Regione Campania, i «comandati» nel mirino. La Corte dei conti: stop alle proroghe

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I giudici: «In carica soltanto un anno». Ma il consiglio rinnova 71 distaccati: costi per 2,6 milioni

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Escono dalla porta e rientrano dalla finestra. Sono i cosiddetti «comandati»: dipendenti delle società a controllo pubblico che vengono trasferiti (temporaneamente: massimo per un anno) presso gli uffici della giunta o del consiglio regionale. Spesso il loro distacco avviene, di fatto, su iniziativa di un consigliere, talvolta (quando?) per reali esigenze di ufficio.
Il presidente della giunta regionale della Campania, su richiesta di alcuni assessori, è stato indotto a chiedere un parere alla Corte dei conti sulla possibilità di concedere una proroga ai «comandati» in scadenza, motivandola con la necessità di giovarsi del rapporto continuativo data l’urgenza che accompagna la programmazione del Pnrr. Ma la Corte dei conti ha deliberato che non è possibile rinnovare gli incarichi dei «comandati» presso gli uffici della Regione Campania, dato che «restano fermi, per le amministrazioni riceventi, i limiti quantitativi stabiliti dall’art. 30, comma 1-quinquies, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. I comandi o distacchi di cui al presente articolo — viene sottolineato dai giudici contabili nel parere firmato dal presidente Massimo Gagliardi e dall’estensore Emanuele Scatola — non possono eccedere la durata di un anno e, comunque, non possono essere utilizzati oltre il 31 dicembre 2026». Vale a dire con le scadenze programmate del Pnrr. Dalla giunta regionale, a quanto si è appreso, sono state inviate immediatamente le comunicazioni agli uffici di competenza con il parere dei giudici per tutelarsi da qualunque contraccolpo giudiziario. Ma si sarebbe trattato di poche unità impegnate in rapporti di «comando» presso tre assessorati. Viceversa, la questione potrebbe avere risvolti del tutto diversi per il consiglio regionale, dove si è provveduto a rinnovare gli incarichi a gennaio. Sebbene qui facciano sapere che «non tutti i comandanti provengono dalle società partecipate della Regione». 

C’è una determina avente come oggetto la «presa d’atto ed impegno di spesa per il rinnovo comando di un contingente di n.71 dipendenti assegnato agli uffici di diretta collaborazione e supporto del presidente del consiglio, del capo di gabinetto, dei componenti dell’ufficio di presidenza, dei presidenti delle commissioni e del rappresentante dell’opposizione per il periodo dal 1 gennaio al 30 settembre 2025». Inoltre nel provvedimento viene stimato che «gli stipendi fissi, del salario accessorio e dei relativi oneri previdenziali da rimborsare agli enti di appartenenza del personale comandato presso gli uffici di diretta collaborazione e supporto alle strutture politiche (…) per il periodo dal 1 gennaio al 30 settembre 2025, è quantificata in 2.604.020,83 euro». Non proprio bruscolini. «Ciò che trapela, ma anche dalla recente indagine della Corte Dei Conti, è come se giunta e consiglio regionali vivessero in una sorta di autodichia — commenta la consigliera regionale di opposizione Marì Muscarà — . Una disinvoltura che si trasforma in un costo enorme e anche in ingiustizia sociale, dato che consente ad alcuni di avere stipendi oltre le normali soglie dei contratti lavorativi soltanto perché amici del consigliere che in quel momento decide non soltanto del tuo lavoro, ma anche della tua retribuzione. La recente citazione della Corte dei conti si è espressa in maniera assolutamente feroce nei confronti dei consiglieri dell’ufficio di presidenza che pure avrebbero cagionato un danno di oltre 3 milioni di euro in soli tre anni. Ricordo che soltanto qualche anno fa fui costretta a presentare un ordine del giorno con il quale invitavo i partiti a pronunciarsi sulla delibera dell’ufficio di presidenza, delibera che avrebbe consentito di cancellare la precedente e quindi di riaprire la strada anche all’inquadramento dei parenti all’interno degli uffici del consiglio». La Consulta ha osservato come «l’estensione della possibilità di comando (…) inficia il sistema organizzativo e finanziario costruito dal legislatore statale, permettendo di fatto una incontrollata espansione delle assunzioni con il duplice effetto di scaricare oneri ingiustificati sulle società pubbliche, indotte ad assumere personale non necessario, e di alterare il delicato equilibrio che dovrebbe presiedere al rapporto tra organici e funzioni».




















































Ma vediamo i giudici contabili come argomentano il loro parere. In riferimento all’articolo 30 del dlgs 165/2001, riferiscono che sono ammessi «i comandi e distacchi tra amministrazioni esclusivamente nel limite del 25 per cento dei posti non coperti all’esito delle procedure di mobilità», quindi accordando preferenza all’istituto della mobilità. Inoltre, rigettano in toto l’interpretazione estensiva operata dagli uffici regionali, per i quali la disposizione in esame «parlando di comandi, lascia intendere che fino al 31/12/2026 ce ne possono essere più d’uno, anche relativi alla stessa unità di personale, con termine annuale, tenuto altresì conto che detti comandi possono essere attivati anche “per esigenze strettamente collegate all’attuazione del Pnrr”, circostanza che implica una necessaria continuità dell’azione amministrativa».

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