto a difendersi con il bastone. Lo stesso boss era stato fatto nascondere in macchina per evitare un suo coinvolgimento, ma proprio nel tentativo di proteggerlo Alfonso De Prosperis era stato colpito dal fratello del poliziotto giornalista. Peccato che il cane di cui si parla fosse un cucciolo di 6 mesi di vita e Armando Spada già fosse uno dei massimi esponenti di un clan mafioso e francamente la scena che lo vede addirittura bisognoso di essere protetto da persone come Antonello De Pierro, suo fratello e sua madre allora quasi settantenne è assolutamente irricevibile. Probabilmente non per chi ha redatto, presso la caserma dei Carabinieri di Casal Palocco, a firma dell’allora comandante Giuseppe Liguori, un’informativa di P.G. che addirittura indicava Spada come teste, però senza indicare la caratura criminale del soggetto e nemmeno, cosa ancora più clamorosa e decisamente insolita, i dati anagrafici. Ne risultò un rinvio a giudizio per la famiglia De Pierro, parallelo a quello contro Armando Spada e Alfonso De Prosperis, che non conobbe alcuna istruttoria dibattimentale e si arenò sulle secche della prescrizione. Evidentemente le incredibili affermazioni dei querelanti e del boss Armando Spada, indicato come teste, furono assunte come credibili dal dott. Tiziano Vetro, allora direttore della V Zona della Polizia di Frontiera di Fiumicino, da cui dipendeva sotto il profilo disciplinare il De Pierro poliziotto, tanto da non tener conto neppure del fatto che lo stesso Armando Spada e Alfonso De Prosperis, uno dei querelanti, erano stati rinviati a giudizio proprio per avere aggredito, nella medesima circostanza, i fratelli De Pierro. Infatti fu avviato un procedimento disciplinare contro il poliziotto Antonello De Pierro, aggredito sotto casa sua da un esponente mafioso di grande calibro, con processo da tenersi davanti al Consiglio Provinciale di Disciplina della Questura di Roma, con richiesta di destituzione. In pratica per le circostanze fattuali che lo vedevano vittima di una grave aggressione mafiosa, con minacce di morte, invece di ricevere quantomeno solidarietà dalla Polizia di Stato fu ritenuto non meritevole di continuare a vestire la divisa. Il mondo al contrario. Evidentemente, oltre al dott. Vetro, nessuno di coloro i quali furono chiamati a conoscere della vicenda durante il percorso procedimentale che ha condotto alla statuizione sanzionatoria, ritenne che fosse importante tener conto del fatto che ci fosse stato anche un rinvio a giudizio per  il boss Spada e De Prosperis, procedimento in cui De Pierro era indicato come la vittima di una condotta criminosa. Né la dottoressa Eva Claudia Cosentino, funzionario istruttore, né il dott. Giovanni Battista Scali, l’attuale questore di Rovigo, che all’epoca, da poco nominato vicario del questore di Roma, presiedette il consesso disciplinare, che inflisse a De Pierro la sanzione della deplorazione, escludendolo di fatto da ogni progressione di carriera, sia per l’abbassamento delle note caratteristiche, sia per l’esclusione da un importante concorso interno. E nemmeno l’allora Capo della Polizia Franco Gabrielli, il quale confermò la sanzione comminata dalla questura di Roma firmandone il relativo decreto. Si tratta dello stesso Gabrielli