Assunzioni in calo e crisi aziendali: la metalmeccanica veronese «rischia di essere spazzata via»

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L’allarme

Siderurgia e termomeccanica: la crisi di un settore dove nel Veronese ci sono soprattutto piccole e medie imprese

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Un operaio metalmeccanico




Un operaio metalmeccanico



Un operaio metalmeccanico

«Siderurgia e termomeccanica sono i due ambiti di specializzazione della metalmeccanica più in sofferenza nel Veronese. Il primo a causa del balzo dei costi dell’energia e delle materie prime; il secondo per la transizione energetica in atto. Da un paio di anni il sindacato lancia l’allarme, adesso siamo già nel pieno di una evoluzione che rischia di spazzare via un patrimonio di attività produttive e posti di lavoro su cui nessuno sta concentrando l’interesse e a difesa dei quali non sono ancora emerse strategie precise». Il quadro di contesto è chiaro per Adriano Poli, segretario provinciale di Fim Cisl. Ieri Poli ha dato il via, a Villa Bartolomea, alla due giorni di congresso della categoria, che si conclude oggi e durante il quale viene presentata un’analisi sulla consistenza del metalmeccanico nel Veronese, elaborata da Fondazione Corazzin.

La fotografia

Il settore, in provincia, conta poco meno di 3mila aziende di varie dimensioni (il 74,5% fino a 9 addetti) e dà lavoro ad oltre 39mila dipendenti (le elaborazioni su base Istat sono riferite al 2022, ndr), soprattutto uomini (81,9%) con mansioni di operaio (63,3%) e retribuzioni medie che superano i 31mila euro l’anno. Dal 2008 al 2023 – con l’unica eccezione del 2020, anno della pandemia – le assunzioni effettuate dalle imprese del comparto manifatturiero hanno sempre superato le cessazioni. Nei primi nove mesi dell’anno scorso, però è evidente l’inversione di rotta con 4.875 ingressi (nell’intero 2023 erano stati 7.600) a fronte i 4.935 uscite. 

I posti di lavoro a tempo indeterminato sono stati per lo più mantenuti, ma il ricorso alla Cig è esploso. L’Inps ha autorizzato per la meccanica veronese a settembre 2023 un monte di 238.774 ore, che nello stesso mese di un anno dopo sono diventate 916.404. Il balzo tra l’ammortizzatore concesso nel gennaio-settembre 2023 e nello stesso periodo 2024 è stato del +65,1%. 

Viste le tante incertezze del mercato e l’aumento dei costi di produzione, l’atteggiamento diffuso da parte delle imprese è stato di coprirsi le spalle con la Cig. Ora però diverse aziende stanno avviando le procedure di licenziamento come ha già fatto a Nogara la ex Breviglieri ora Brevi Agri, che ha annunciato di lasciare a casa 22 addetti su 53, situazione di cui proprio ieri si è discusso in un consiglio comunale straordinario.Idem per Borromini di Colognola, al centro l’altro ieri dell’Unità di crisi aziendale della Regione mentre la Georg Fischer Pfci di Valeggio, dopo l’annuncio di licenziamento collettivo di tutti e 45 i lavoratori dello stabilimento, si fermerà oggi per uno sciopero.

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Le crisi in corso

«L’organizzazione sindacale si interroga su come governare i processi in corso, poco attenzionati dai decisori politici», ragiona Poli. «Paghiamo lo scotto del nanismo industriale, il comparto è polverizzato, composto da tante Pmi, le cui crisi, se considerate singolarmente non fanno notizia». Intanto il siderurgico, dall’inizio della guerra russo ucraina è in scacco a causa del caro energia e anche della carenza di rottami di ferro, il cui prezzo è volato. Il termomeccanico è rimasto a secco di incentivi, destinati precedentemente alle caldaie a combustione, che dovranno sparire dalle nostre case, sempre più green come ha decretato l’Unione europea.

«Le imprese del distretto scaligero stanno cominciando a mettere a punto modelli all’idrogeno. Ma quale infrastruttura distribuirà questo gas nelle nostre case? È sempre più necessaria una visione d’insieme che manca. Se riusciremo a salvaguardare una parte del tessuto produttivo dovremo mettere in conto anche che la crisi demografica non aiuterà a trovare manodopera da occupare nelle attività che rimarranno sul mercato», conclude il segretario scaligero Fim. 

 





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