Replay, attacco hacker nel quartiere generale dell’azienda di abbigliamento: rubati i dati di clienti di tutto il mondo

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di
Alessio Antonini

Asolo, ennesima incursione dei criminali informatici in provincia di Treviso dopo il caso della Alf di Gaiarine

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Dopo il pesante attacco hacker che ha colpito Alf di Gaiarine costringendo l’azienda a chiudere temporaneamente e a mettere in cassa integrazione circa 350 lavoratori, le organizzazioni di criminali informatiche hanno colpito nuovamente il cuore dell’imprenditoria veneta.
Stavolta, nel mirino è finita Fashion Box, multinazionale con sede a Casella d’Asolo, nota in tutto il mondo per il marchio di abbigliamento Replay. 

I problemi

Gli hacker hanno dato il via il 29 gennaio a un attacco continuato con la tecnica del brute force, un metodo che punta a forzare password e credenziali provando tutte le combinazioni possibili. Nonostante le misure di sicurezza i criminali (non si esclude che siano sempre hacker russi) sono riusciti a superare le difese e a svuotare i server dell’azienda portando via diversi documenti considerati sensibili. L’attacco ha colpito esclusivamente i server della sede centrale di Asolo dove ci sono i magazzini della logistica e il settore commerciale, senza coinvolgere le consociate estere. Tuttavia, la situazione resta critica: Fashion Box infatti tratta dati di dipendenti, collaboratori e fornitori di tutto il mondo.




















































La preoccupazione

Saputo dell’attacco hacker, le organizzazioni sindacali non hanno nascosto la loro preoccupazione per il futuro dell’azienda e per i lavoratori. Massimo Messina della Filctem Cgil e Simona Puzzo della Femca Cisl, ricordando gli attacchi già subiti da Geox e Benetton, difendono però l’operato di Fashion Box. «L’azienda si è mossa rapidamente per difendersi e limitare i danni. Al momento non ci sono ripercussioni sui lavoratori» ha spiegato Messina a cui fa eco Puzzo: «Fashion Box ha informato subito le Rsu e ha avviato contromisure efficaci. Fortunatamente, la documentazione più sensibile non è stata compromessa». Resta il fatto che al momento l’attacco è ancora in corso e non si possono prevedere con certezza le conseguenze sul prossimo futuro. E’ soprattutto per questo che il sindaco di Asolo, Franco Dalla Rosa, ha rimarcato l’importanza della Fashion Box per il territorio. «Si tratta della più grande realtà economica locale. Un attacco del genere è un duro colpo, soprattutto considerando che da questa azienda dipendono 300 famiglie. Speriamo che le misure adottate siano sufficienti a evitare danni a lungo termine». 

Cosa è stato sottratto

Dagli investimenti futuri dell’azienda infatti dipendono anche le sorti di alcuni dei progetti della città di Asolo. Per ora l’indagine interna fatta dagli esperti informatici della Fashion Box ha rivelato che tra i dati sottratti figurano informazioni personali e finanziarie di dipendenti, ex dipendenti, consulenti e fornitori. Tra questi, dati identificativi, contatti, documenti di riconoscimento e codici Iban di clienti e fornitori. Proprio per questo la logistica potrebbe doversi fermare per qualche tempo in attesa di ricostruire i dati dei server. Nel contempo l’azienda fa sapere che sta rinforzando i sistemi di difesa per prevenire future violazioni e che ha già segnalato la situazione alle autorità di protezione dei dati in Italia e nei paesi coinvolti (tra cui Austria, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito). Già lo stesso giorno dell’attacco aveva presentato una denuncia alla magistratura. L’attacco a Fashion Box conferma un trend allarmante: le aziende venete, anche le più strutturate, sono infatti sempre più nel mirino degli hacker.

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