che solo un paio di mesi dopo giustamente si schierò con grande determinazione contro l’aggressione perpetrata ai danni del giornalista Daniele Piervincenzi, peraltro collega del De Pierro giornalista, da parte del boss Roberto Spada, cugino di Armando. E’ importante sottolineare come il presidente De Pierro non abbia mai espresso, nonostante l’ingente pregiudizio patito, alcun risentimento verso chi ha avviato il procedimento (il dottor Vetro), avendolo considerato sempre un errore valutativo, da parte di chi in quel momento non versava in buone condizioni di salute, ma mai, proprio in virtù dell’ottimo rapporto lavorativo e sindacale che intercorreva, ha pensato a un’azione posta in essere per colpirlo deliberatamente. Piuttosto si è sempre mostrato convinto che qualche collaboratore, in maniera distratta, gli abbia sottoposto un quadro fattuale parziale e fuorviante che l’abbia tratto in inganno. Il presidente dell’Italia dei Diritti – De Pierro ha avuto conferma di ciò in un incontro avuto con il dottor. Vetro qualche mese dopo, appena questi era transitato in quiescenza, alla presenza del dottor Giuseppe Manzo, suo diretto superiore, durante il quale questi (il dottor Vetro) gli aveva rinnovato la stima nutrita nei suoi confronti. Si chiede invece come mai sia stato possibile tutto ciò visto che gli altri attori che hanno recitato una parte da protagonista, sotto il profilo decisionale, durante l’iter procedimentale fossero stati resi edotti di tutti i dettagli dell’intera vicenda. La cosa per cui nutre invece più delusione che rabbia è il silenzio ancora opposto dall’apparato di vertice della Polizia di Stato, quando basterebbe ammettere un errore e annullare in autotutela decisoria il provvedimento. A  meno che non si ritenga giusto aver comminato una sanzione a chi aveva avuto la sola colpa di essere stato vittima di un’aggressione mafiosa. Ma almeno si abbia il coraggio di affermarlo con decisione invece di opporre un assordante e disarmante mutismo contro cui De Pierro ha intenzione di mettere in atto azioni dimostrative sempre più clamorose per sensibilizzare la coscienza collettiva, anche la meno sensibile o più distratta.

E il poliziotto e giornalista riceve quotidianamente attestati di solidarietà da chiunque venga a conoscenza dei fatti, cittadini o colleghi della Polizia di Stato o di altri corpi. Tra questi c’è addirittura chi lo considera un eroe, come è accaduto recentemente a Napoli, dove si trovava per impegni politici, quando un gruppo di poliziotti l’ha accolto complimentandosi con lui incoraggiandolo a non mollare mai nel proseguire al sua battaglia. E se praticamente tutti si scandalizzano e si indignano a fronte del trattamento subito da chi può essere considerato senza indugi una vittima di mafia, riflettendo sull’ingente danno professionale ed economico arrecatogli, il termometro dello sdegno si impenna ancora di più verso il rosso, raggiungendo le cime più elevate dell’indecenza, quando si rendono conto dei danni cagionati altresì alla stessa Polizia di Stato, ma soprattutto ai corpi collettivi. E’ una vicenda che ha penalizzato notevolmente ogni cittadino onesto, ogni contribuente, se si riflette su altre conseguenze innescate da tutta la vicenda disciplinare.

Infatti nell’immediatezza del perfezionamento notificatorio con cui si rendeva edotto il poliziotto De Pierro dell’avvenuta apertura del procedimento disciplinare nei suoi confronti, con richiesta di destituzione, questi veniva posto contestualmente in malattia e inviato presso la Commissione Medica Ospedaliera di Roma Cecchignola, dove iniziava un iter parallelo a quello disciplinare, per l’accertamento della sua idoneità al servizio di polizia. Dopo il danno la beffa, e non solo per il malcapitato ma per tutti i cittadini. Al termine di un lungo percorso di circa un anno, in cui il presidente dell’Italia dei Diritti rimase a casa senza lavorare, in malattia contro la sua volontà, a spese della collettività, rientrò in servizio. Inutile sottolineare che in quel periodo di un anno De Pierro, perfettamente in salute, non si fermò di certo a casa, ma svolse varie attività, giornalistiche, politiche e ludiche, tra cui anche la partecipazione a varie trasmissioni televisive nazionali in cui raccontò la tragica storia che lo aveva visto vittima di un esponente del clan Spada,, ma mai fece accenno alla grottesca vicenda che lo vedeva perseguito dalla Polizia di Stato proprio per quelle circostanze fattuali in cui era stato la vittima. Dopo non molto tempo, quando gli piovvero addosso le irreversibili conseguenze carrieristiche che sgretolarono ogni suo progetto per accedere alla carriera di funzionario, fu dichiarato affetto da reattività ansiosa e inviato nuovamente in Cmo, questa volta in maniera definitiva, in quanto, ancorché De Pierro continuava a dichiararsi pienamente in salute e a svolgere tutte le attività giornalistiche e politiche, nel frattempo era stato investito di 3 cariche elettive, nonché a godere ludicamente del maggior tempo libero concessogli dall’incredibile allontanamento forzato dal lavoro, uno schiaffo in faccia a chi invece doveva sgobbare duramente per guadagnarsi da vivere, una circostanza che non condivideva, ma contro cui era impotente, fu dichiarato non idoneo in modo permanente ai servizi di Polizia. Tra i vari giudizi, criteri e ragionamenti versati negli atti endoprocedimentali a conforto, sotto il profilo clinico, della statuizione medico-legale a cui è giunta la commissione medico-legale della Cecchignola, rispedita categoricamente al mittente dal leader dell’Italia dei Diritti – De Pierro, campeggia un punto che francamente non può che affondare nel ridicolo, senza possibilità d’appello, per chiunque ne venga conoscenza e abbia avuto finora anche un minimo contatto con il poliziotto, ma anche per chi abbia una conoscenza indiretta di lui, come personaggio pubblico. Una circostanza più fattuale che clinica, che è in insanabile conflitto con la realtà oggettiva che coinvolge il personaggio De Pierro sotto ogni sua sfaccettatura personale e lavorativa. Si arriva ad affermare che il poliziotto, giornalista ed esponente politico nazionale Antonello De Pierro ha scarsi rapporti sociali. Su questo punto De Pierro non ha mai perso occasione per mettere in discussione la credibilità valutativa di chi è chiamato alla disamina degli elementi clinici che possano determinare l’idoneità o meno dei poliziotti ai servizi d’istituto, se si arriva ad ascrivere alla persona di De Pierro una sorta di profilo asociale, assolutamente agli antipodi del contesto esistenziale dello stesso. Su questo punto il poliziotto giornalista ha già annunciato  che una delle sedi scelte per le prossime manifestazioni di protesta sarà proprio la Cmo di Roma Cecchignola, da cui pretenderà, almeno su questo punto, delle scuse ufficiali.

Dopo il verdetto di inidoneità De Pierro aveva 2 scelte. Approfittare della situazione e transitare in quiescenza da baby pensionato oppure proporre ricorso di gravame alla Commissione Interforze di II Istanza per tentare di ribaltare il giudizio della Cmo. Conoscendolo sarebbe stato  arduo nutrire dubbi sulla sua scelta, anche perché considerava immorale uno stato di quiescenza a 50 anni a fronte di chi è obbligato a lavorare fino a 68 anni per giungere alla stessa meta. Pertanto scelse la via del ricorso,  ma al termine dell’iter medico-legale che si è snodato presso il Celio, punteggiato da molte ombre procedurali, fu confermata la sua inidoneità al servizio, verdetto assolutamente non condiviso, tanto che De Pierro si è rivolto ad autorevoli esperti del settore, i quali hanno demolito le conclusioni