Salutequità, liste attesa ancora al palo ed è babele per percorsi salta-coda

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 


Roma, 18 feb. (Adnkronos Salute) – Liste di attesa problema ancora irrisolto: burocrazia e difficoltà di accesso alle informazioni vincono sul diritto dei cittadini al rispetto dei tempi massimi di attesa. Emerge una ‘babele’ di percorsi di tutela salta-code, cioè quei meccanismi funzionali a garantire il rispetto dei tempi massimi di attesa secondo i codici di priorità assegnati. E’ quanto evidenzia la rilevazione di Salutequità effettuata nella seconda metà del mese di gennaio 2025, che sottolinea in particolare il caos dei percorsi di tutela: “In assenza del meccanismo automatico assicurato dai Cup, la creatività e la burocrazia hanno preso il sopravvento e causano iniquità”, spiega l’associazione, in riferimento all’attuazione del Piano nazionale di governo delle liste di attesa e al recente decreto legge in tema convertito in legge, che hanno fornito alle Regioni gli strumenti per migliorare la gestione delle attese.

“I percorsi di tutela – evidenzia Tonino Aceti, presidente di Salutequità – i ‘salta-code’ che devono essere attivati dalle Asl in caso di mancato rispetto dei tempi massimi per codici di priorità, previsti in molteplici norme e riconfermati anche dalla recente legge 107/2024, continuano a rimanere solo sulla carta, senza riuscire a risolvere realmente il problema al cittadino. Laddove previsti, necessitano di una mole insostenibile di pratiche burocratiche di cui deve farsi carico il cittadino, arrivando persino al paradosso di dover produrre lui stesso la documentazione che attesti il mancato rispetto dei tempi massimi da parte dell’Asl. Una prova ad oggi impossibile da produrre nei fatti, perché i Cup non rilasciano quasi mai alcuna attestazione della mancata prenotazione entro i tempi massimi”.

Senza considerare, continua Aceti, “che le regole cambiano a seconda della regione/Asl nella quale ci si trova e districarsi nel ‘ginepraio’ di tutte queste norme è una possibilità per pochi, quelli che le conoscono o che sanno setacciare in modo professionale i siti delle istituzioni. Serve una norma nazionale più stringente che garantisca effettività, tempestività, automatismi e facilità di accesso ai percorsi di garanzia in tutte le regioni/Asl – sottolinea – dettagliandoli di più e meglio. Le attuali norme, infatti, sono a maglie troppo larghe e proprio per questo inefficaci e fonti di disuguaglianze. Il nuovo Piano nazionale di governo delle liste di attesa 2025 -2027 trasmesso in questi giorni alle Regioni va nella giusta direzione, ma va migliorato. Infine, il rispetto dei percorsi di garanzia da parte delle Regioni e delle Asl – precisa Aceti – dovrebbe essere considerato rispettivamente adempimento Lea e obiettivo di tutti i direttori generali”.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

La necessità di agire su questo fronte è evidente dall’analisi che Salutequità ha condotto per capire come le Regioni spieghino ai cittadini cosa fare in caso di impossibilità da parte del Servizio sanitario regionale di assicurare l’accesso a prime visite ed esami nei tempi indicati nella prescrizione secondo codici di priorità, e se l’attivazione del ricorso all’intramoenia gratuitamente fosse espressamente indicato sui siti di Regioni e Asl. Ne emerge un quadro piuttosto variegato, sia a livello regionale sia a livello intra-regionale, con buone pratiche, ma anche interpretazioni restrittive e penalizzanti.

L’analisi di Salutequità mostra che l’arma messa in campo risulta spuntata per il cittadino che deve eseguire un primo accesso: il rischio di rimanere nelle pastoie burocratiche e ritrovarsi con una prescrizione in mano che indica i tempi appropriati entro cui ricevere prestazioni, ma senza l’appuntamento nei tempi indicati, è reale e concreto in molti territori del nostro Paese. Per far valere i propri diritti, il cittadino deve confrontarsi con tempi, procedure, pratiche completamente diverse a seconda di dove sia residente. La prima difficoltà è proprio quella di reperire informazioni sul percorso di tutela: manca su diversi siti regionali il richiamo esplicito al percorso di tutela e in alcuni casi manca proprio una sezione dedicata alle liste d’attesa. E dove è presente può essere difficile da trovare.

In troppi casi il cittadino, da persona bisognosa di cure e titolare di un diritto, viene messo nelle condizioni di dover dimostrare che il Ssr non riesce ad assicurare le cure di cui ha bisogno, restituendo un’immagine di un sistema incapace di comunicare al suo interno, tracciare cosa funzioni e cosa no e verificare che la persona sia nel giusto. Le informazioni sull’esistenza di percorsi di garanzia sono in Toscana, Lombardia, Lazio, Veneto, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sardegna, Pa Bolzano, Valle d’Aosta e Emilia Romagna (più o meno esplicite e facilmente rintracciabili). Gran parte del Centro-Sud sembra tagliato fuori dalle informazioni circa il percorso di tutela, con riferimenti generici ad una assistenza per la prenotazione on line solo per problemi tecnici (Calabria e Basilicata). Un’altra difficoltà e difformità è la mancanza di automatismo per l’accesso all’intramoenia con il semplice pagamento del ticket da parte dell’utente, in caso di mancato rispetto dei tempi massimi fissati come previsto dal Dlgs 124/98.

Inoltre, sebbene l’attribuzione di codici di priorità si riferisca a tutte le prescrizioni di prime visite ed esami strumentali ricompresi nei Lea, diverse realtà aziendali e regionali specificano che il percorso di tutela è solo per le 69 prestazioni (tra prime visite ed esami diagnostici) oggetto di monitoraggio ministeriale prestazioni come indica il piano nazionale. E i canali utilizzati per le prenotazioni diventano spesso discriminanti per l’attivazione del percorso di tutela. Cup, Recup, App/online eccetera: non tutti permettono l’attivazione del percorso di tutela, ma non è detto che i cittadini siano al corrente di queste differenze, rischiando di perdere tempo o opportunità.

Tra i diversi ostacoli burocratici, prosegue Salutequità, c’è il fatto che far valere o rispettare un diritto richiede una certa attrezzatura: nella maggior parte dei casi l’onere è scaricato sul paziente che deve rendere ufficiale la sua richiesta perdendo tempo, soldi o con la dotazione di una pec (che comunque ha dei costi). Anche le strutture del Ssr dovrebbero essere moderne e interoperabili per fronteggiare il governo dell’offerta, ma è stato rilevato persino l’uso del fax per attivare il percorso di tutela. La Piattaforma nazionale delle liste di attesa dovrebbe assicurare la verifica dei percorsi di tutela previsti dal piano nazionale. E le direzioni  generali aziendali dovrebbero garantire le prestazioni richieste attraverso l’attività libero-professionale intramuraria, le prestazioni aggiuntive del personale dipendente o del sistema privato  accreditato, sulla base della tariffa nazionale.

“Il Cup, in raccordo con l’Asl – precisa Aceti – deve essere garante dall’inizio alla fine del percorso di tutela, individuando e comunicando automaticamente al cittadino la data della prenotazione rispettosa dei tempi massimi di attesa per codice di priorità assegnato, facendolo in tempi brevi e certi e senza scaricare sul cittadino alcun onere burocratico ed economico. Qualora non trovasse la soluzione deve notificare al cittadino attraverso Spid, Fse, Sms, mail, pec l’autorizzazione per recarsi in intramoenia e/o privato convenzionato pagando il solo ticket”.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *