Liti fiscali, maxi-tagli alle corti del Veneto: si salvano Venezia e Verona

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di
Federico Nicoletti

Giustizia tributaria, la bozza di riforma aggrega cinque province. Avvocati e magistrati si muovono:«Ipotesi inaccettabile. Vanno rivisti i criteri del piano»

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Liti fiscali, il Veneto rischia di restare con due corti provinciali a Verona e Venezia, che accorpano le altre province. E sul ridisegno della geografia giudiziaria scattano già le agitazioni. Entra nel vivo la riforma della giustizia tributaria, sulla base di una bozza di riordino (ma non è ancora la bozza di legge-delega) che il ministero dell’Economia, a cui fa capo l’organizzazione del settore, ha passato al Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, l’equivalente del Csm per quest’ambito giudiziario. In ballo c’è la legge-delega sulla geografia delle corti, che il governo dovrebbe chiudere entro agosto (ma i termini verranno forse spostati a dicembre), che riguarda le corti di primo grado e le sezioni staccate d’appello, che determinerà lo spostamento di sede di giudici e personale di segreteria.

Cosa prevede il piano

Così mentre la politica veneta si scalda sull’ipotesi del ritorno del tribunale a Bassano, avanza una prima versione della riorganizzazione del tributario dai toni draconiani, specie al Nord e in particolare in Veneto (4.381 ricorsi presentati nel 2024, +33% rispetto ai 3.290 del 2023, 65 giudici e 46 amministrativi): via la sezione staccata d’appello di Verona e riduzione dei sette tribunali provinciali di primo grado a due: Venezia (893 ricorsi presentati nel 2024, 68 per ciascuno dei 13 giudici), avrebbe competenza anche su Belluno (119 ricorsi, 24 per ciascuno dei 5 giudici), Treviso (692 ricorsi, 77 per ciascuno dei 7 giudici) e Padova (811 ricorsi, 58 per ciascuno dei 14 giudici); a Verona (865 ricorsi, 96 per ciascuno dei 9 giudici) farebbero capo Vicenza (768 ricorsi, 96 per ciascuno degli 8 giudici) e Rovigo (233 ricorsi, 24 per ciascuno dei 5 giudici).




















































Nord penalizzato dai criteri

La revisione arriva mentre avanza il progressivo andar a regime della riforma di due anni fa, che spinge il passaggio dai giudici onorari a quelli professionali: il primo concorso per 156 posti che si terrà a fine mese, sui 480 totali in Italia, 576 considerando anche quelli d’appello. L’esito sarà una drastica riduzione del numero rispetto agli attuali 2.238 totali (1.648 in primo grado). Secondo il disegno, quelli di primo grado dovrebbero prender servizio in sedi che affrontino tra mille e 1.500 ricorsi l’anno.
Un primo elemento emerge subito. I criteri per ridisegnare le sedi sono estensione del territorio e numero degli abitanti, carichi di lavoro e indici di sopravvenienza, ovvero le cause nuove che entrano ogni anno. Così ad esser più penalizzate sono le regioni del Nord, dove i numeri dei ricorsi sono inferiori al Sud (il Veneto è sotto i cinquemila ricorsi pendenti a fine 2023, come Emilia Romagna, Toscana e Piemonte, 15 mila ne ha la Lombardia, 20 mila Lazio e Campania, oltre 25 mila la Calabria e oltre 35 mila la Sicilia); ma i valori medi delle liti sono più alti al Nord (180 mila euro in Veneto, 230 mila in Lazio e 250 mila in Trentino, 304 mila in Lombardia e 406 mila a Bolzano) che al Sud (i valori più bassi in Calabria, 25 mila euro e Sicilia, 28 mila).

Magistrati e avvocati non ci stanno

«Il Veneto esce piuttosto penalizzato da questa ipotesi, che riteniamo inaccettabile. La valutazione dei carichi di lavoro non significa solo numero di pendenze, ma anche la loro qualità e valore, che implicano tra l’altro un impegno dei giudici in corti collegiali e non monocratiche – dice Michele Tiengo, presidente della camera degli avvocati tributaristi del Veneto, che ha già chiesto l’audizione davanti al Consiglio di presidenza-. Il parametro popolazione, poi, va integrato con l’attività economica e il numero di partite Iva. Il Centro-Nord non può esser privato di corti e giudici necessari a garantire la giustizia tributaria in tempi ragionevoli». Intorno alla riforma si mobilita anche Amt, l’associazione dei magistrati tributari, che ha proclamato l’astensione dell’attività giudiziaria il 18, 19 e 20 marzo, anche sulla questione della riduzione delle sedi giudiziarie. «I criteri addotti per la razionalizzazione risultano allo stato fumosi ed è mancato un confronto con i giudici, che nelle corti lavorano, e le realtà locali – sostiene Pierantonio Fadel, presidente dell’associazione magistrati tributari del Veneto -. La politica deve decidere soluzioni, che salvaguardino un servizio di prossimità ai cittadini. Di certo siamo contrari a chiusure indiscriminate basate solo su dati statistici».

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