medico-legali della Commissione d’appello. E anche questo sarà oggetto di programmate manifestazioni pubbliche, ma non di ricorso giurisdizionale, almeno per ora, in quanto non è in possesso della dispensa dal servizio  da parte del Capo della Polzia, atto definitivo suscettibile di impugnazione. Infatti anche a seguito di quest’ultima pronuncia medico-legale si sono presentate a De Pierro 2 strade da percorrere. Una quella della baby pensione, già scartata precedentemente, e un’altra quella del transito ai ruoli civili, entrambe scelte dure da digerire per una persona di sani principi come il poliziotto giornalista, sanzionato vergognosamente dopo essere stato aggredito da un boss mafioso e successivamente riformato per le conseguenze cliniche, mai condivise dall’interessato, cagionate dall’intero contesto disciplinare, con grave pregiudizio per lui, per la stessa Polizia di Stato e per i corpi collettivi. Scartata l’ipotesi del pensionamento anticipato perché giudicata immorale, De Pierro ha scelto, con grande sofferenza quella del transito ai ruoli civili, che peserebbe comunque ancora di più sulle casse dello Stato, in quanto, in virtù di alcune cause di servizio riconosciute, andrebbe a percepire un ulteriore assegno privilegiato che quasi raddoppierebbe la cifra prevista dagli emolumenti stipendiali. Una scelta vantaggiosa, ma non certo ottimale per un poliziotto integerrimo che spera ancora in un annullamento della sanzione e della riforma, accontentandosi pure di un assegno ridotto pur di continuare a servire lo Stato con la divisa, ingiustamente strappatagli di dosso da una Polizia di Stato che di fatto ha ritenuto più attendibile un boss mafioso rispetto a un poliziotto che ha fatto dell’etica e della legalità uno stile e una ragione di vita. Anche la formulazione dell’istanza di transito è stata redatta, com’è ormai consuetudine per De Pierro, in maniera tale da far conoscere urbi et orbi l’incredibile vicenda disciplinare di cui è stato vittima nei ruoli della Polizia di Stato, inviando alle 87 amministrazioni dello Stato a cui aveva rivolto la richiesta un divenire fenomenico dettagliato di quanto accaduto, ma anche le amministrazioni adite si sono accodate al silenzio già opposto da parte del Ministero dell’Interno in merito alla questione. Una vicenda talmente grave che nella maggior parte dei casi avrebbe fatto registrare un suicidio della vittima, come dichiarato apertamente da molti suoi colleghi, che gli hanno confidato che al suo posto per loro l’epilogo sarebbe stato probabilmente quello. E così dopo ormai 8 anni, passati lontano dal posto di lavoro a spese dei cittadini, ora sta attendendo il transito ai ruoli civili del Ministero dell’Interno, scelta obbligata, ma non condivisa, ancorché vantaggiosa sotto il profilo economico rispetto alla condizione attuale, nettamente penalizzata dalle conseguenze devastanti della sanzione disciplinare comminata a chi ha l’unica colpa di essere stato aggredito dal boss Armando Spada, a cui evidentemente è stato dato credito,visto che era stato indicato come teste nel procedimento in questione, pur assurdamente senza l’indicazione dei dati anagrafici, nonostante fosse stato rinviato a giudizio per l’aggressione a De Pierro, circostanza stranamente ignorata dagli esponenti della Polizia di Stato che hanno ricoperto un ruolo nell’iter disciplinare. Prima di transitare ai ruoli civili è prevista una visita medico-legale presso la Asl di Ostia per verificarne l’idoneità e in quell’occasione il poliziotto giornalista ha deciso di inscenare un’altra protesta da aggiungere a quelle già poste in essere e a quelle programmate per il futuro, prime fra tutte presso la questura di Roma e soprattutto presso l’Aeroporto di Fiumicino, dove lo stesso è ancora in forza e da dove ha preso le mosse l’assurda vicenda. Disposto a ogni tipo di esposizione mediatica, anche la più estrema, ha deciso che si presenterà simbolicamente in slip presso la commissione medico-legale, alzando decisamente il tiro sul poligono mediatico. La riconducibilità emblematicoconcettuale è lapalissiana. La Polizia lo ha lasciato in “mutande”, sotto il profilo carrieristico e pertanto economico, pur non avendo commesso nulla, dopo un’aggressione subita da un esponente mafioso, e lui per richiamare l’attenzione sulla penalizzazione ingiustamente subita protesterà in mutande.



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